Dal pubblico confronto che l’altro giorno Cm ha organizzato alla Camera di Commercio (leggi l’articolo) è emerso un dato positivo, ossia la comune volontà, a prescindere dalle diverse posizioni politiche, di difendere l’esistenza della Provincia di Macerata. A mio avviso, però, un particolare risalto merita l’intervento di Piero Alberto Capotosti, già presidente della Corte costituzionale e già docente di diritto, negli anni settanta, della nostra università, il quale ha collocato la questione in un quadro nazionale e l’ha sottratta all’idea che essa venga affrontata a livello locale e regionale secondo una logica che, oggi come oggi, mi sembra ad altissimo rischio di fallimento.
Detta in soldoni, la tesi del professor Capotosti è che la soluzione dovrebbe essere perseguita sollevando – non solo Macerata e non solo le Marche – l’incostituzionalità della legge di soppressione e riordino delle Province varata dal Governo, incostituzionalità rispetto ai principi fissati nel titolo quinto della Costituzione che, a suo dire, affidano alle Regioni e non al Governo il potere di legiferare in merito alla organizzazione territoriale delle Province. Vero è che a giudizio di altri autorevoli giuristi il ricorso potrebbe essere respinto dalla Consulta, ma si dà il caso che il Governo, non potendo escludere che il ricorso venga accolto, sembra orientarsi verso una modifica del suddetto titolo quinto, la qual cosa, trattandosi di revisione costituzionale, imporrebbe un lungo iter parlamentare e forse un referendum, per cui non è da escludere che la questione slitti alla prossima legislatura, dove tutto sarebbe rimesso in discussione. Staremo a vedere. Intanto credo – ma la mia è una sensazione da quasi profano – che in questo modo la salvezza della Provincia di Macerata avrebbe maggiori probabilità di successo di quante non ne abbia l’arroccarsi, in sede regionale, provinciale e comunale, su pur legittime ragioni storiche, sociali, economiche e culturali.
Vediamo come stanno, adesso, le cose. I criteri fissati dal Governo per tenere in vita le Province sono due: un territorio di almeno 2.500 chilometri quadrati e una popolazione di almeno 350.000 abitanti. Macerata, dunque, non è in regola, mancandole 30.800 abitanti. Idem Fermo, cui mancano 860 chilometri e 176.000 abitanti. Idem Ascoli, cui mancano 1.230 chilometri e 140.000 abitanti. Idem l’eventuale Ascoli-Fermo, cui mancherebbero più di 400 chilometri.
Ultimamente è saltata fuori l’ipotesi un po’ stravagante del senatore ascolano Amedeo Ciccanti (Udc), Il quale, in una specie di assemblea parlamentare svoltasi al bar Pierino (!), ha scoperto che tutto sarebbe in regola se Macerata cedesse a Fermo ben 500 chilometri (!) e ben 13 Comuni (!) e si facesse dare da Fabriano o da Osimo e Castelfidardo ben 40.000 abitanti (!). In tal modo sarebbe salva e lo sarebbero, accorpandosi, anche Fermo e Ascoli (immediate, qui, le ire dei fermani, cui gli ascolani non sono affatto simpatici, anche se questo pur problematico matrimonio è durato per oltre un secolo, e prima della istituzione, quattro anni fa, della Provincia di Fermo non aveva dato luogo a insanabili screzi). Sulla stessa linea, pur senza proporre belliche annessioni di terre e bibliche migrazioni di anime, si è collocato, in attesa di un pronunciamento della Regione, il cosiddetto Cal (Consiglio delle autonomie locali) che ha suggerito un ritorno all’antico, cioè la divisione delle Marche in quattro Province: Pesaro-Urbino, Ancona, Macerata e Ascoli-Fermo (di nuovo, allora, le proteste di Fermo).
Ma abbiamo già visto che rispetto ai criteri stabiliti dal governo (almeno 2.500 chilometri quadrati e almeno 350.000 abitanti) non sono in regola né Macerata, né Fermo, né Ascoli, né Fermo-Ascoli. E allora? Sono possibili deroghe? Sono possibili mutamenti di confini, annessioni, migrazioni? Sono possibili solo per le Marche? In teoria tutto è possibile, anche se ormai quei criteri stanno nelle misure di “spending review” già sostanzialmente approvate dal Parlamento. Via, siamo realisti. Resta comunque che le Marche non sono un’isola e la questione è nazionale e può essere risolta – ricorso alla Consulta o contestazione dei criteri – solo a livello nazionale, facendo squadra fra tutte le esigenze analoghe alle nostre.
