Curiosità maceratesi

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

di Mario Monachesi

Tanti sono i fatti curiosi o meno che hanno contribuito a scrivere la storia (anche minore) di Macerata, di quella Macerata giustamente definita “granne”. Oggi provo a raccontarne alcuni.

Una “necessità” cittadina. Nella seconda metà dell’800 Macerata non si era ancora dotata di bagni pubblici ed ecco allora che i cittadini con l’urgenza detta “pipì”cercavano riparo presso angoli o muri poco frequentati e finivano con un “ahhh…” liberatorio. Uno dei luoghi più “innaffiati” si trovava nei pressi della chiesa di San Giorgio per cui, su richiesta del più “arcistufo” che arciprete della stessa, nel 1874 si provvide a costruire in quella piazzetta il primo orinatoio ufficiale. Non si ha notizia di chi lo inaugurò… Questo primordiale gabinetto consisteva nell’aver diretto alla fogna pubblica, con un canaletto aperto (un surgu), i liquami che scolavano dal muro, preventivamente impermeabilizzato con del catrame. L’avventore di turno veniva difeso dagli sguardi indiscreti da un paravento in lamiera. Successivamente venne costruito un secondo bagno pubblico in vicolo degli Orti, mentre quello ancora esistente in via Berardi è datato 1876. Ancora due anni e ne viene attrezzato un altro, centralissimo, nel cortiletto di Palazzo De Vico che viene descritto dai cronisti dell’epoca come molto frequentato”.

L’acqua e il profumino… Nel 1891, nonostante a Macerata fosse già arrivata l’acqua, l’ospedale non attingeva all’acquedotto, pare per alcuni dubbi sull’igienicità dello stesso. Si racconta infatti che, nel 1890, dentro il serbatoio situato sulla sommità della torre civica venne scoperta una notevole quantità di baccalà, lì posto da qualcuno…”a bagnu”.

“Quanno lu sfardu” (L’asfalto) a Macerata? Il 1926 è l’anno “de lo quatrame”. LA formazione e la diffusione della polvere, provocata dai mezzi di circolazione, crea un crescente malcontento tra ì maceratesi a punto tale che si decide di usare il “catramoleum” per asfaltare corso Cavour. Il risultato, per praticità e modernità, è così esaltante che l’anno successivo è la volta di corso Cairoli, viale Puccinotti, viale Trieste, via Carducci e via Umberto I° (oggi viale don Bosco). Per la totalità di questi interventi la spesa è calcolata in una lira e cinquanta centesimi ogni metro quadro.

Il fuoriprogramma. Il 22 luglio 1979 un piccolo e curioso incidente si verifica durante la prima in Arena della Norma di Bellini. I due bambini ingaggiati dal regista per il ruolo dei figli di Norma, una volta sul palco, per l’emozione di trovarsi di fronte a un pubblico strabocchevole…si fanno la pipì addosso!

L’onestà. Nel dicembre 1988 tra gli oggetti smarriti (un orologio di metallo giallo, un borsellino con denaro, un braccialetto e alcune banconote) custoditi dal Comune in attesa di essere ritirati dai legittimi proprietari c’è…udite, udite…una pecora! L’animale fu trovato, mentre pascolava tranquillamente, da un agricoltore nel suo terreno. Anziché “fallu arustu” l’onesto contadino lo consegnò all’ufficio oggetti smarriti del Comune che, a sua volta non sapendo dove sistemare la pecora, la lasciò in custodia all’agricoltore stesso.

Le zebre. Le prime strisce pedonali (una serie di fasce bianche trasversali) appaiono nei punti cruciali di Macerata nel 1959.

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Umberto Zanconi

Lo stilista. Per i 60 laureandi dell’Accademia di Modena, anno 1983, la divisa di gala viene realizzata dal maceratese Umberto Zanconi (Macerata 1921 – Macerata 2005), rinomato sarto con bottega in via Lauro Rossi.

Figuraccia teatrale. Una sera, appena l’ultima guerra, al teatro Lauro Rossi inizia il “Barbiere di Siviglia”; aperto sipario va via la luce. Mentre i soldati inglesi presenti provvedono subito con un generatore, dal canto suo l’elettricista del teatro cerca affannosamente di reperire una lampada a carburo. Con la sala al buio, dopo qualche attimo, compaiono insieme sul palco da un lato un soldato inglese con una lampada che illumina l’intera sala e dall’altro l’elettricista che, invece, con la sua lampada illumina si e no solo se stesso. Non passa un secondo che una voce dal loggione scandisce: “Mario, perche ‘ssa lampada non te la ficchi la lu…”.

