di Giancarlo Liuti
Non tutto – anzi, poco – va a gonfie vele in questi tempi flagellati dalla crisi economica, ma quando si realizzano fatti che pur limitati a uno dei molteplici campi della vita sociale sono tuttavia capaci di accendere una luce di fiducia sul presente e sul futuro di un’intera città sarebbe assurdo non salutarli con piena soddisfazione. Mi riferisco al restaurato “piano nobile” di Palazzo Buonaccorsi, che, col trasferimento, lì, della pinacoteca d’arte antica e, presto, nel piano superiore, di quella d’arte moderna, entrambe, fino a ieri, nella Biblioteca Mozzi Borgetti, è diventato la sede viva e pulsante del “ cuore” di Macerata. Un tesoro, questo, che va ben oltre l’eccezionale valore della Sala dell’Eneide (anch’essa già restaurata e oggetto, da sola, di incanto da parte di visitatori italiani e stranieri) ed è un’immagine completa e compiuta dell’amore di una città per la propria cultura e per la propria bellezza. Due parole – “cultura” e “bellezza” – che per troppi anni sono state considerate superflue se non perfino ostacoli al benessere materiale della popolazione (e tuttora, quando si spende denaro pubblico per farle conoscere a vasto raggio, subito affiora il sospetto che tali risorse siano state sottratte ai bilanci quotidiani delle famiglie). Due parole, però, che finalmente si comincia a capirle, nel Governo, nel Parlamento , nelle Regioni e nei Comuni, come la più importante carta da giocare per il domani dell’Italia su scala europea ed extraeuropea.
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Visitare il “nuovo” Palazzo Buonaccorsi non significa soltanto ammirare com’era Macerata tre secoli fa ma anche ammirarla com’è oggi, dopo i lunghi e impegnativi lavori – il lavoro “si mangia”, no? – che hanno proiettato nell’attualità il suo monumento più prestigioso, lavori che la maestria fotografica di Romano Folicaldi ha colto nel loro svilupparsi documentando il rapporto fra la concreta manualità dell’uomo – il lavoro, il lavoro – e l’indefinibile ma universale idealità della bellezza. Un passato, dunque, che diventa presente. Non basta vederlo come si vede un museo di cose che suscitano nostalgie per un’avvenenza troppo lontana. Chiudere il passato in un museo sarebbe stato sì affascinante, ma Palazzo Buonaccorsi, oggi, s’immerge nella contemporaneità. E con l’accogliere in sé le opere pittoriche del Quattrocento e del Novecento, con la tecnologia elettronica delle carrozze di un tempo a bordo delle quali si possono immaginariamente raggiungere i centri più suggestivi della provincia, coi sistemi digitali per dialogare e interagire col pubblico e con le più avanzate pratiche del restauro e della conservazione, questo luogo è testimonianza di una città orgogliosa di essere, oggi, com’è.
E’ una storia lunga, questa, che inizia nel 1967, quando su volontà del sindaco Giuseppe Sposetti l’intero palazzo cessò di essere residenza privata di un’antica famiglia nobiliare e divenne proprietà del Comune, ossia della comunità dei cittadini. Il fiore all’occhiello era la Sala dell’Eneide, che a mano a mano, nel corso degli anni, fu poi protetta dal rischio di degrado e divenne sede di conferenze, convegni e altre importanti manifestazioni. Nessuno dei sindaci succedutisi fino al Duemila (Ireneo Vinciguerra, Carlo Cingolani, Carlo Ballesi, Gian Mario Maulo e Anna Menghi) si dissociò dall’imput iniziale e tutti assunsero iniziative di protezione e valorizzazione di quel gioiello. Coerente, fra l’altro, la provvisoria assegnazione di una parte non piccola del palazzo all’Accademia di Belle Arti.
Ma la svolta decisiva, quella verso il salto del “Buonaccorsi” ad autentico “cuore” del centro storico della città, si ebbe a partire dal Duemila con le due amministrazioni – soprattutto la seconda – del sindaco Giorgio Meschini. Fu in quegli anni, infatti, che prese corpo la visione del ruolo centrale da far assumere al palazzo sia col trasferimento – lì, nel seminterrato – del Museo della Carrozza, sia col restauro radicale della Sala dell’Eneide, sia con gli importanti lavori di ampliamento degli spazi “librari” della “Mozzi Borgetti” (quattrocentomila volumi e manoscritti) sotto piazza Vittorio Veneto, che già prefiguravano il disegno di portare al “Buonaccorsi” le due pinacoteche (decisivi furono i finanziamenti statali per i danni del terremoto del 1998, che consentirono di fare ciò che prima non era stato possibile).
