di Giuseppe Bommarito
Impressionati dagli incendi verificatisi quasi in contemporanea nelle ultime ore al Cosmari di Tolentino ed alla Giustozzi Ambiente di Montecassiano, comunque preoccupanti – al di là delle cause, ancora tutte da accertare – per l’enorme entità dei danni, per la loro sostanziale contemporaneità, per il settore merceologico colpito, quello dei rifiuti, particolarmente caro, come è noto, alle ecomafie in vista degli ingentissimi profitti e dei notevoli margini di illegalità che esso consente di realizzare, molti, per le fiamme scoppiate nell’ultima notte anche in un impianto di autolavaggio a Civitanova, non hanno potuto fare a meno di pensare, con un ovvio collegamento di idee, alla lunga scia di incendi che da tempo sta concentrandosi nel nostro più importante centro costiero e nei suoi immediati dintorni, suscitando perplessità ed allarme nell’opinione pubblica.
Ecco quindi una breve sintesi degli ultimi inquietanti accadimenti. Proprio a gennaio, apparentemente per un corto circuito, nella notte va a fuoco il capannone della ditta di spedizioni Gls a Santa Maria Apparente. Passa un mese e, sempre nelle ore notturne, si scatena un rogo di incerta causa all’imbocco del porto di Civitanova: le fiamme questa volta distruggono lo yacht Attitia, un’imbarcazione in rimessaggio presso lo scalalaggio Anconetani, con ingenti danni. A marzo compaiono nella cronaca locale due bottiglie incendiarie, lanciate nottetempo al fine di attizzare il fuoco, e quindi con finalità palesemente intimidatorie, contro una villetta in via Gnocchi di Civitanova, abitata da una persona, tale Gilberto Petrini, che poche ore dopo si sarebbe dovuta recare in tribunale per un’udienza relativa ad un procedimento penale per spaccio di stupefacenti.
Una breve pausa, e dopo circa un mese si ricomincia alla grande: un furgone Fiorino, di proprietà di una persona maceratese già nota agli inquirenti, con il favore delle tenebre viene prelevato da sconosciuti a Civitanova, portato a Trodica di Morrovalle dinanzi al night club Eden e qui dato alle fiamme. Indubbio il dolo, così come nel successivo incendio notturno, a metà maggio, allorchè i vigili del fuoco accorrono a tutta velocità in via Einaudi di Civitanova per spegnere l’improvviso rogo di un locale della cosiddetta movida, il Dolce & Co, aperto solo da pochi mesi da imprenditori abruzzesi ed evidentemente già finito nelle mire del racket: i danni, ad una prima e prudente stima, ammontano a più di 80mila euro. Trascorre un altro mese e di nuovo le fiamme divampano rovinosamente nella città di Civitanova, in un edificio di via Vivaldi: qui, nel cuore di giugno e per cause da accertare, si sviluppa infatti l’ennesimo rogo, questa volta nel tardo pomeriggio, nell’abitazione al primo piano di proprietà di un imprenditore del settore nautico, Giovanni Paci.
Subito dopo c’è un’improvvisa ed ancora più minacciosa accelerazione nel fenomeno degli incendi. Il 27 giugno, alle prime luci dell’alba, prende fuoco a Potenza Picena il deposito della Futura Conglomerati: le taniche di liquido infiammabile trovate sul posto non lasciano dubbi alle forze dell’ordine sulla dinamica dell’evento delittuoso. Sicuramente doloso è anche l’ultimo episodio di questa angosciante carrellata: nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 luglio ignoti danno fuoco all’impianto di autolavaggio della Vulcangas di proprietà del civitanovese Danilo Benedetti, colpito quasi in contemporanea anche con l’incendio dell’insegna di un altro suo autolavaggio sito nei pressi dell’imbocco dell’autostrada A14.
Un capitolo a parte meritano in questo fiammeggiante resoconto gli incendi delle autovetture sempre in quel di Civitanova, una vera e propria piaga anch’essa in preoccupante escalation negli ultimi mesi: a marzo 2015 brucia una vecchia Golf in via Campania; a maggio si incendiano due auto, dapprima una Citroen C3 in via Conchiglia e poi una Mini Minor in via Torquato Tasso; a giugno la prima a prendere fuoco è una Land Rover in via IV Novembre, seguita a distanza di pochi giorni da una Fiat 500 e da una Lancia Y, entrambe parcheggiate in via Mazzini. Incerte, e forse varie, le cause di tutti questi incendi: dall’autocombustione per corto circuito degli autoveicoli all’azione dolosa di qualche piromane, in circolazione nelle ore notturne per dare sfogo alla sua pazzia oppure perché animato da finalità intimidatorie ed estorsive.
