“Tre anni di lotte per avere l’affido,
ora chi ha sbagliato deve pagare”
Lo sfogo del padre di Simone

IL DELITTO DI SAN SEVERINO - Enrico Forconi vuole giustizia per il figlio: "Le mie parole sono state inascoltate". Fissata l'autopsia sul corpo del bambino e l'interrogatorio di garanzia per la mamma accusata di omicidio aggravato. I difensori chiederanno che la donna venga ricoverata in una struttura psichiatrica. Trovato il cellulare vicino al corpo del 13enne. Ha cercato di chiedere aiuto prima di essere accoltellato. Al telefono con il padre nell'ultima chiamata delle 20.54 "Fai presto"

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Enrico Forconi, il padre di Simone

Enrico Forconi, il padre di Simone, la sera dell’omicidio (foto Picchio)

di Marina Verdenelli

«Erano tre anni che lottavo per avere la custodia esclusiva di mio figlio. Tre anni di parole inascoltate. Adesso qualcuno dovrà pagare per questa morte, io voglio giustizia, non si può far finta di niente. Chi ha sbagliato deve venire fuori, per il bene di Simone». Vuole giustizia Enrico Forconi, padre del bambino di 13 anni ucciso a coltellate dalla madre il giorno della vigilia di Natale. La invoca con tutte le forze che gli rimangono e che gli danno ancora un motivo per andare avanti. Intanto è stata fissata l’autopsia sul corpo del 13enne e l’interrogatorio di garanzia per la madre. Simone prima di morire ha chiamato il padre al cellulare «Fai presto» gli ha detto. Forse aveva capito quello che la madre stava per fare.

INTERROGATORIO E AUTOPSIA. Domani mattina (sabato 27 dicembre) si terrà l’interrogatorio di garanzia per Debora Calamai, in carcere, davanti al gip Domenico Potetti. La donna è accusata di omicidio aggravato. All’esito dell’interrogatorio il pm Luigi Ortenzi valuterà se chiedere una perizia psichiatrica sulla donna che dovrà svolgersi con la formula dell’incidente probatorio. Gli avvocati di Calamai, difesa dai legali Mario Cavallaro e Simona Tacchi, chiederanno come misura cautelare alternativa al carcere una struttura psichiatrica dove ricoverare la donna in attesa del processo. Gli stessi hanno già fatto presente che chiederanno anche una valutazione sulla incapacità di intendere e di volere della donna al momento di compiere l’omicidio del figlio di 13 anni.

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Il pm Luigi Ortenzi (il primo a sinistra) sul luogo del delitto a San Severino

Sempre domani mattina verrà assegnato l’incarico al medico legale Adriano Tagliabracci di eseguire l’autopsia sul corpo di Simone. L’esame autoptico verrà eseguito subito dopo l’incarico, alle 9, all’ospedale di Camerino per poter così restituire la salma del bambino ai familiari in tempi non troppo lunghi e utili per fissare il funerale. La salma attualmente si trova all’obitorio dell’ospedale di San Severino. In matinata verrà trasferita.

Simone con papà Enrico

Simone con papà Enrico

IL PADRE – Il dolore per la perdita del figlio non passerà mai per Enrico Forconi che ora vuole che si faccia chiarezza sul percorso giuridico che lui aveva intrapreso prima con la separazione e poi con il divorzio. «Avevo parlato con la dottoressa che seguiva la mia ex moglie – dice Forconi – lei era in cura al distretto di San Severino dove c’è una sezione del dipartimento di Salute Mentale. Ma i tempi sono troppo lunghi, troppo». A gennaio era stata fissata un’udienza con un apposito accertamento medico che avrebbe dovuto stabilire se Debora Calamai era ancora in grado di avere il requisito di genitorialità per la custodia del bambino. Padre e madre avevano l’affidamento congiunto dopo la separazione del 2010 e la fine del loro matrimonio. La custodia del bambino però era affidata alla donna tanto che Simone dormiva a casa della madre anche se il papà spesso cercava di tenerlo con sé a seguito di un peggioramento notato nella 38enne. Proprio a seguito del peggioramento dello stato psicofisico della donna l’ex marito stava lottando per l’affidamento esclusivo. Anche i parenti di Calamai, la 38enne ha il padre e una sorella, tutti a Firenze, città di origine della donna, avevano cercato di aiutare la mamma di Simone chiedendole di tornare in Toscana per farsi curare. «Lei ha sempre rifiutato – prosegue Forconi – diceva che se stava male la colpa era solo la mia». I parenti della donna hanno telefonato al papà di Simone dopo la tragedia ma ancora non avrebbero raggiunto San Severino. Forse lo faranno nei prossimi giorni. Anche la loro famiglia è sconvolta.

Gli investigatori sul luogo del delitto (foto di Guido Picchio)

Gli investigatori sul luogo del delitto (foto di Guido Picchio)

INDAGINI – Sul fronte investigativo la dinamica è ormai stata chiarita dagli inquirenti. Simone è stato ucciso con diverse coltellate.  L’autopsia stabilirà quante e quali quelle mortali. Il bambino aveva ricevuto una prima telefonata del padre la sera della vigilia, durante la cena a casa con la mamma, alle 20,20. Poi alle 20,54 il bambino ha chiamato il padre dicendogli di raggiungerlo perché insieme avrebbero costruito un furgone con le costruzioni della Lego che la mamma gli aveva regalato (leggi l’articolo). Simone aveva detto «Fai presto» forse spaventato dal comportamento della mamma che poi lo ha ucciso. Il corpo è stato trovato sul pianerottolo, fuori dall’appartamento, lì è corso Simone nel tentativo di fuggire. Vicino al corpo, a terra, c’era il suo cellulare, quello con cui aveva chiamato il padre pochi istanti prima. Debora Calamai dopo il fatto è uscita dalla palazzina di via Zampa e si è seduta su una panchina come se nulla fosse. Ai primi soccorritori avrebbe detto: «Sono contenta di averlo fatto, se lo meritava, me lo volevano portare via».

 



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