Mario Monachesi
di Mario Monachesi
Anche “Natà’ e Befania tutte le feste se porta via”.
“N’antru proverbiu però dice:
“Befana e Bifania tutte le feste se porta via / po’ ‘rria San Benedetto (12 gennaio, San Benedetto Biscop Abate), che ne rporta ‘n’antro sacchetto”.
Il 6 gennaio era anche il giorno “de la Pasquella”, un canto che veniva eseguito da gruppi di “befanotti”, detti anche “pasquaroli”, “pasquellanti”, “pasqualotti”, “pasquellari”, accompagnati da strumenti musicali, chiedevano cibo:
“la vergara stamatina
ci-ha prumisto ‘na gajina;
o è vero ‘na pollastrella
l’annu nou e la Pasquella”.
(…)
“Se cce dai ‘na sargiccetta
non ce ‘mporta se cincetta;
pe’ stongare la padella
l’annu nou e la Pasquella”.
Auguravano la “bona sorte per l’annu nou”, la fertilità dei terreni e delle giovani spose.
Tra le più antiche Pasquelle, la “Pasquella nova”, datata 1799, del monteluponese Giacomo Ceppolari, eccone due strofe:
“Ecco al mondo il dì felice
che del nato Redentore
manifesta un gran splendore
quale a noi spiegar non lice:
con il canto e sinfonia
viva Pasqua e Pifania.
Nella grotta di Betlemme
nascer vole il Re del cielo
fra i rigori del freddo e gelo
non si cura d’oro e gemme
ma di rozza cappannella
viva viva la Pasquella”.
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Le giornate, seppur di poco, iniziano ad allungarsi:
“Pasquella, ‘na zampa de vitella”.
“La Pasquella, ‘n salto de vitella”.
“Pasquetta, ‘na menz’oretta”.
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“Tra promesse Vefane e Vefanoni, saccocce sgute e tante dilusioni”.
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La Befana alla guida del trattore lo scorso anno a Serralta
“La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
co’ le toppe su la sottana
viva, viva la befana”.
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All’epoca la befana, se passava, non portava grandi doni, qualche arancio o mandarino, poco più.
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Altri proverbi:
“Li danni de li maremoti e tifoni non se ‘rfanno co’ le Vefane e li Vefanoni” ( non si riparano con i regali della befana).
“A la Befana, la rapa è vana” (cioè ogni cosa a suo tempo. A gennaio le rape non sono più buone).
“Per Pasquetta, Carnevale a bacchetta”.
“La notte dell’epifania tutte le vestie parla”.
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In questo giorno si festeggia anche l’arrivo dei Re Magi, con i loro doni “pe’ lu Vambinellu”.
Dal 2015 a Macerata, grazie all’orologio planetario della torre civica, i Re Magi arrivano due volte al giorno, a mezzogiorno e alle 18. Le persone presenti in piazza possono assistere al loro carosello: due passaggi in cui si inchinano alla Madonna inserita in una nicchia sovrastante.
Una curiosità, sembra che la stella cometa “co’ la coda”, quella che li ha accompagnati fino alla capanna di Betlemme, sia stata disegnata per primo da Giotto. Nel 1299 il pittore disegnò una stella con una luce così sfavillante da creare, appunto, l’effetto di una coda.
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Da “I Re Magi” di Gabriele D’Annunzio: “Cantano, tra il fischiare del vento / per le forre, / i biondi angeli in coro: / ed ecco Baldassarre / e Gaspare e Melchiorre / con mirra, incenso e oro…”.
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La tradizione culinaria marchigiana di questa festivita erano i biscotti chiamati “le pecorelle”, dolci di pastasfoglia farciti con marmellata, frutta secca, o fichi secchi. Poi c’erano “I favoriti” di Matelica, sempre biscotti con semi di anice, farina, zucchero e olio, nati nelle cucine delle monache del monastero della Beata Mattia Nazareni. Infine, ancora tra i dolci, “I Santi Re Magi” di Fabriano.
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