Insomma, un quadro che, anche all’esito di una sommaria disamina, appare di estrema gravità sul piano sociale e dell’ordine pubblico, sul quale tuttavia l’Amministrazione Comunale di Civitanova, benchè il suo territorio sia chiaramente al centro di un attacco virulento e sempre più massiccio, rigorosamente tace, come a dire: piegati giunco perché passa la piena, e poi (fallace illusione!) tutto tornerà come prima.
Due auto in fianne lo scorso mese a Civitanova
In realtà, non sembra possano esservi dubbi sulla provenienza di questo vero e proprio incubo, proliferato ed aggravatosi nel tempo proprio per l’incomprensione del fenomeno e perché le istituzioni, non solo quelle locali, si sono fino ad oggi preoccupate di far passare, nonostante l’evidenza, la bella e tranquillizzante favoletta dell’isola felice.
A fare fuoco e fiamme, nella stragrande maggioranza dei casi segnalati, e forse anche nel caso di altre intimidazioni minori per paura nemmeno finite sulle pagine dei giornali, sono infatti le grande organizzazioni criminali, ormai stanziali sul nostro territorio e non più solo protagoniste di semplici ed occasionali infiltrazioni, da tempo impegnate in un’attività estorsiva a tappeto su tutta la fascia costiera maceratese e fermana.
Nelle Marche invero le mafie nostrane prosperano da tempo, ed in primo luogo sul versante palesemente criminale (prostituzione, racket, usura, gioco d’azzardo e soprattutto droga, in arrivo in enorme quantità a seguito del grande incremento di produzione di oppio che si è registrato in Afganistan negli ultimi due o tre anni), favorite dallo scarso allarme sociale, dalla ridotta consapevolezza del fenomeno, dalla presenza di un grande porto utilizzato come terminale della rotta balcanica dell’eroina, dall’esistenza di una veloce arteria di collegamento qual’è l’autostrada, dalle alleanze stipulate nel tempo per il lavoro più sporco con organizzazioni malavitose di estrazione straniera (bande nigeriane, magrebine, pakistane – queste ultime ormai dominanti nel traffico di eroina, sostanza in largo aumento anche tra gli adolescenti marchigiani, seppure nella versione “fumata” –, ma anche albanesi, romene, serbe).
Ma le organizzazioni criminali mafiose, dopo aver già interamente colonizzato a livello economico l’Emilia-Romagna, sono in fortissima espansione nelle Marche, con una speciale predilezione per il territorio del maceratese, anche sul versante altrettanto criminale, anzi, ancora più pericoloso, del riciclaggio e dei grandi e piccoli investimenti finalizzati a immettere nell’economia legale milioni e milioni di euro sporchi di sangue e di droga. Nelle Marche sono sorti negli ultimi anni enormi centri commerciali sui quali – come è noto per specifiche indagini avviate dalla Direzione Distrettuale Antimafia – pesa l’ombra nefasta e preoccupante del riciclaggio su grande scala effettuato da personaggi d’importazione che si direbbero legati a consorterie criminali tristemente famose: il clan catanese Santapaola e quello foggiano dei Savignano. Nella provincia di Macerata, e specialmente nella fascia costiera, esauritasi ormai l’espansione immobiliare a seguito della fortissima crisi economica tuttora in atto e dato fondo al fenomeno dei compro oro, il mirino dei grandi riciclatori mafiosi (il riferimento principale in questo caso pare essere al clan ‘ndranghetista dei Mellino, operante da tempo anche in Romagna e qui protagonista pure di episodi di sangue puniti con l’ergastolo) è ormai centrato nel settore dei bar, delle pizzerie, della ristorazione, delle sale giochi, in una parola degli esercizi pubblici creati o rilevati a getto continuo (anche se in perdita) per funzionare come centri di scontrinaggio e riciclo. Un fenomeno di sempre maggiore radicamento, fatto di capitali sporchi e di società inquinate, che si evidenzia anche per l’arrivo dalle nostre parti (riscontrato in alcuni ordini professionali) di diversi professionisti non alle prime armi provenienti dalle regioni del sud, i quali, senza avere ovviamente una clientela già consolidata e per motivi apparentemente inspiegabili, di recente iniziano a pervenire in zona e a stanziarvisi.