Infine, con l’avvento, nel 2010, del sindaco Romano Carancini, il passaggio conclusivo: il monumentale e complesso restauro delle ben tredici sale del “piano nobile” che immettono nella Sala dell’Eneide per fare spazio alla galleria d’arte antica (entro dicembre, questo è l’impegno, la galleria d’arte moderna avrà sede nel piano superiore). Restauro affidato a specialisti d’alto livello e protrattosi per anni, avvalendosi , come in precedenza, di risorse nazionali, regionali e locali. Un merito da attribuire al sindaco Carancini? Ovviamente sì. Ma, come ho cercato di spiegare, è il compimento di una lunga storia iniziata nel 1967 e proseguita – con alterne vicende ma senza passi indietro – fino ad oggi. Qualcuno, considerando la sua legittima soddisfazione (lui dice “felicità”) per aver tagliato l’ultimo e il più difficile traguardo, insinua che si tratti di campagna elettorale in vista del voto dell’anno prossimo. Ebbene, è una sciocchezza, nella quale si nasconde il virus tutto maceratese di storcere il naso anche sulle cose ben fatte. Altri nomi? Quello dell’assessore ai beni culturali Stefania Monteverde, appassionata e tenace sostenitrice dell’impresa finale, quello di Alessandra Sfrappini, dirigente comunale, dal 1988, prima del settore “biblioteche” e poi del più ampio settore “cultura”, che ha seguito giorno per giorno – e non è stato un impegno da poco – l’andamento dei lavori, e quello dell’artista Nino Ricci, che come figura di primo piano, per anni, dei Curatori della Pinacoteca ha dispensato stimoli progettuali, memorie storiche e proposte dettategli dalla propria sensibilità estetica.
Si è dunque realizzato il sogno di rendere il “Buonaccorsi” il fulcro del centro storico cittadino lungo un percorso di bellezza che inizia dalla seicentesca facciata della chiesa di San Giovanni e dal settecentesco edificio della “Mozzi Bprgetti” (si ricordi il ripristino della “specola”, dove si raccoglievano in meditazione i gesuiti, voluto dall’architetto Mario Crucianelli), sfiora la restaurata chiesa settecentesca di San Filippo, attraversa la piazza centrale in cui spicca la rinascimentale Loggia dei Mercanti e toccando il “Buonaccorsi”, che ora ne è l’unificante sigillo, si conclude in piazza del Duomo, con la basilica vanvitelliana della Madonna della Misericordia. Non sono tante –Urbino e Ascoli, nelle Marche – le città che possono mostrare al mondo un volto di pari fascino. E anzi, per la modernità di questi ultimi interventi, Macerata balza ai primissimi posti.
Il passato? Certo. Esso è in noi, siamo noi, guai a dimenticarlo. Ma se è una virtù ricordarlo, una virtù superiore è sentirlo, divulgarlo, farlo entrare nelle coscienze popolari, renderlo vivo. Il seminterrato con le carrozze, la platea all’aperto che si orienta verso echi leopardiani, il “piano nobile” – la Sala dell’Eneide è un capolavoro assoluto – e l’eleganza del piano superiore, tutto questo, grazie a eccellenti professionisti della salvaguardia del bello, gli ha ridato una energia in cui si rispecchia la coscienza del presente e del futuro della città. I visitatori anche stranieri, per i quali le “perle” del nostro Paese sono ragione di viaggi intercontinentali, capiranno che questa è, oggi, Macerata. E ancor più lo capiranno, spero, i maceratesi.
(A corredo del testo e in basso le foto storiche di Romano Folicaldi)
I SERVIZI PRECEDENTI:
– L’ARTE ANTICA RINNOVA PALAZZO BUONACCORSI, IN ANTEPRIMA LE SALE DEL PIANO NOBILE (leggi l’articolo)
– L’INAUGURAZIONE NEL POMERIGGIO (leggi l’articolo)
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Anche un articolo può suscitare emozioni quando la protagonista è l’arte e la storia.
