Giuseppe Giampaoli con Giuseppe Pezzanesi (a destra)
di Monia Orazi
Fumata bianca, sarà Brigitte Pellei il nuovo direttore generale del Cosmari, ma prima di prendere servizio dovrà attendere che siano trascorsi quattro mesi di preavviso dall’azienda pubblica di Sondrio dove lavora, la Secam dove è responsabile del servizio idrico integrato.
La manager 49enne nata in Svizzera ha radici nel Maceratese, è cresciuta a Matelica frequentando il liceo scientifico a Camerino, è ingegnere ambientale. Sarà affiancata dal vecchio direttore generale, attualmente in servizio gratuito, Giuseppe Giampaoli che contestualmente al voto per la nomina del nuovo direttore generale, è stato prorogato nell’incarico fino al prossimo 30 novembre.
«Serve per assicurare una fase di transizione – ha detto il presidente Cosmari, Giuseppe Pezzanesi – anche se il nuovo direttore generale è una persona formata che sa il fatto suo, non avrà bisogno di formazione, ma un periodo di affiancamento è necessario, sarà di circa due mesi e mezzo. Lei per iniziare a lavorare al Cosmari dovrà aspettare il preavviso di quattro mesi, ma potrebbe prendere servizio già dal prossimo 15 agosto, se le viene accettato un periodo minore. Se proroghiamo Giampaoli fino al 30 novembre siamo un pelino più tranquilli.
D
Brigitte Pellei
ue mesi e mezzo sono sufficienti non servirà un’ulteriore proroga, il nuovo direttore aveva un’altra opportunità di lavoro ma ha scelto il Cosmari per ora va tutto bene e questo testimonia la bontà della selezione e della commissione che ha fatto un’ottimo lavoro. Per noi è primario l’interesse della società, il fatto che Giampaoli stia un mese in più non è un problema ma è un vantaggio, ormai lui appartiene alla storia del Cosmari, inoltre resterà nel consiglio di amministrazione».
Hanno votato favorevolmente il 56,46% degli aventi diritto, si sono astenuti i comuni di Montecassiano oggi e Monte San Giusto durante l’assemblea preliminare. Non ci sono stati interventi dei sindaci salvo alcune domande tecniche e Pezzanesi ne ha approfittato per annunciare una visita ai termovalorizzatori del Nord Europa: «Verso fino a ottobre andremo a visitare impianti di termovalorizzazione e biodigestori anaerobici in Nord Europa, impianti all’avanguardia, sarà un fine settimana, venerdì, sabato e domenica. Chi dei comuni vorrà venire siamo felici, questo ci responsabilizza ci apre nuovi mondi, è sempre più difficile collocare le discariche. Anche se in merito non abbiamo deciso nulla e decideremo tutti insieme, cerchiamo di entrare dalla porta principale di una nuova prospettiva».
La gita sarà organizzata dalla segreteria del Cosmari e le spese saranno divise tra gli enti partecipanti, servirà appunto per prendere visione degli impianti all’avanguardia esistenti in Nord Europa al fine di valutare la possibile realizzazione di un termovalorizzatore anche da parte del Cosmari, mentre il progetto per il biodigestore è già stato presentato per concorrere ai fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza per un importo di circa 41 milioni di euro.
(Aggiornato con servizio completo)
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Si deve considerare che l’Europa ci dice che dovremmo arrivare a riciclare il 65 per cento dei rifiuti. Ammettendo di riuscire a raggiungere un obiettivo così impegnativo, resterebbe un 35 per cento di cui solo il 10 per cento potrà finire in discarica. Quindi almeno il 25 per cento della spazzatura urbana dovrà essere bruciata, a cui andranno aggiunti i rifiuti speciali non riciclabili. Insomma , ad oggi, per chiudere il ciclo dei rifiuti, secondo le direttive europee, ci vuole il termovalorizzatore. E ovvio che scegliendo di non utilizzare i termovalorizzatori aumenterà la tari e si dovrà spendere una grande quantità di soldi per trasportare rifiuti o nella creazione di nuove discariche. In Italia, a seconda delle fonti, si sostiene che occorrerebbe costruire da 5 a 7 nuovi impianti di taglia medio-grande. E ovvio a questo punto che il problema si sposta a livello regionale più che a quello che può interessare la nostra provincia. In realtà, la nostra provincia ha bisogno di diverse tipologie di impianti, in particolare per due frazioni di rifiuti: l’umido che necessita di impianti di recupero energetico e compostaggio e poi la parte non riciclabile, almeno il 25 per cento che dovrà giocoforza essere destinata a discarica ancora da individuare o ancora peggio trasportata fuori provincia con aggravi di costi notevole, di qui la disperata ricerca di una localizzazione per la nuova discarica.