Insomma, occorre aprire bene gli occhi e tenere presente che le mafie, quelle vere, non qualche smarrito mafiosetto di periferia, stanno infettando il corpo socio-economico anche delle Marche, anche della nostra provincia, con delle metastasi destinate a diffondersi sempre più velocemente grazie ad istituzioni che si ostinano a non vedere o che preferiscono non vedere. E grazie pure a personaggi che, per meglio nascondere la propria caratura criminale e per operare più efficacemente, cercano persino di ottenere intorno a sé prestigio e consenso sociale e istituzionale.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
è un pezzo che è arrivata qua… e quandoi fa gesti eclatanti vuol dire che è ben impiantata,,,
Caro Peppe la tua è una preoccupante analisi dettagliata che conferma i sospetti di quanti come me avevano percepito che qualcosa nella nostra Provincia stava cambiando da tempo. Sopratutto il fiorire dei centri commerciali a poca distanza l’uno dall’altro e con un bacino di utenza sempre invariato. Quindi non bisogna essere investigatori sopraffini ma semplicemente essere in possesso di buon senso e razionalità. Per il resto la tua documentata esposizione getta un’ombra pericolosissima sul nostro già precario tessuto produttivo. Comunque bravo Peppe a portarci con i piedi per terra, purtroppo . Ma te lo ricordi il vecchio detto ” non disturbate i cani che dormono ” che ci sbattevano in faccia tutte le volte che i ponevamo in anticipo problemi che inevitabilmente e con molto ritardo sarebbero arrivati puntualmente anche noi ? Ora le statistiche parlano chiaro. La criminalità organizzata agisce ed è inserita un po ovunque. Speriamo che i fatti di questi giorni non siano solo l’inizio di un più massiccia presenza criminale. Confido in un risveglio delle forze politiche e sociali e nelle forze dell’ordine che nonostante la mancanza di uomini e mezzi stanno facendo il massimo.
Avvocato, questo settore, quello dei rifiuti, non’è particolarmente caro solo alle ecomafie, ma lo è anche al PD a tutti i livelli…
Analisi assolutamente condivisibile. Aggiungerei che le mafie attecchiscono laddove o le istituzioni allentano la presa, o sono gestite da incapaci o da persone vili che si voltano dall’altra parte per mantenere dei miserrimi privilegi.
All’analisi di Bommarito mi permetto di aggiungere due note sparse:
1) La politica è sempre interessatissima a far costruire questi nuovi, inutili, nefasti centri commerciali. Stupidità, o parte da dividere? Grazie al ricorso di Della Valle, a Sant’Elpidio a Mare abbiamo potuto scoprire che lo stesso sindaco (se non sbaglio, del PD) era socio del nuovo centro commerciale costruito per fare concorrenza alla produzione locale.
2) Il presidente di Cosmari ha rivelato, dopo l’incendio, che è in atto un piano di esternalizzazione delle lavorazioni. A chi stanno andando i lavori che in precedenza il consorzio pubblico svolgeva bene autonomamente? Chi ha deciso queste esternalizzazioni? L’odore che si spande attorno all’incendio è quello di liquido accelerante?
Grazie per questo articolo, che fotografa efficacemente la situazione. Ora sta a noi decidere di vedere o non vedere, denunciare o tacere omertosamente.
certe cose non accadono senza connivenza
E’ palese, quando si vuole, esternalizzare lavori che portano guadagno agli enti pubblici, è la conferma di intrallazzi sporchi,molto sporchi.
Ceriscioli non dice nulla in merito?
Ceriscioli non dice nulla in merito?
Caro Giuseppe, un altro ottimo pezzo. Tu sai bene che la mafia attecchisce dove c’è paura., perché la
mafia non può fare a meno dell’omertà. E allora quale può essere l’antidoto affinché la mafia non dilaghi se non la diffusione della cultura della legalità tra di noi, nel nostro tessuto sociale?
Meditiamo….
Nicola Lalla – Segretario Generale Provinciale COISP
L’articolo dell’avvocato Bommarito, mi pare abbastanza chiaro e presenta la realtà per quella che è. La “mala” è dentro la nostra terra e dentro i grossi affari della ns regione. Quello che mi inquieta ancora di più, è l’ultima frase dove scrive di “personaggi che …hanno caratura criminale…. e cercano prestigio …..istituzionale” . quest’ultima frase lascia intendere che le istituzioni hanno referenti importanti al loro interno.
Bravo Bommarito!
Mi pare che, sempre sulla costa, un paio di anni fa presero fuoco (ma poi delle indagini non si è più saputo nulla) un paio di fabbriche del settore calzaturiero…
Per Andrea Merlini
Volevo dire, nella parte finale dell’articolo, che certe Amministrazioni Comunali, anche quelle che si riempiono la bocca di frasi altisonanti contro la mafia, fanno finta di non vedere con chi stanno trattando ed assecondano i disegni di personaggi altamenti sospetti di trovare consenso e radicamento nell’opinione pubblica. Insomma, come sempre, “pecunia non olet”.