Pd, Martina a Macerata:
«La questione africana non si risolve
con la retorica del “prima gli italiani”»

POLITICA - Il candidato alle primarie dem, nella sala gremita dell'Asilo Ricci, si è concentrato sulle sfide del Paese e del partito. A fare gli onori di casa l'ex parlamentare Irene Manzi che lo ha presentato con un retroscena dello scorso anno: «Venne a incontrare il sindaco dopo i terribili fatti di cronaca, lontano dalle telecamere»

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Maurizio Martina all’Asilo Ricci di Macerata

 

di Federica Nardi (foto di Fabio Falcioni)

Angelo Sciapichetti dalla giunta regionale, Narciso Ricotta da quella comunale, il segretario provinciale del Pd Francesco Vitali, il deputato Mario Morgoni, l’onorevole Adriano Ciaffi e l’ex parlamentare Irene Manzi a fare gli onori di casa.

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Maurizio Martina

Una prima fila che rappresenta le tante anime in movimento nel Partito democratico in vista delle primarie del 3 marzo quella della tappa maceratese di Maurizio Martina, candidato alla guida del Pd. A mancare all’appello solo il sindaco, Romano Carancini, impegnato a Bruxelles con la delegazione Anci e che ha sostenuto la mozione per l’ex ministro all’Agricoltura. Ieri sera all’Asilo Ricci di Macerata sala piena per l’intervento del candidato, impegnato in un tour de force di incontri. Una visita dove Manzi svela anche un piccolo retroscena dell’anno scorso: «Martina venne a incontrare il sindaco dopo i fatti di Macerata, lontano dalle telecamere».

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In prima fila da sinistra l’onorevole Morgoni, gli assessori regionale Sciapichetti e comunale Ricotta, Vitali e Ciaffi

Ma ieri il pensiero del candidato è stato tutto per le sfide del Paese e del partito. «I nostri avversari – ha esordito Martina – non sono Zingaretti e Giachetti, ma Di Maio, Salvini e Berlusconi». Insomma, bando alla corsa alla polemica interna perché il pericolo vero «è l’attuale governo – ribadisce più volte il candidato -. C’è una campagna scientifica di distrazione di massa per non parlare mai dei nodi del Paese. E non si discute mai degli effetti reali delle misure. Il governo soffia sui problemi, ha fatto fibrillare l’affidabilità dell’Italia che ora risulta ultima in Europa per crescita economica». L’alternativa, per Martina, non c’è: «Abbiamo il compito di costruire una nuova stagione per il Paese. Lavorare di più sul terreno dell’unità non è retorica, ma una necessità indifferibile. Abbiamo a che fare con forze pericolose che hanno cambiato la natura delle responsabilità del governo».

maurizio-martina-13-325x217Un esempio: «usare le divise delle forze dell’ordine per aumentare la propaganda è un salto di qualità drammatico. Abbiamo due vice premier che snaturano le istituzioni in nome della propaganda. Il pericolo è la nuova destra che ha cambiato pelle, da mercatista è diventata nazionalista. E nel frattempo la sinistra è rimasta ferma». Per Martina il Pd deve cambiare, e in fretta: «Il Partito democratico di undici anni fa, quello delle prime primarie, non può essere lo stesso del 2019. Perché nel frattempo è cambiato il mondo. Dobbiamo ragionare su come si rinnova la sfida della democrazia rappresentativa. Per troppo tempo siamo stati vissuti come “estranei” agli occhi del Paese». Ultima battuta, sollecitato da una domanda del pubblico, sulla questione immigrazione. «È un nodo storico – dice Martina – non riconducibile a un fatto di un governo o di una nazione. Abbiamo davanti la grande questione africana», che non si può risolvere «con la retorica del “prima gli italiani”. Salvini in campagna elettorale aveva promesso 600mila rimpatri. Ma sapete che vuol dire? Non succederà mai: il picco massimo di rimpatri era stato di circa 5mila. Ogni rimpatrio costa dai 2mila euro in su. La questione è come rendere queste persone regolari, nelle regole. Nei diritti e nei doveri». Scenario complicato insomma dove però l’ascolto è fondamentale. «Mai banalizzare – conclude Martina -, la paura che c’è in giro».

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