L’allarme della Giessegi:
«Se non riaprono al più presto,
saremo costretti alla cassa integrazione»

LA DENUNCIA di Gabriele Miccini, ceo dell'azienda di Appignano, leader del settore mobili: «Se non riaprono i negozi avremmo al massimo due o tre settimane di lavoro. Stanno mettendo in ginocchio l'economia e di ristori per adesso neanche l'ombra». Sulla gestione dell'emergenza sanitaria: «Avrebbero potuto spendere i 3 miliardi dei banchi a rotelle per creare posti letto così da non chiudere l'Italia»

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L’interno della Giessegi

 

«Se non riaprono i negozi, al massimo tra due o tre settimane dovremmo mettere i dipendenti in cassa integrazione». E’ il grido di allarme che arriva da Gabriele Miccini, ceo della Giessegi di Appignano, azienda leader nel settore mobili con circa 600 dipendenti. Dopo la crisi dovuta al primo lockdown c’era una stata una ripresa, ma ora con le varie zone gialle, arancioni e rosse molti negozi sono chiusi e così anche i produttori si trovano in difficoltà.

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Gabriele Miccini, ceo della Giessegi

«Sono stati chiusi molti negozi a causa delle restrizioni – continua Miccini – un danno economico per rivenditori e per noi produttori, perché in questo modo avremmo solo qualche altra settimana di lavoro. Hanno chiuso senza sapere come avviene la vendita di mobili, perché ormai sono 30 anni che giro e non ho mai visto i negozi di mobili affollati. Inoltre di tutti questi famosi “ristori” che hanno promesso noi non abbiamo visto niente, al massimo i prestiti garantiti dalla Sace che hanno tassi alti. E tutto per tutto il periodo precedente della cassa integrazione noi abbiamo sempre messo la nostra quota parte, ed è drammatico che i dipendenti invece abbiano preso solo l’80% dello stipendio, a differenza per esempio del pubblico, dove nonostante tutto e nonostante lo smart working, gli stipendi continuano ad essere garantiti pienamente».

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I container con i termoscanner che aveva installato la ditta per poter riprendere il lavoro in sicurezza

Non solo lockdown parziali o totali che mettono in ginocchio l’economia e mancanza di aiuti concreti, il ceo della Giesseggi denuncia anche il modo di come vengono prese alcune decisioni. Come per esempio il passaggio repentino dalla zona gialla alla zona arancione delle Marche. «Un’altra cosa assurda – continua infatti – è che vengono prese decisioni il venerdì e in qualche ora diventano operative: io ho anche un ristorante che ho dato in gestione, tutto il cibo comprato per la domenica è andata a male. In tutte la attività umane chi fallisce o cambia mestiere o chiude, solo i politici, nonostante non ne azzecchino una restano sempre dove sono. Ci stanno portando alla povertà e nessuno ha la dignità di dimettersi. Sono così incompetenti che non hanno capito e previsto niente». E Miccini porta un esempio: i soldi spesi per i banchi a rotelle nelle scuole, che sarebbero potuti servire per altro. Visto che poi le scuole sono comunque state chiuse.

«Innanzitutto per i trasporti, una delle situazioni più a rischio contagi non è stato fatto assolutamente nulla – sottolinea – e poi se è vero che per il Covid center di Civitanova sono stati spesi circa 10 milioni per 84 posti letto di intensiva, significa che per farne oltre 20mila in tutta Italia ci sarebbe stato bisogno più o meno di 3 miliardi, che è la stessa cifra spesa per i banchi a rotelle. Ecco se quei soldi fossero stati usati per creare posti letto, magari in strutture ad hoc nelle aree Pip (i piani di insediamento industriali individuati dai Comuni in specifiche zone e ora quasi tutti sfitti a causa della concorrenza, cinese in particolare) non ci saremmo trovati nella condizione di chiudere l’Italia e mettere in ginocchio l’economia. E così anche per i medici, ci si lamenta che mancano ma tra tutti coloro che fanno richiesta di specializzazione ne vengono presi la metà, ne avrebbero potuti prendere di più e farli specializzare. Invece nella sanità la maggior dei soldi viene inghiottita dall’apparto burocratico, piuttosto che per medici e infermieri. Insomma è chiaro che chi prende decisioni non ha cognizione di causa, a tutti i livelli».

(Redazione Cm)



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