di Leonardo Giorgi
Malato tetraplegico aspetta da 17 mesi una risposta dall’Asur Marche sulla sua richiesta di accesso al suicidio assistito. Questa mattina, dopo due diffide e una denuncia, in tribunale i difensori di “Antonio” (nome di fantasia per tutelare la sua identità) hanno chiesto al giudice di ordinare all’Asur la verifica delle condizioni del malato.
Filomena Gallo, avvocato co-difensore di Antonio e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni
Antonio, 43 anni, è ora in attesa della decisione del giudice. Dopo il caso “Mario” (leggi l’articolo), Antonio è il secondo marchigiano a rivolgersi ai tribunali per vedere riconosciuto il diritto al suicidio assistito, come riconosciuto dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo in presenza di determinate condizioni. «Non è più la mia vita – ha spiegato Antonio -, prima facevo tutto da me adesso devo chiedere qualsiasi cosa. Dipendere da qualcuno è la cosa che mi fa più male e che non riesco ad accettare. L’appoggio della mia famiglia è stato di grande importanza nei momenti più difficili della mia vita ed ora posso dire grazie anche a loro se ho la forza e il coraggio di affrontare questa nuova sfida che mi riporterà ad una rinascita».
Antonio, malato tetraplegico da 8 anni in seguito ad un incidente in moto avvenuto in Sicilia, «aveva inviato la richiesta all’azienda sanitaria a settembre 2020 – si legge in una nota diffusa dall’associazione Luca Coscioni – , ricevendo un diniego privo di qualsiasi motivazione legata alle sue condizioni, che non sono mai state verificate dall’Asur Marche, come poi evidenziato dallo stesso Comitato etico regionale. Per questo ad aprile 2021 l’uomo aveva diffidato prima l’azienda sanitaria, chiedendo che il suo diritto sancito dalla Corte costituzionale fosse rispettato, e poi, ad ottobre 2021, il Governo affinché questo attivasse tutti i suoi poteri per dare attuazione al diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito nella legalità. La diffida inviata al Ministero della Salute e della Giustizia e per conoscenza al Presidente del Consiglio dei Ministri, invocava infatti proprio l’articolo 120 della Costituzione, in forza del quale il Governo può ripristinare la legalità attivando i cosiddetti poteri sostitutivi».
Marco Cappato
Fino ad arrivare ad oggi, la prima udienza del procedimento di urgenza: Antonio ha chiesto ai giudici di ordinare all’Azienda sanitaria unica Regione Marche di procedere alla verifica delle condizioni richieste dalla Corte costituzionale per poter accedere al suicidio assistito. Il giudice, alla fine dell’udienza, si è riservato di decidere. Antonio e i suoi legali sono quindi ora in attesa di sentenza.
«È inumano che i diritti fondamentali di un cittadino, in questo caso di persone malate, dipendano dalla efficienza della pubblica amministrazione che viola palesemente la decisione della Corte costituzionale sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio – ha dichiarato l’avvocato Filomena Gallo, co-difensore di Antonio e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni -. Dopo Mario, ora anche Antonio attende una verifica delle sue condizioni, così come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo. L’Asur Marche si dimostra ancora una volta estremamente inadempiente e a pagarne le spese in termini di dolore continuo, ancora una volta, è una persona che vorrebbe solo decidere in piena legalità di porre fine alle proprie sofferenze. Da 17 mesi attende una risposta e proprio durante questa attesa che, Antonio, paziente fragile, è risultato positivo al covid. E ora, a causa di questa lunga attesa, potrebbe rischiare di andare incontro a ulteriori sofferenze. Sia fisiche, dovute all’aggravarsi della malattia, che psicologiche, causate dalla solitudine a cui il covid costringe chi ne è affetto. Questa condizione di dolore, solitudine, era proprio quello che non avrebbe voluto Antonio, che pur avendo preso contatti con la Svizzera per accedere legalmente al suicidio assistito ha scelto di restare in Italia per avere i suoi cari vicini negli ultimi momenti». Anche Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni, si è espresso sul caso: «È in corso un vero e proprio boicottaggio della Legge italiana che consente a determinate condizioni l’aiuto alla morte volontaria. Per Antonio 17 mesi di attesa senza avere avuto una risposta dalla Regione Marche».
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…che tristezza però….se una persona è circondata da affetto….amore ..amicizia ..non può chiedere di farla finita…qualcosa non funziona….questi sentimenti se sono veri non si possono scambiare per pietà.,.la pietà uccide ..
È incredibile, non siamo padroni nemmeno della nostra vita….
se si è atei, allora con la morte tutto è finito.
Ma se si è credenti in qualcosa, magari da cattolici, si dovrebbe sapere dove si finisce, da suicidi, dopo la morte. Invece la Chiesa tace… Non lo ricorda… Con la bugia in essere che il Sangue di Cristo è stato versato per “tutti”. Un Falso che autorizza di fare il porco comodo. Poichè il Sangue fu versato solo “per molti”. Come da Vangelo. In effetti la chiesa giustifica il peccato. Fino ad arrivare al gesuita che giustifica l’eutanasia.
Io so dove vanno i suicidi e i depravati… L’ambiente – che conosco – non è picevole. Meglio sarebbe stato soffrire le pene dell’inferno restando qui sulla terra.
Certo, comprendo la situazione psicofsica di questi ammalati terminali e senza speranza. Che muoiano senza l’accanimento terapeutico.
Ma col suicidio assistito la situazione in cui ci si verrebbe a trovare sarebbe peggiore della situazione di dolore con il corpo, che almeno assorbe parte della sofferenza. Che in quel luogo privo di corpo, la sofferenza sarebbe completamente sofferta dall’essere.