di Mario Monachesi
“Se te piace lo pa’ frisco / spusete lu contadì’ che lo fa spisso “. Il pane è l’alimento più consumato al mondo. Nella tradizione mediterranea ha un posto principale come componente primario dell’alimentazione. Gli ingredienti che lo compongono sono farina, lievito e acqua. In alcune regioni anche il sale e altri condimenti. Questo “cibo” era già noto “all’homo erectus”, veniva preparato macinando fra due pietre dei cereali, il prodotto così ottenuto era a sua volta mescolato con l’acqua. L’impasto finale veniva cotto su una pietra rovente. Intorno al 3500 a.C. gli Egizi scoprirono la fermentazione facendo così risultare un pane più soffice e fragrante. Nelle nostre campagne il pane a casa si è fatto fino ai primi anni ’60. La sera prima della panificazione, le vergare disponevano sulla “mattera” una certa dose di farina, ricavato un certo spazio (buco) al centro della stessa, vi sistemavano il lievito precedentemente sciolto nell’acqua.
Il tutto rimaneva chiuso in quel “mobile” per tutta la notte. All’alba veniva riaperta la “mattera” e si procedeva prima all’impasto poi alla preparazione delle pagnotte o “file”. Intanto di fuori, gli uomini precedevano “a ‘ppiccià lu furnu co’ le fascine”. A forno bene infuocato, arrivava il grido fino in casa: “donneeee, è ora de ‘nfornà'”. E le donne scendevano portando lunghe tavole con sopra, ben coperto, “lo pa’ da coce”. In media 15 / 20 filoni e dovevano sfamare la famiglia per 8 / 10 giorni. Portato a cottura, il pane veniva “cacciato co’ la stessa pala de ligno” con cui era stato infornato e subito sistemato in una canestra ben coperta da una “spara”. Una volta in casa, la cesta veniva posizionata nel magazzino attiguo alla cucina. Facendo un passo indietro, dobbiamo ricordare che prima del pane, per la gioia di piccoli e grandi, veniva cotta la crescia. Lo stesso impasto del pane condito con cipolla e rosmarino. Questi profumi inondavano l’aia e l’abitazione per ore e ore, ma stiamo parlando di altri tempi, altre emozioni, altre gioie.
Sul pane, oltre a qualche proverbio: “Chj c’ha nuce e pa’ / fame non ha”; “Lo pa’ e lo vi’ / ė la salute de lu contadì”; “Le legne e lo pa’ / se pò rubbà’ pure su l’ardà”; “Ogni pa’ c’ha la crosta sua”; “Chj c’ha li denti non c’ha lo pa’, / chi c’ha lo pa’ non c’ha li denti”, anche alcuni modi di dire: “Magnece lo pa…'”; “Magnapà’ a tradimentu…”; “Lo vi, lo pa’ non c’è, / li frichi piagne. / Ti prego, o matre pia, / de fa’ vvinì’ lo pa’ in sacristia”.
Anche molte personalità e personaggi hanno parlato di questo “oro” della tavola:
“I due odori più buoni e più santi sono quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia”.
(Ardengo Soffici)
“Io giudico un ristorante dal suo pane e dal suo caffè”.
(Burt Lancaster)
“Adoro i panini. Diciamolo chiaro, la vita è più bella tra due pezzi di pane”.
(Jeff Mauro)
“Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sappia fare il pane, di gente che ama gli alberi e riconosce il vento”.
(Franco Arminio)
“Il pane è fatto di attese pazienti e forni di legna, scanditi dai tempi giusti. È sempre faticoso guadagnarselo, ma il pane accompagna l’uomo letterario fin dai tempi di Ulisse, amico dei vissuti e segno di speranza. Non a caso nella civiltà contadina che ne ha tramandato il mestiere della lavorazione, la cotta di pane era un momento di socialità e di bellezza, un dono da condividere”.
(dal web)
“Tu proverai si come sa di sale lo pane altrui”.
(Dante Alighieri, XVII canto del Paradiso)
Il pane.
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio,
così dorato, così croccante,
sei uscito da mani sante.
Sei sbocciato come un fiore
dalla gioia e dal dolore,
dalla terra lavorata,
dal sudore che l’ha bagnata.
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio.
(Renzo Pezzani)
“Il pane allegro sa di favola
Il pane allegro sa di sole
Il pane allegro sa di formaggio
Il pane allegro sa di libertà
Il pane allegro sa di caldo
Il pane allegro sa di pace
Il pane allegro sa di ciauscolo
Il pane allegro sa di sudore
Il pane allegro sa di onestà
Il pane allegro sa di abbraccio
il pane allegro sa di perdono
il pane allegro sa di frittata
Il pane allegro sa di sogno […]
che il pane allegro non manchi mai.
(Mario Monachesi, da “Il pane allegro”)
Prima di chiudere permettetemi un ultimo pensiero, oggi in Italia contiamo almeno 250 tipi di pane, tutti industriali, quasi più nessuno ha il tempo e lo spazio per farlo a casa, così abbiamo guadagnato in varietà ma abbiamo perso per sempre quei giorni che sorgevano per profumarci, amarci e realizzarci senza se e senza ma. Il pane è morto. Viva il pane.
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