Quante sono, oggi, le Province italiane? Tolte le “autonome” di Trento, Bolzano e Aosta, sono 107. E quante di esse risultano a posto con quei criteri? Oltre a quelle dei 20 capoluoghi di regione che, vedi Ancona, vi rientrano di diritto, esse sono 35. E quante sono, allora, le “fuori gioco”? La matematica non è un’opinione: sono 52. Ed eccone l’elenco, una per una: Ascoli, Asti, Benevento, Biella, Brindisi, Caltanissetta, Catanzaro, Como, Crotone, Enna, Fermo, Forlì, Grosseto, Imperia, Isernia, La Spezia, Lecco, Livorno, Lodi, Lucca, Macerata, Mantova, Massa Carrara, Matera, Monza, Novara, Padova, Pescara, Piacenza, Pisa, Pistoia, Prato, Ragusa, Ravenna, Reggio Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Savona, Siena, Siracusa, Sondrio, Taranto, Teramo, Terni, Trapani, Treviso, Varese, Vercelli, Vibo Valentia, Viterbo. Ognuna delle quali, suppongo, può far leva su ragioni storiche, territoriali e culturali, e sogna, per sopravvivere, deroghe, annessioni, migrazioni. Domanda: che senso ha, per le Marche, muoversi da sole, senza far blocco con le altre Regioni e le altre Province, quasi confidando in immaginari favori? Ben altro senso, invece, avrebbe un’azione comune tendente alla modifica, per tutti, di quei criteri – opinabilissimi, troppo ragionieristici – o, come sostiene Capotosti, un ricorso, di tutti, alla Consulta. Ma di quest’azione comune non si ha traccia, almeno per ora. E ogni Provincia “moritura” sembra volersi difendere da sola. Ma attenti: più cresce la frammentazione nel campo di chi si difende, più cresce la forza di chi ha il potere di attaccare, ossia del Governo.
Quel Governo che per quanto ci riguarda lasciò trapelare le sue intenzioni fin dallo scorso giugno – e Cm fu l’unico giornale a darne, inascoltato, notizia – allorché si delineò l’idea del “Distretto Marche Sud”, comprendente Macerata, Fermo e Ascoli, con Fermo capoluogo per ragioni di equilibrio territoriale. Da allora non se n’è più parlato, preferendo ciascuno trincerarsi nel localismo delle proprie credenziali. Ma quell’idea resta, è la più in linea coi criteri del riordino e con la “spending review”. Insomma, come nel “Don Giovanni” di Mozart, il “Distretto Marche Sud” è un “convitato di pietra” con cui non si può non fare i conti.
In che cosa, dunque, sperare per Macerata? Come ho già detto, la speranza – ultima dea – riposa esclusivamente nell’essersi accorto, il Governo, che anche per lui, forse, sarebbe meglio elaborare un disegno di legge di revisione costituzionale e quindi, in sostanza, rinviare tutto alla prossima legislatura. Speranza fondata? Non molto, temo pochissimo. In conclusione lasciatemi esprimere la mia sorpresa – meglio: il mio sbigottimento – rispetto alle posizioni di quei maceratesi che, favorevoli all’abolizione di tutte le Province, non si dichiarano contrari all’abolizione della loro Provincia anche se altre 54 resterebbero in vita. Qui vien da pensare a quel famoso proverbio sul marito che si sacrifica in un certo dolorosissimo modo pur di far dispetto alla moglie. E ancor più sbalorditive sono tali opinioni quando provengono da cittadini di Macerata. Si rendono conto di cosa accadrebbe alla loro Macerata, da sempre città di servizi, se perdesse Provincia, Prefettura, Questura e altre realtà pubbliche di ambito provinciale? Giorni fa qualcuno mi disse che con la chiusura della Banca d’Italia e il trasferimento a Iesi del cervello di Banca Marche si son persi oltre duecento posti di lavoro. Beh, quel proverbio calza a pennello.