Il soggiorno. Stagione lirica 1988. Richiamato dal fascino degli allestimenti maceratesi un gruppo di melomani francesi, unendo l’utile al dilettevole, decide di trascorrere alcuni giorni di vacanza nella nostra provincia. Tramite un’agenzia prenotano presso un albergo della zona e, il giorno dell’arrivo, hanno una sorpresa: per un disguido l’albergo non ha alcuna prenotazione e le stanze sono tutte occupate. Anche gli alberghi del circondario sono al completo. Ecco allora scattare l’italico genio. Quale struttura può dare vitto e alloggio a 15 persone? Una struttura sanitaria! Ebbene, i 15 turisti amanti della lirica vengono ospitati in un reparto, quello femminile, di una nota clinica privata di Macerata. Quale? Sorvoliamo. Quello che si può dire è che non hanno approfittato né per curarsi né per fare analisi del loro stato di salute. Al termine del “soggiorno” hanno comunque salutato e ringraziato i dirigenti sanitari.

L’addio. Il 2 gennaio 1984 le suore dell’ospedale di Macerata lasciano il servizio e fanno ritorno presso la loro casa madre di Roma. Le monache erano arrivate all’ospedale nel lontano 1850.

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Da Secondo

La stima. Il cantante e attore anni ’50 e ’60 Luciano Tajoli, quando si esibiva in zona o passava di qui nei trasferimenti da una regione all’altra, si fermava a pranzo, o a cena, da “Secondo” in via Pescheria Vecchia. Era così entusiasta di questo ristorante e della sua cucina da definire Secondo Moretti, ripetutamente, sia in pubblico che in privato “un vero artista della cucina”.

Come sono nate le scalinate. Nel 1939 il Podestà Carlo Magnalbò, in previsione di attacchi aerei, deliberò la costruzione di alcuni passaggi attraverso le mura castellane per favorire un eventuale sfollamento della popolazione verso la campagna. Il primo fu previsto in via Mozzi, presso l’attuale slargo Beligatti, dove venne abbattuta una piccola porzione di muro e vi si adattò una scala provvisoriamente costruita in legno. Oggi la scala, in miniatura, è armoniosamente inserita nel contesto e conduce al sottostante sottopassaggio. Il secondo venne realizzato in corrispondenza del vicolo Santafiora, qui il dislivello era assai minore e “li sgralì'” sono una piccola piaggia. A proposito di interventi a ridosso delle murì, già nel 1926 l’allora Commissario Prefettizio, allo scopo di collegare direttamente la stazione ferroviaria con il Centro Storico, affidò alla ditta del cav. Albino Tamburrini i lavori per l’apertura di un passaggio nelle mura castellane ai piedi della piaggia della Torre. Un primo progetto per aprire un varco in questo stesso punto risaliva ad una delibera del Consiglio Comunale del 30 dicembre 1911. La spesa prevista ammontava a 58 mila lire.

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Pino Pelosi

L’alt… prima dell’omicidio. Il 15 gennaio 1975 una volante in servizio di perlustrazione a Macerata ferma, per un normale controllo, una Fiat 500. Avendo trovato la persona alla guida sprovvista di patente la pattuglia conduce costui in Questura per accertamenti. Dopo i normali controlli e una multa il soggetto in questione viene rilasciato. Si trattava “gnentepopodimenoche” di Giuseppe “Pino” Pelosi, futuro assassino (nel novembre dello stesso anno) di Pier Paolo Pasolini.

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Torre del Boia con figuranti

Il “deposito” di Mastro Titta. In via dei Sibillini, di fronte alla chiesa di San Liberato, a ridosso delle mura, c’è una antica e tozza costruzione. È la rabbrividente “Torre del boia”. Qui l’esecutore delle sentenze capitali custodiva gli attrezzi del mestiere: corde, scale, capestri, tavole e quant’altro gli occorreva. Il giorno dell’esecuzione il boia prelevava l’attrezzatura e la portava in piazza del Mercato (ora Mazzini), precisamente nell’angolo dove la piazza incontra la piaggia della Torre. Li era stato sistemato il patibolo! Gli spettatori (se cosí possiamo definirli) per assistere allo “spettacolo” giungevano anche da fuori città. L’ultimo “impegno” del boia fu il 5 gennaio 1871, con un sanseverinate, tal Generoso Tesauri detto “Spiritillo” che aveva affogato nel Potenza, costretto dalla sua amante, il figlio di 7 anni.



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