Ugo Bellesi
di Ugo Bellesi
“Mala tempora currunt” dicevano gli antichi Romani quando incombeva una calamità o una guerra. Un proverbio più attuale recita invece così: “Le cattive notizie non vengono mai sole”.
Ed infatti nelle ultime settimane le brutte notizie sono diventate sempre più numerose rispetto a quelle gradevoli. Prese ad una ad una, sembrano, malgrado tutto, sopportabili. E invece, se proviamo a metterle in fila una dietro l’altra, come cercheremo di fare oggi, ci appaiono subito nella loro devastante realtà e soprattutto nella peggiore prospettiva per il nostro futuro. Uno dei problemi più gravi, che pesa su di noi da anni, è la denatalità, provocata dal fatto che le coppie di fidanzati, prima di trovare una sistemazione economica, debbono attendere anni e poi, quando decidono di fare un figlio, si trovano di fronte a spese sempre più gravose che andranno avanti fino alla maggiore età e alla laurea. Non avendo un valido sostegno dallo Stato, come invece avviene in altri paesi europei, finiscono per rinunciare a mettere al mondo figli. E questo già accade se con due stipendi in famiglia, figuriamoci con uno solo.
Di pari passo alla denatalità c’è il problema dello spopolamento provocato da quelle famiglie (le più giovani in particolare) le quali, per cercare un miglioramento economico, si trasferiscono in città che offrono numerose possibilità di trovare lavoro per entrambi i coniugi o che hanno disponibili migliori corsi di studio per i loro figli. Senza dimenticare che il terremoto degli Appennini ha provocato un vero e proprio spopolamento. C’è poi il fenomeno dei giovani, anche laureati o comunque che hanno già un mestiere o una professione in mano, i quali scelgono di andare a vivere all’estero, innanzitutto perché le retribuzioni sono più alte che in Italia e poi perché per i più dotati e bravi ci sono più numerose possibilità di carriera. Di conseguenza le nostre imprese non trovano più giovani che vogliano intraprendere una attività non all’altezza del loro corso di studi. E non si trovano più figure professionali una volta molto diffuse come gli elettricisti, i muratori ecc. Un fenomeno questo che non riguarda soltanto le Marche ma anche le regioni del sud.
Tuttavia dai nostri territori non fuggono soltanto le famiglie e i giovani ma anche le imprese. Alcune, quelle più strutturate, si trasferiscono perché qui mancano le infrastrutture per far viaggiare più rapidamente le merci e anche perché i possibili acquirenti (sia italiani e soprattutto stranieri) hanno difficoltà a raggiungere le Marche. Il fatto più preoccupante è che le imprese chiudono. Nel 2022 la provincia di Macerata hanno sospeso ogni attività 4.224 aziende. In pratica se ne sono chiuse 352 al mese, cioè quasi 12 al giorno. E il fenomeno riguarda tutto il territorio, quindi sia l’entroterra che la costa. Sono state 1.150 le aziende commerciali le più numerose a chiudere (spesso proprio quelle riguardanti il lusso), e poi le imprese edili (678), quelle manifatturiere (513), quelle della ricettività e della ristorazione (242), ma anche quelle agricole (678).
La provincia di Macerata ha perso in percentuale quasi il doppio di Ancona e Pesaro. Le difficoltà più gravi per queste imprese sono costituite dalle carenze di viabilità e di infrastrutture digitali (su 107 province Macerata è al centesimo posto). Ma anche la burocrazia ci mette lo zampino per creare difficoltà alle piccole imprese, sia per il fatto che le leggi cambiano in continuazione e sia per la complessità delle pratiche. Il direttore della Cna di Macerata, Massimiliano Moriconi, ha messo in evidenza che solo il 17% degli appalti pubblici è potenzialmente accessibile alle aziende di piccole dimensioni, tanto è vero che tutte insieme riescono ad aggiudicarsi meno del 5% del valore complessivo del mercato. In sei anni il codice degli appalti ha subito 813 modifiche e per di più in Italia ci sono 36.000 stazioni appaltanti che si comportano diversamente l’una dall’altra. I bandi pubblici hanno una media di 150 allegati e questo significa escludere le piccole imprese che non possono permettersi uno staff di esperti per espletare tutte le pratiche.
Altro fenomeno preoccupante è quello degli infortuni sul lavoro. Nelle Marche nel 2022 sono stati denunciati 18.776 infortuni e cioè 2.470 in più rispetto al 2021. In provincia di Macerata gli infortuni sul lavoro, che nel 2021 erano stati 3.212, sono saliti nel 2022 a 3.995 (una crescita del 24,4%, la più alta delle Marche). Gli infortuni mortali (sempre nel 2022) sono stati 36, di cui 8 nella nostra provincia. Tra il 2017 e il 2022 nel Maceratese i morti sul lavoro sono stati 53, cioè 9 all’anno. Più frequenti gli infortuni nel settore trasporto e magazzinaggio, seguito da quello delle costruzioni, e poi dalla sanità e assistenza sociale, e infine dalle attività manifatturiere. Purtroppo l’incremento maggiore degli infortuni – come sottolinea la Cgil – si è avuto tra gli under 20 (con più 40,9%) e cioè «nella fascia d’età più soggetta a forme contrattuali precarie».