E, cambiando discorso, calza a pennello pure a proposito di quanto ha scritto il pur bravo Marco Ricci (leggi l’articolo) sull’appello del professor Francesco Adornato per la candidatura di Macerata a capitale europea della cultura. Il suo articolo, infatti, contiene un’affermazione radicalmente sbagliata, ossia che i maceratesi sarebbero affetti da quella grave patologia mentale, minuziosamente e clinicamente descritta da lui, che va sotto il nome di delirio di onnipotenza. Abito qui da oltre sessant’anni e mi sono reso conto che, semmai, i maceratesi coltivano nell’animo un sentimento diametralmente opposto: il disamore per la loro città. La provocazione di Adornato, che maceratese non è, ha lo scopo di stimolare la coscienza comune a non chiudersi in quel mugugnare “pallido e assorto” – sto parafrasando Montale – che tarpa le ali a qualsiasi slancio, a qualsiasi iniziativa, a qualsiasi tentativo di emergere dal quotidiano. Il “delirio di onnipotenza” dell’Ulisse di Dante (“Fatti non foste a viver come bruti”) e di Cristoforo Colombo che affrontarono l’insidia mortale degli oceani per scoprire cosa ci fosse oltre le Colonne d’Ercole dovrebbe far da stella polare a chi si considera persona di cultura. E mi dispiace che Marco Ricci, stavolta, se ne sia dimenticato.
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Mi dispiace di essere fra quelli che destano il suo sbigottimento ma da cittadino maceratese non riesco proprio a condividere la battaglia per difendere l’amministrazione provinciale. lei ci considera masochisti perché rinunceremmo ai vantaggi della provincia in cambio di un dispetto verso qualcuno che dovrebbe essere la classe politica ed i suoi clientes. questa accusa non rende giustizia all’ acume e alla tolleranza che tante volte ci ha dimostrati nei suoi interventi qui a CM perche ci nega il diritto di una opinione che segue un pensiero razionale, giusto o sbagliato che sia, ma ci riconosce solo spinti dal “fumo” dell’antipolitica ( e non che non ce ne sia motivo) . In realtà, parlo per me , ma credo che sia anche il pensiero di altri, c’è l’idea che la nostra città, il nostro territorio (come l’intero paese d’altronde ) debba riuscire a tagliare il cordone ombelicale con la spesa pubblica improduttiva, con un sistema “protetto” che ci ha fatto immaginare di poter sopravvivere in un mondo stravolto dai tanti fenomeni che conosciamo rimando attaccati alle garanzie del posto in provincia , in prefettura o alla Camera di commercio. Badi bene non si tratta nemmeno di una contrapposizione pubblico privato perché allo stesso sistema di protezione fanno ricorso gli “imprenditori” che si apparecchiano il business del biogas o che “investono” nella bolla immobiliare credendo che possa procedere senza fine. Lei parla della vocazione maceratese ai servizi ma mi duole farglielo notare forse farebbe meglio parlare di vocazione alla “rendita” che è quella di chi ottiene un reddito non per le sue capacità ma perché semplicemente si trova in quel posto per grazia ricevuta o per Monopolio ( la provincia ? ) . Fa riferimento al parere dell’esimio professore che vorrebbe lasciare la ristrutturazione delle provincie al legislatore regionale . A parte che fra poco potrebbe toccare anche a loro , ma poi di che regioni andiamo parlando? Di quelle di “er Batman” o dell’assessore che si fa eleggere dalla drangheta? Meglio lasciar perdere. lei critica Marco Ricci per non riuscire a buttare il cuore oltre l’ostacolo ( bello grande nel suo caso). Forse lo stesso limite affligge la sua posizione a difesa della provincia che l’attrae per i modesti e di breve periodo vantaggi che porta con se mentre non riesce a immaginare una prospettiva certo più faticosa e complicata ma capace , secondo me, di realizzare un futuro con più prospettive.
Qualche domanda: perché si vogliono abolire o ridimensionare le province, per un semplice capriccio o per un’esigenza reale legata alla loro funzione e anche al loro costo? Non è possibile immaginare di amministare il territorio in un altro modo, senza sovrapposizioni (e contrapposizioni) di competenze?
Infine: per salvare una città come Macerata è proprio necessaria la conservazione della Provincia,organo amministrativo vecchio e per tanti aspetti superato, oppure è necessario pensare e progettare qualcosa di nuovo? Il prof. Adornato ha fatto una provocazione, perché non lavorarci un poco su? Può essere anche qualcosa di diverso dal divenire capitale europea della cultura, ma senz’altro qualcosa di diverso dall’attuale atteggiamento di rinuncia o di apatia.
Urbino nel dopoguerra ha subìto una grave crisi demografica, ma grazie a un saggio sindaco falegname e a un rettore dalle idee innovative, è riuscita a svolgere un nuovo ruolo. non è più la vecchia Urbino, ma continua a vivere ed ad avere un’importanza senz’altro maggiore al numero dei suoi abitanti.
Il carattere dei Maceratesi e la classe politica locale hanno determinato la situazione attuale. La perdita della Provincia non sarebbe solo dei Maceratesi, ma di tutto il territorio circostante: Corridonia, Petriolo, Mogliano, Loro Piceno, Tolentino, Monte San Giusto, Morrovalle, Treia, San Severino, Camerino, Civitanova Marche e così via.