La terza via, più complessa ed impegnativa per le amministrazioni locali, potrebbe essere una rete di piccoli e medi impianti di compostaggio aerobico.
Insomma è un onere della politica scegliere una delle possibili soluzioni al ciclo dei rifiuti e poi perseguirla con decisione.
Non sono un sostenitore degli inceneritori a tutti i costi, ma non si capiscono nemmeno obiezioni, come quella della Regione Marche, a una tecnologia ampiamente sperimentata ed accettata in tutta Europa. Su tutte le televisioni sono passate più volte le immagini del termovalorizzatore costruito nella città di Copenhagen, quello con la pista da sci sul tetto realizzata da una società italiana, diventato un’attrazione turistica ad appena quattro chilometri dal centro della capitale danese.
Purtroppo i politici la parola termovalorizzatore non osano nemmeno pronunziarla. Ma chi governa ha il dovere di trovare soluzioni definitive e che possano rappresentare anche un’opportunità di investimento.
Questo tipo di impianti, osteggiati dall’ opinione pubblica, allo stato attuale, rappresentano un tassello fondamentale per gestire tutta la spazzatura prodotta, trasformando in energia ciò che non si riesce a recuperare, riciclare o ridurre in compost. Si dovrebbe spiegare che i termovalorizzatori vanno bene se utilizzati correttamente, perché alla fine ci troviamo con costi insostenibili per la gestione dei rifiuti che vengono conferiti soprattutto nelle discariche che ovviamente nessuno vuole.
I nemici degli inceneritori sono convinti che siano pericolosi ed inutili. Per quanto riguarda la pericolosità, uno studio dell’Ispra (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) mostra che nel trentennio 1990-2019 a fronte di una quantità di rifiuti incenerita triplicata, si è avuto un calo del totale delle emissioni. Alcuni inquinanti come le diossine sono praticamente scomparsi. Si deve ricordare che la produzione di diossine dagli inceneritori avveniva principalmente perché si tenevano spenti i postcombustori per risparmiare sulla gestione degli impianti.
Cosa si fa nella nostra provincia e precisamente nell’ente preposto al ciclo dei rifiuti? Ci si barcamena da più di un anno alla ricerca di un direttore tecnico, segno inequivocabile che manca una visione di politica generale della gestione dei rifiuti. Una politica di gestione dei rifiuti è assolutamente necessaria per minimizzare il ricorso alle discariche, massimizzare il riciclo ed il recupero dei materiali, implementando tutti gli impianti necessari. Necessaria anche una visione a livello interprovinciale per mettere in rete tutti gli impianti sia esistenti che in programmazione al fine di migliorare la chiusura del ciclo senza creare inutili doppioni a breve distanza.
La politica dovrebbe spiegare che i termovalorizzatori vanno bene se bene utilizzati, oppure dica chiaramente ai cittadini che si intende rinunciare a questa possibilità e si imbocchi con decisione la terza via con una rete di impianti di compostaggio aerobico, impianti specializzati su tipologia di rifiuto, miglioramento deciso della raccolta differenziata, implementazione della tariffazione puntuale, nell’ottica di diminuire al minimo il ricorso alle discariche. Ricordiamoci sempre che nel centro Cosmari un termovalorizzatore esiste già benchè fermo da più di un decennio, forse varrebbe la pena di valutare una possibile riattivazione per un periodo di tempo sufficiente alla definizione di una politica di gestione ed alla successiva costruzione dei necessari impianti di trattamento.
E’ spesso utile e necessario uscire dal proprio ambito operativo per avvicinare esperienze da cui attingere stimoli e conoscenze. Quando questo avviene utilizzando risorse messe a disposizione da altri (in questo caso i cittadini) è però opportuno che avvenga all’interno di un percorso coerente e consapevole. Nel nostro caso significa ,ad esempio, sapere che una scelta di impiantistica come quella della termo valorizzazione può avvenire almeno su scala regionale e come conseguenza di un Piano (sempre Regionale) complessivo di gestione del ciclo dei rifiuti che preveda tutti gli interventi necessari, partendo dalla riduzione della produzione dei rifiuti e dall’incremento della quota di preparazione per il riciclo. Altrimenti l’utile esperienza diventa una gita.