Un quadro allarmante è anche quello che presenta la sanità delle Marche. E’ già nota la carenza di medici e infermieri ma questa situazione andrà a peggiorare rapidamente a causa dei pensionamenti del personale più anziano. Si prevede che in tempi brevi (solo qualche anno, ma tenendo conto della proverbiale lentezza della burocrazia non c’è da essere ottimisti) mancheranno nella nostra regione 2.488 medici di urgenza ed emergenza e medici di medicina generale oltre a 5.011 infermieri. E la preoccupazione maggiore è per le aree interne, dove i servizi sono più carenti. Infatti si fa sempre più estenuante l’attesa di rendere funzionanti ed operative le Case di comunità e gli Ospedali di comunità. E c’è il rischio che queste strutture restino soltanto sulla carta. L’ultima notizia negativa riguarda i rifiuti. Infatti la discarica di Cingoli dovrà essere chiusa perché la sua ricettività è esaurita e ancora non è stato individuato il nuovo sito in cui portare i rifiuti. Infatti nessun Comune è più disponibile a mettere a disposizione il proprio suolo per farlo diventare la discarica di tutta la provincia. E questa carenza di spazi utili si protrarrà almeno per dieci anni. Solo Pesaro ha una certa disponibilità ma portare i nostri rifiuti in quella provincia significa impatti ambientali negativi e soprattutto costi altissimi per lo smaltimento e il trasporto. E questa è una situazione che vivremo sicuramente per i prossimi tre anni.
La discarica di Fosso Mabiglia a Cingoli
Il che significa aumenti notevoli per la Tari a carico dei cittadini. Per risolvere il problema definitivamente ci vorrebbe un termovalorizzatore come quello di Torino valido per tutta la regione. Ma chi ci pensa? E questo non è l’ultimo, né il solo, dei problemi che rendono la nostra provincia sempre meno attrattiva anche per chi ha qui le proprie radici. Figuriamoci per i giovani che, appena vanno fuori (per motivi di lavoro, di studio, di impegni sportivi o altro) si rendono subito conto che “altrove si sta meglio”. Il piccolo è ancora, come sempre, bello, ma non lo è più quando “il piccolo diventa troppo stretto”.
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Ora il vento è cambiato il nuovo che avanza … la pacchia è finita …”MODELLO MARCHIGIANO”
… ma nooo … è il destino cinico e baro
La denatalità alla fine non è un grave problema poiché entrano in Italia persone che hanno tuttora la cultura della famiglia numerosa. In particolare la decrescita è lenta:
“La popolazione residente è in decrescita: da 59,2 milioni al 1° gennaio 2021 a 57,9 mln nel 2030, a 54,2 mln nel 2050 fino a 47,7 mln nel 2070.” (da: https://www.istat.it/it/files/2021/11/REPORT-PREVISIONI-DEMOGRAFICHE.pdf).
ad un ricco confronto sulle diagnosi non fa riscontro un’altrettanto ricco confronto sulle terapie,come è abitudine diffusa.
Tutti i problemi sollevati nel corso dell’articolo del Dott. Bellesi sono reali. Alcuni però riguardano non solo la nostra Provincia o Regione ma l’intero territorio nazionale (sanità, burocrazia) e quindi non servono a spiegare la ridotta capacità di attrazione del nostro territorio rispetto ad altre Regioni Italiane. Certo è che se guardiamo in particolare al settore produttivo, che nei decenni passati aveva contribuito in maniera significativa alla dinamicità del nostro territorio, le imprese locali hanno dimostrato minore capacità di adattamento al mutamento dei tempi di quelle localizzate in Regioni come Emilia Romagna o Veneto a cui eravamo molto più prossimi come livello di sviluppo di quel che siamo ora. Poi ci sono anche altre considerazioni da fare, come ad esempio i costi ambientali, che però non possiamo trattare negli spazi e nei tempi a disposizione.
Caro Iesari, se il mare è in burrasca e la mia piccola barca imbarca acqua, non provo a fermare la burrasca né, tantomeno, do la colpa ai fenomeni naturali se il natante affonda. Cerco fino al possibile di tenere la mia piccola imbarcazione nella migliore delle condizioni. I segni dell’allontanamento da parte delle Marche dalle regioni del nord, in termini economici e sociali, e dell’avvicinamento a quelle del Sud era tangibile, anche “a naso”, da almeno 20 anni. La colpe, come sempre, sono un po’ di tutti, ma in primis la croce dovrebbe essere buttata addosso alle nostre classi dirigenti: il caso Banca delle Marche è l’epitome di questo fallimento. Una volta dopo una sconfitta elettorale i partiti “aprivano un dibattito”. Sarebbe interessante un convegno pubblico nel quale si possa discutere liberamente, apertamente ed in maniera approfondita dei temi riportati nell’articolo.
bisognerebbe richiamare Prodi a governare l’Italia, almeno vende tutto subito alla Cina e diventiamo tutti Cinesi. Ovviamente il mio è sarcasmo contro una sinistra che ci messi in questo schifo ma che da 120 giorni urla che è colpa della Meloni se stiamo con le pezze al cuXo…
E ci risiamo tutta colpa di quelli di prima…ma com’è facile governare in questo modo invece di cercare di risolvere il problema purtroppo le teste queste sono ecco perché stiamo finendo nella m…a…che bello il pensiero e soprattutto il “MODELLO MARCHIGIANO”
Tra non molto qualcuno pur di difendere questi incompetenti tirerà in ballo anche politici morti 50 anni o più fa’…poveri noi come siamo ridotti…la dimostrazione ve l’hanno data la popolazione del Lazio e della Lombardia si sono recati alle urne solo qualche nostalgico o qualche fanatico…
Tranquilli…tra un paio d’anni sarà ancora peggio!!