Quanno li fidanzati java a portà
“lu somaru” a la fidanzata

TRADIZIONI - La domenica con Mario Monachesi
- caricamento letture
mario-monachesi

Mario Monachesi

 

 

di Mario Monachesi

Quanno li fidanzati java a portà “lu somaru” a la fidanzata. Questo avveniva la sera della vigilia di Natale. Accompagnati quasi sempre dai famigliari, gli innamorati di un tempo si recavano a casa delle loro innamorate per la cena della vigilia. In quell’occasione portavano “lu paccu”, con dentro noci, “purtugalli” (arance) e quasi sempre “un fazzulittu da testa fioratu”. Questo nei remoti anni passati veniva detto “portà lu somaru”. “Sotto le feste” non era raro sentire, all’indirizzo di vecchi e nuovi fidanzati, battute del tipo “‘st’anno te tocca…a fa’ lu somaru”. Poi col tempo i regali sono mutati. Negli anni ’50 / ’60 si è incominciato “a portà’ turù (torroni) e panettù” e “da lu paccu”, siamo passati a “lu cistu”. I regali sono aumentati anche di numero, non si portava piu solo alla fidanzata ma anche a genitori, nonni ed altri presenti in casa. Mentre “su lu camì’ ardia lu cioccu de Natà’, la cena detta “magnó” si consumava.

Gobbi-cardi-fritti

Gobbi (cardi) fritti

Tra maccheroni al sugo di sardelle e sgombro o spaghetti con alici e tonno, capitone in umido con lauro ed uvetta o capitone arrosto con pane e prezzemolo, baccalà fritto assieme a “gobbi” (cardi) e “vrocculi” (cavolfiori), stoccafisso in umido, laschetta del Trasimeno, sardelle. Si concludeva con arance, castagne e la “pizza de Natà”, fatta con noci, fichi secchi e uva passa.  Antonio Nebbia, detto “il cuoco maceratese”, in un suo libro pubblicato nel 1781, annotava due sue ricette per la vigilia: “Piatto di cavoli in turbante” e “Piatto di selari (sedani) con salsa di tarantello (salume fatto con la pancia del tonno)”. La cena iniziava di solito ad “un’ora de notte”, più o meno un’ora e mezza dopo il tramonto e al termine in molti luoghi c’era l’usanza di lasciare apparecchiato perché si credeva che la Madonna e il Bambino sarebbero, nella notte, passati a benedire il cibo e la casa.

Capitone-in-umido

Capitone in umido

Nell’attesa della messa di mezzanotte, si giocava a tombola, tutti assieme, in quell’atmosfera unica che si può “respirare” solo la notte di Natale. “Lu cioccu su lu camì” (ceppo), che intanto continua a riscaldare la cucina e gli ospiti, simboleggiava Cristo che aveva voluto sacrificarsi per la salvezza degli uomini. Doveva consumarsi molto lentamente perché la tradizione voleva che doveva durare fino all’Epifania. “Pe’ lu somaru” (il pacco regalo) c’è ancora da dire che se in una casa c’erano più figlie fidanzate, spesso, tra fidanzati, si apriva una gara a chi portava di più. Lo facciamo oggi, lo si faceva anche a quei tempi. Ai primi tocchi delle campane, sia che nevicasse, sia che fosse stato sereno, tutti alla messa di mezzanotte, le coppie fidanzate teneramente per mano, severamente seguite dalle onnipresenti madri.  “La vigilia de Natà”, con la sua cena in famiglia, con i suoi doni (un tempo “somari”), con l’imminente nascita “de lu Vambinellu”, con la dolcissima atmosfera che tocca e riscalda ogni cuore, è senza meno uno dei giorni tra i più importanti e sentiti dell’anno. Senza dimenticare che è anche il giorno in cui Maria e Giuseppe trovano un fortuito giaciglio, riscaldato da un bue e un asinello, per far nascere Gesù. Colgo l’occasione per far arrivare a tutti i lettori, il mio più sentito e partecipato Buon Natale.



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page
-

Come butta?
Vedi tutti gli eventi


Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Matteo Zallocco Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X