Gent.mo dott. Liuti,
la sua assenza da Macerata forse giustifica l’inesattezza di alcune sue affermazioni. In particolare mi rifersco al presunto “merito” che attribusce all’allora sindaco Meschini per aver dato “un ruolo centrale” al palazzo Buonaccorsi. … La verità dei fatti è che Meschini prosegui quanto aveva fatto e meso in campo l’Amministrazione Menghi, ma a mio avviso peggiorando la qualità delle funzioni e la funzionalità del Palazzo stesso. All’epoca del Sindaco Maulo furono avviate trattative per l’incarico della progettazione poi imspigabilmente arenatesi per diverso tempo. Fui io in persona, in qualità di assessore, con Anna Menghi Sindaco, a conferire l’incarico al prof. Paolo Marconi per la progetazione e il restauro del Palazzo. Io e Anna Menghi abbiamo sblocatto e avviato tale operazione con forza e determinazione, contro il parere della gran parte degli schieramenti politici dell’allora maggioranza (chiamiamola per pietà così dandogli un ruolo che non meritava) e di opposizione. Parlo delgi anni 1998!!! … In soli diciotto mesi di amministrazione, oltre ad aver sbloccato i lavori per i piani di ricostruzione, aver intercettato i fimnnanziamenti del Giubileo con il restauro dell’Asilo Ricci, abbiamo sbloccato e avviato le operazioni di resaturo del Buonaccorsi. … Con il prof Marconi (ordinario di restauro alla sapienza di Roma e promulgatore della carta del restauro “1987”) condividemmo un’ipotesi distributiva che rendeva meglio merito alla qualità degli ambienti e prevedeva una migliore, più funzionale e razionale organizzazione delgi spazi e dell’accesso al Palazzo (la famosa scala nel vicolo) rispetto a quanto oggi attuato . .. e certamente avavamo condiviso razionalmente di escludere la possibilità di collocarvi il Museo delle Carrozze per ovvie “incongruenze dimensionali”, chiamiamole così, degli spazi con le dimensione delle carozze stesse.
Di quello che sostengo è inutile che Le ricordo, essendo Lei giornalista professionista, che vi è un’ampia documentazione agli atti del Comune e vi è una copiosa rassegna stampa del periodo che testimonia, con miei ripetuti interventi, quanto ostracismo inutile e fuori luogo abbiamo dovuto combattere e superare … ripeto in soli 18 mesi o poco meno!!! … Attività amministativa, quella relativa al restaurio del Buonaccorsi, poi proseguita, come già detto con alcune differenze, dal Sindaco Meschini.
Chiarisco subito che intervengo non tanto per evidenziare un mio eventuale merito personale, di cui onestamente non mi interessa , nè credo interessi a qualcuno e tantomeno io debba dimostrare qualcosa a qualcuno, ma sopratutto, dott. Liuti, intervengo per far riconoscre il GIUSTO MERITO e la DOVUTA considerazione all’ex sindaco ANNA MENGHI che i “politicanti” maceratesi tentano e hanno tentato inanche in passato, in tuti i modi e in tutte le occasioni di far dimenticare. … Forse (e onestamente toglierei il forse) perchè per MOLTI politici e partiti maceratesi quel passato è da dimenticare per sotterrare le proprie VERGOGNE!!!!
Tanto dovevo per onorare i fatti e niente più
Placido Munafò
Dalle foto sembra vedersi che c’è stato un buffet/rinfresco: era aperto a tutti oppure solo ai soliti??
Abbiamo un Museo del Risorgimento chiuso da tempo immemorabile: visto che sembra che si siano libertati degli spazi alla Mozzi Borgetti, che fine vogliamo fargli fare a ‘sto Museo???
In aggiunta a quanto detto dal prof. Munafò aggiungo che altrettanto impegno ci fu da parte dell’allora assessore Ghergo e della Fondazione Carima che finanzio’ i costi del progetto consentendo così il reperimento dei fondi necessari al restauro. Per l’esattezza quando si insedio’ l’amministrazione Meschini mancava una minima parte di finanziamento che stanzio’ direttamente il Comune. Debbo anche dire ad onor del vero che Meschini di questo ne diede atto al momento dell’apertura di palazzo Bonaccorsi!
Tutto ciò per il rispetto della storia della città !