Menghi: «Rifiutai cure macrobiotiche,
dopo un mio sms a Carancini
ritirata la cittadinanza onoraria a Pianesi»

RETROSCENA - L'ex sindaco racconta la sua esperienza al Punto Macrobiotico («Mi proposero di abbandonare la medicina tradizionale») e ricostruisce i fatti che portarono alla misteriosa marcia indietro in Consiglio («Gli scrissi che ero venuta a conoscenza di vicende gravi, non mi rispose ma la delibera sparì nel giro di poche ore»)

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Il consigliere Anna Menghi

 

di Giovanni De Franceschi

Una sorta di mistero, una testimonianza segreta e una delibera che viene presentata e poi ritirata dall’amministrazione. Cosa sia successo tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 nel consiglio comunale di Macerata ancora è poco chiaro. Di sicuro c’è che Mario Pianesi, il guru di Un Punto Macrobiotico finito al centro dell’inchiesta sulla presunta psico-setta da lui stesso fondata con accuse gravissime che arrivano persino all’induzione alla schiavitù, la cittadinanza onoraria a Macerata non l’ha mai ricevuta. Nonostante il sindaco Carancini e buona parte della maggioranza avessero provato per mesi a convincere il Consiglio. Forse un cruccio per chi aveva proprio a Macerata uno dei ristoranti più importanti della galassia macrobiotica, quel locale in via Cassiano da Fabriano dove c’era addirittura una stanzetta riservata ai vip ma che da due anni si è diviso da Pianesi (leggi l’articolo). Stanzetta che ha accolto le personalità e le autorità più importanti della città e non solo.

A svelare questo retroscena sulla cittadinanza onoraria “mancata” di Pianesi è l’ex sindaco e consigliere d’opposizione Anna Menghi. «L’amministrazione da mesi provava a far passare questa idea della cittadinanza onoraria – racconta la Menghi – ma fin da subito trovò l’opposizione di vari consiglieri anche di maggioranza. Così cercai di prendere tempo, convinta che la cittadinanza sia un atto che il Consiglio debba approvare all’unanimità senza provocare in nessuno il minimo dubbio». Ma da che cosa derivavano questi dubbi su Pianesi e la sua associazione? «Ormai – continua l’ex sindaco – si iniziavano a conoscere storie di persone che ne erano uscite molto simili a quelle finite adesso al centro dell’inchiesta. Io stessa avevo frequentato il ristorante di via Cassiano da Fabriano e nel 1997, quando avevo un problema di ipertiroidismo mi consigliarono di abbandonare le cure tradizionali per sottopormi ai loro metodi. Ovviamente non accettai e dopo un po’ non frequentai neanche più. Insomma già all’epoca c’era più di un dubbio sul fatto che questa figura dipinta come un maestro non fosse poi così specchiata. Però visto che l’amministrazione continuava ad insistere con queste idea della cittadinanza, cercai di conoscere personalmente Pianesi».

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Mario Pianesi e Tara Gandhi ricevuti in Comune dal sindaco Romano Carancini e dall’assessore Federica Curzi

La Menghi non ci riuscì mai, anzi questo tentativo rafforzò in lei l’idea che concedere la cittadinanza fosse un errore. Invece di essere ricevuta da Pianesi o di aver un contatto telefonico con lui, Menghi venne indirizzata a un segretario e la telefonata si concluse malamente. «Mi rispose con una violenza e una protervia che non mi lasciò neanche il tempo di parlare e fui costretta a chiudergli il telefono in faccia», ricorda il consigliere. Finché arrivò il giorno in cui il presidente del Consiglio Romano Mari inserì all’ordine del giorno la delibera sulla cittadinanza onoraria. «Ricordo che quella mattina – aggiunge Anna Menghi – ricevetti una telefonata dal sindaco per un ultimo tentativo di coinvolgimento prima dell’assise. Restai sulle mie posizioni, convinta che si rischiava di creare un precedente poco nobile: conferire una cittadinanza a maggioranza». Ma è nel pomeriggio, a poche ore dal Consiglio, che alla Menghi arrivò la telefonata forse decisiva. «Mi chiamò una persona che non conoscevo, si presentò e mi raccontò una vicenda legata all’associazione di una gravità inaudita, pesantissima, tanto che restai basita. E si rafforzò ancor di più in me l’idea che avevamo di fronte una vera e propria setta. Così chiesi a questa persona la disponibilità a raccontare questa vicenda in un’assemblea pubblica e accettò». A quel punto Anna Menghi inviò un messaggio al sindaco. «Gli scrissi in maniera perentoria – continua – dicendo: “Sono venuta a conoscenza di una vicenda ancor più grave di quelle che già sapevo, quindi se vuoi andare avanti fallo, ma sappi che questa vicenda la porterà all’attenzione dell’opinione pubblica. Carancini non rispose, così andai in Consiglio senza sapere quello che sarebbe successo». E quando arrivò in aula scoprì che la delibera era stata ritirata. «Oggi devo dire che provo una certa soddisfazione – conclude Menghi – questa inchiesta dimostra che all’epoca in qualcosa avevamo avuto ragione. Tra l’altro mai nessuno mi chiese perché mi stavo opponendo. Per questo oggi sono contenta e mi sento di rivolgere un appello a chi sa qualcosa: parlate, liberatevi da queste storie».



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