La beata Mattia non sarà santa?
A rischio il processo di canonizzazione

MATELICA - A dirlo è il vescovo Giancarlo Vecerrica: "Pensare che eravamo quasi arrivati al traguardo, dopo che la Chiesa aveva valutato autentico il miracolo della guarigione del farmacista D'Anna". Bloccate anche le analisi sul sanguinamento della clarissa: "In simili casi adesso si archivia"

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Il vescovo Giancarlo Vecerrica

Il vescovo Giancarlo Vecerrica

 

di Maurizio Verdenelli

La “beata che sanguina” non diverrà santa. Un paradosso amarissimo, una contraddizione negli stessi termini? Assolutamente no: questo l’epilogo ormai incombente su una vicenda che continua a commuovere l’Italia, al centro di un’attenzione mediatica elevatissima. “Tuttavia il fenomeno sta scemando”. Non aggiunge “grazie a Dio” ma lo si intuisce perfettamente dalle poche parole che questa mattina scambia con chi scrive monsignor Giancarlo Vecerrica, nell’aula consiliare del comune di Macerata al termine della conferenza stampa sul 36esimo Pellegrinaggio Macerata-Loreto di cui il vescovo di Fabriano-Matelica è il fondatore. Non ci saranno, tra le migliaia di intenzioni di voto (giunte al comitato organizzatore via sms, mail, posta ordinaria, fax) per le preghiere dei pellegrini, una dedicata alla beata Mattia Nazzarei di Matelica. “Preghiera e silenzio” scongiura ‘don Giancarlo’. Che poi si lascia andare ad una considerazione improntata all’amarezza: “E pensare che eravamo arrivati al traguardo della canonizzazione! La Chiesa aveva valutato come un autentico miracolo la guarigione del farmacista napoletano, dottor Alfonso D’Anna sopravvissuto al cancro ai polmoni nell’87 per intercessione della Beata”. Adesso? “Adesso la Chiesa in casi come quelli segnalati dal 24 maggio in poi, è categorica. Archivia e basta! Non se ne riparla più!”. Fa anche un gesto preciso con le mani, monsignor Vecerrica. Ripetendo: “Silenzio e preghiera”. Non a caso ieri mattina sul sagrato di San Pietro, nei lunghi minuti del loro colloquio, papa Francesco non ha fatto al vescovo di Fabriano-Matelica alcun cenno del ‘caso matelicese’ di cui da giorni e giorni parlano i media nazionali a cominciare dal popolare contenitore del pomeriggio di Canale 5. Il dialogo, come riferiamo in altra parte del giornale, ha avuto come tema esclusivamente il pellegrinaggio che quest’anno, dalla mole di adesioni, pare destinato a superare il record di presenze eccezionale del 2013: centomila! Della “beata che sanguina” nulla. E nel tentativo concreto di salvare quella che fino all’altro ieri pareva l’ormai certa canonizzazione della clarissa matelicese del ‘300, sono state bloccate in extremis pure le indagini sull’umore sanguigno prelevato dalla teca piombata in cui è racchiuso il corpo sotto l’altare nella bellissima chiesa restaurata da Enrico Mattei.

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La reliquia della beata Mattia

Davanti al quale sono sfilate migliaia e migliaia di persone a tutt’oggi ‘scaricate’ anche da venti pullman nel week scorso. Mettendo in crisi la ricettività dei locali pubblici della città e mandando pure in tilt i servizi igienici. “Non è necessario verificare l’origine del liquido” aveva detto nei giorni scorsi, monsignor Vecerrica che fra un anno lascerà il suo incarico, per raggiunti limiti d’età. Non solo non è necessario – si è saputo oggi – ma addirittura provvidenziale se si vuole salvare in extremis la ‘santità’ della beata Mattia, già certificata dal miracolo dell’87. A rivelarlo fu proprio chi scrive, su Il Messaggero. Scambiai poche parole, in quella domenica autunnale piena di sole, con il dottor D’Anna. Era un uomo che non aveva creduto sino ad allora e che, poi raggiunta la convinzione scientifica di essere stato salvato non dalla medicina (che lui farmacista conosceva e praticava) continuava tuttavia ad essere piuttosto prudente proprio per evitare “sensazionalismi”. Prudente e circospetto, il dottor D’Anna: e questo aiutò molto la “causa” della beata ora messa seriamente in pericolo dai “viaggi” suscitati dall’emozione di un fenomeno “tutto da capire” dice monsignor Vecerrica. Che aggiunge e ribadisce: “In casi come questi, la Chiesa archivia!”. “E non si parli sopratutto di miracolo o prodigio”. Il momento è davvero difficile per Matelica da secoli stretta con vero slancio affettivo alla propria “santa” e pure per il monastero. Dalla grata non s’affaccia più da giorni, per timore di rispondere alle domande di qualche giornalista, la superiora suor Rosaria Maria. Sulla stessa linea le altre 14 consorelle a cominciare dalla precedente badessa, suor Rosa Maria Papa che nel pomeriggio di sabato 24 maggio, ai primi clamori intorno al corpo “sanguinante” della beata in un santuario improvvisamente affollato di fedeli, invalidi e candidati politici, aveva lasciato per qualche giorno il monastero per la nativa Città della Pieve per svolgere il proprio compito di elettrice in Umbria. Ma, adesso, che sarà della beata? “Silenzio e preghiera” raccomanda per l’ultima volta, prima di ripartire per Ancona, don Giancarlo. Che sabato guiderà, con la croce in mano, il “popolo in cammino” verso Loreto, pregando in cuor suo – siamo sicuri – perché papa Francesco “non archivi” la causa della suora devota a Santa Chiara.



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