Claudia Pedoni
di Emanuela Addario
“Mettetevi una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio”, è l’appello dei terremotati ospiti del Natural village di Porto Potenza alle istituzioni. “Non siamo pacchi postali e siamo stanchi di essere spostati da una parte all’altra”, dichiarano in coro i 240 sfollati. Disperazione e rabbia per la situazione di incertezza in cui stanno vivendo gli ospiti del camping lungo la costa potentina. Una disperazione composta e vissuta con estrema dignità tra le pareti delle casette in cui si trovano da quei tragici giorni del sisma. “Non abbiamo intenzione come comunità di spostarci – spiega Claudia Pedoni di Visso –. Sulla scelta la comunità è coesa. Qui nel villaggio siamo riusciti in qualche modo a ricreare il nostro paese e vogliamo mantenere la nostra identità. Ci è rimasta solo quella. Abbiamo effettuato una raccolta di 200 firme, la quasi totalità degli ospiti, per chiedere di non spostarci verso Numana e Sirolo, come previsto dalla Regione. Le difficoltà sono oggettive. Ci sono molti anziani che sono già al terzo spostamento e non ce la fanno più, ci sono universitari che già hanno molte difficoltà per raggiungere le sedi di studio, ci sono intere famiglie di lavoratori che ogni mattina impiegano oltre un’ora e mezza per raggiungere i posti di lavoro. In questo campeggio abbiamo trovato un equilibrio e abbiamo diritto di vivere in maniera serena e dignitosa.”
Anna Maria Fiscaletti
La donna racconta, poi, della riunione che si è svolta mercoledì sera nella hall del camping tra terremotati e l’assessore regionale al Turismo Moreno Pieroni. “E’ arrivato con un pacchetto preconfezionato di spostamento in massa al Green garden di Sirolo. Noi abbiamo messo sul tavolo le 200 firme e ci siamo fermamente opposti”, spiega. Pieroni ci ha messo la faccia ma i terremotati si sono ribellati alle scelte della politica regionale. “E’ una questione di soldi. La direzione del campeggio ha dichiarato che a oggi ha prenotazioni per il 40 percento degli alloggi. Se la Regione pagasse qualcosa in più ci farebbero rimanere”, confida un altro terremotato. “Sono già due volte che ci spostano – dice Anna Maria Fiscaletti di Visso -. Ho una certa età e non ce la faccio più. Prima ero al residence Mimosa ma lì le casette erano troppo piccole per 4 persone”. Decisi a rimanere anche Quinto Mattioli di Visso e Renato Marzioli di Ussita. “Andare di nuovo in un altro posto è dura. Sono stato un mese a Tortoreto prima di venire qui, non ce la faccio più- dice Quinto Mattioli -. Ho girato tre strutture prima di questa. All’inizio un agriturismo che mi sono pagato da solo, poi Offagna e poi il Bellamare a Porto Recanati.
Renato Marzioli
“Ora sono qui e non ho la forza per spostarmi di nuovo – spiega Renato Marzioli-. A Ussita non si è mossa una paglia. Ancora ci sono le macerie, la strada per andare a casa è bloccata. Chissà quando potremo rimetterci piede. Già questo per noi è un disastro”. Al Medusa di Porto Recanati, dove di sfollati ne sono rimasti poco più di un centinaio, la situazione sembra essere molto più tranquilla. “Di soluzioni ce ne sono ben poche – dice Juri Spitoni, rappresentante del gruppo di sfollati di Camerino, Fiastra , Ussita e Visso -. Noi non abbiamo firmato la petizione perché abbiamo scelto di spostarci dove le istituzioni ci propongono. Molti sono andati via in maniera autonoma”. Domani mattina in Regione è previsto un incontro tra l’assessore Pieroni e i vari sindaci delle zone del cratere.
“I terremotati non sono pacchi” Petizione contro i trasferimenti: raccolte oltre 10mila firme
Juri Spitoni
Quinto Mattioli
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Sette mesi di menefreghismo nei confronti di coloro che hanno perso tutto a causa del terremoto. Invece di aiutare gli sfollati a riavvicinarli ai loro beni prima possibile per potersi riorganizzare per una vita migliore, continuano a sbatterli da un posto all’altro e impaurirli con possibili reati senza senso che potrebbero incorrere se provano a riorganizzarsi in proprio con i loro sacrifici. Questo è l’aiuto che da l’inutile ente locale più grande esistente da quarantasette anni.