Quote non pagate nel mirino,
Carancini verso l’espulsione dal Pd:
«Pretesto per farmi uscire di scena»

MACERATA - La commissione di garanzia ha preso la decisione, manca l'ufficialità. Potrebbe arrivare domani dopo il direttivo locale convocato d'urgenza. Il nodo del contendere è sui soldi che ogni eletto deve versare, in ballo ci sono poco più di 2mila euro. Ma la questione nasconde molto altro: una guerra iniziata nel 2010 e ripresa in vista delle elezioni del 2020. Ecco i retroscena, tra diktat e strane mail dalla segretaria locale. Il partito fa quadrato: «Qui non si caccia nessuno, al massimo ci si autoesclude. Ma non c'è niente di certo ancora». Il primo cittadino non ci sta: «Io ho sempre pagato e rispettato le regole, se non mi vogliono che lo dicano. E' gravissimo che abbiano anche tentato di bloccare l'attività amministrativa, in particolare i lavori di riqualificazione di piazza della Libertà e piazza Vittorio Veneto, con una lettera»

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Romano Carancini, sindaco di Macerata dal 2010

di Giovanni De Franceschi

Da guerra fredda a guerra sul campo senza esclusione di colpi, ormai il dato è tratto. Diktat, strane mail, candidature, lotte di potere interne e probabilmente anche ripicche personali: c’è tutto questo nello scontro tra Romano Carancini e il Pd. L’ultimo atto si è consumato venerdì notte, quando la commissione di garanzia provinciale ha approvato la delibera e redatto un verbale informale nel quale si è messo nero su bianco che il sindaco di Macerata non è più un iscritto dem. Il partito ha deciso di metterlo alla porta per una questione di regolamento interno, quella del versamento delle quote dovuto da chi ricopre cariche istituzionali. Un contenzioso di poco più di 2mila euro, questa la cifra. Manca l’ufficialità e la situazione è ancora recuperabile (anche perché Carancini potrebbe anche fare ricorso), di certo però la strada sembra segnata. Anche perché la decisione sarebbe dovuta rimanere riservata fino a domani sera, ma evidentemente visto che in guerra tutto è lecito, qualcuno ha pensato di sfruttarla a suo vantaggio a discapito del partito, degli iscritti e dei cittadini del capoluogo di provincia. Andiamo con ordine.

Dal 2015 c’è un contenzioso in atto tra Carancini e il Pd sulle quote da versare al partito in qualità di sindaco. Da regolamento si tratta del 10% dell’indennità netta mensile che ogni iscritto eletto che ricopre cariche istituzionali deve girare al partito. In questi cinque anni il primo cittadino di Macerata ha versato quasi 9mila euro, ritenendo però di dover detrarre dal versamento la cifra dell’assicurazione che ha stipulato proprio per tutelarsi nell’esercizio delle sue funzioni da sindaco, poco più di 2mila euro appunto. E’ proprio qui che si aperta la crepa. Il sindaco è stato invitato a pagare e sono anche state inviate delle diffide. Fino al 6 marzo scorso quando la pratica è finita nelle mani della commissione di garanzia provinciale. A presiederla c’è Caterina Pucci, al suo fianco: Giovanni Piersigilli, Alfredo Maulo, Ferdinando Froldi (dimissionario), Selene Cicconi. Sono stati ascoltati il sindaco, il tesoriere e alcuni membri del direttivo di Macerata. Da una parte la posizione di Carancini, secondo cui quelle somme vanno detratte, dall’altra quella del partito secondo cui invece vanno versate lo stesso. La commissione aveva 30 giorni di tempo per decidere. E così venerdì notte è arrivata la decisione: è stata approvata la delibera con cui si certifica che non è possibile accogliere la tesi del sindaco e che il mancato pagamento di quei 2mila euro che mancano comporta automaticamente la sua esclusione dagli iscritti del partito. E’ stato quindi redatto un verbale informale, che sarebbe diventato ufficiale nel giro di sei giorni, questo il tempo di solito concesso alla commissione. Almeno sarebbe dovuto rimanere riservato fino a domani sera, quando è previsto un direttivo del Pd di Macerata, convocato d’urgenza. Se nel frattempo Carancini avesse pagato, la questione si sarebbe risolta. Invece qualcuno all’interno del partito ha pensato di sfruttare la situazione a suo vantaggio e la bomba è esplosa.

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Stefano Di Pietro e Francesco Vitali, rispettivamente segretario comunale e provinciale del Pd

La posizione del Pd è chiara: «Qui nessuno espelle nessuno, casomai ci si autoesclude se non si rispettano le regole. Ma in questo caso ancora non c’è nessuna decisione ufficiale», hanno dichiarato praticamente all’unisono Francesco Vitali e Stefano Di Pietro, rispettivamente segretario provinciale e comunale dei dem. Ma è chiaro che le frasi di circostanza nascondo molto altro. Quella guerra sotterranea tra il partito e il proprio sindaco in atto ormai da 10 anni, che ora è venuta definitivamente alla luce. Innanzitutto andrebbe spiegato come mai – se la decisione non era ancora ufficiale e se nessuno sapeva niente – era già previsto un direttivo d’urgenza per domani sera. Inoltre c’è un altro indizio, mercoledì sono arrivate due mail a Carancini e all’assessore Narciso Ricotta in cui il Pd di Macerata chiedeva alla giunta il blocco dei lavori di riqualificazione di piazza Vittorio Veneto e piazza della Libertà, perché probabilmente non si sarebbe riusciti a completarli in tempo per il 2020. Una sorta di diktat, neanche troppo velato, che non ha coinvolto tutta la giunta, ma solo il sindaco e Ricotta. Considerando che il giorno dopo (cioè giovedì, a 24 ore dalla decisione della commissione) nessuno del direttivo (seppur invitati) ha partecipato alla riunione di maggioranza convocata dal sindaco per fare il punto sul lavoro da fare fino a fine mandato, terzo indizio, sembra proprio che quel diktat faccia il paio con l’altro sulle candidature. E cioè che il partito sarebbe disposto ad appoggiare Ricotta nel 2020 solo se Carancini uscirà definitivamente di scena, anche e soprattutto per le Regionali, quarto indizio. E a questo punto qualcuno potrebbe dire che diversi indizi fanno una prova. Di sicuro ne è convinto Carancini. «Quella delle quote è un pretesto – ha commentato  il sindaco – ritorniamo alla guerra nei miei confronti da parte di un determinato blocco politico. Io valuterò il da farsi quando vedrò le carte, ritengo di aver rispettato sempre le regole e di aver pagato quanto dovuto. Il costo dell’assicurazione secondo me va detratto, secondo loro no, ma su questo le norme del partito non sono chiare. Al di là di tutto la sostanza è che c’è un tentativo di eliminare la corsa di un possibile candidato alla Regione, c’è un blocco politico che tende a mettere in difficoltà eventuali candidature, una sorta di tentativo di restaurazione che riporta indietro le lancette al 2010. A questo punto sono loro a dover essere chiari, se non mi vogliano che lo dicano, perché è questo che è emerge. Ed è gravissimo che si tenti addirittura di bloccare l’attività amministrativa, chiedendo la sospensione dei lavori di riqualificazione di piazza della Libertà e piazza Vittorio Veneto».

 

Pd-Carancini, è guerra fredda: appoggio a Ricotta? Se il sindaco esce di scena



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