Le Province, soprattutto quelle di antica storia come la nostra, sono realmente collegate con il territorio e le popolazioni. Gli accorpamenti proposti dal Governo e tollerati da chi rimane in vita sono assurdi. Le Regioni non garantiscono gli interessi dei territori e delle popolazioni quanto possono garantirli le Province.
Il Governo dei Garanti impersonato dal professor Monti è solo un governo contabile, che cerca di fare quadrare i conti. Non ha sensibilità politica. Ovviamente, per la incompetenza e la inaffibilità della Casta politica intera, il presidente Napolitano è stato costretto a chiamare un “conosciuto e stimato” Uomo della Trilaterale e del Gruppo Bilderberg, lontano dagli interessi nazionali italiani e garante della sitemazione finanziaria dell’Italia. Costi quel che costi. Il governo Monti ci sta distruggendo pure la futura forma della democrazia. Speriamo che i politici se ne rendano conto in tempo, pure perchè ormai la fuducia degli elettori è ridotta a “zero”.
E’ strano come di fronte ad un articolo come quello di Liuti, i grappoli dei detrattori della “causa maceratese” siano spariti di colpo.
Ed in effetti, la causa, come si legge, solo “maceratese” non è.
Capotosti, nel collegamento durante l’incontro pubblico, ha parlato, rispetto questa “riforma” di intervento “oltre la Costituzione” ( cosa gravissima, ma tanto ormai in Italia non ci stupiamo più di nulla).
Prendiamo atto di alcuni avvenimenti: la regione Marche non ha intenzione di proporre il ricorso costituzionale, probabilmente per motivi politici; facciamocene una ragione.
La provincia di Pesaro, fino ad oggi ( Liuti ricorda che Cronache ha parlato di questa questione fin da giugno), non aveva fiatato, probabilmente per il fatto che si era considerata “salva” ; ma è notizia di ieri che il Presidente della Provicia di PU Ricci e del Presidente della CCIAA di PU Drudi “hanno inviato una lettera ai consiglieri regionali eletti nella provincia di PU chiedendo di tener conto, nelle prossime sessioni consiliari, della proposta approvata dal CAL, che ha individuato nelle Marche 4 ambiti territoriali ottimali , escludendo categoricamente qualsiasi ipotesi di soluzione a basate su due aree vaste”: verrebbe da chiedersi come mai Pesaro si sia svegliata ora; verrebbe da rispondere che è perchè è stata chiamata in causa ora; finchè si parlava di 3 province, di Mache sud, con Macerata annessa ad Ascoli, non c’era stato alcun problema; ora che Fermo ed Ascoli “pur di far dispetto alla moglie” propongono 2 province, lo scenario vedrebbe soccombere anche Pesaro, e non a caso Ricci sostiene che “il mantenimento della Provincia di Pesaro ed Urbino rappresenta un grande risultato per la provincia,e soprattutto per la salvaguardia nel territorio dei servizi , organi ed emanazioni dello Stato , andando incontro all’interesse dei nostri cittadini , delle nostre imprese e dei lavoratori e a tutela della sicurezza, economia e coesione territoriale; basti pensare al mantenimento della Prefettura, della Questura, Comandi di Polizia, Carabinieri, GdF, Forestale , CCIAA, INPSDirezione del Lavoro, Motorizzazione, ufficio scolastico etcc et…”.
Dunque è vero: sostituite “Macerata” a “Pesaro” nel periodo precedente, e avrete quello che i sostenitori di Macerata Provincia dicono da tempo. Pesaro ha parlato solo ora perchè solo ora Fermo ed Ascoli , sempre per far dispetto alla moglie, piuttosto che 4, propongono 2 province.
Ma è vero, questo localismo non ci porta da nessuna parte: guardiamo allora cosa sta accadento su base nazionale; il Lazio ha proposto ricorso costituzionale per conflitti di attribuzione ( proprio una delle ragioni di cui parlava Capotosti); innumerevoli province ( Matera, Treviso, Sondrio, Rovigo, Lecco, Lodi, etc…)hanno proposto ricorso al TAR Lazio; il Tar lazio, pur avendo rigettato la sospensiva ( non ha ritenuto ci fossero i motivi di urgenza), ha inviato gli atti alla Corte Costituzionnale, perchè, pur non entrando nel merito della questione, ha ravvisato evidenti elementi di presunta incostuzionalità di tutta l’operazione.
Cosa succedrà, allora?
Nelle Marche: nessun ricorso, nè al tar, nè alla corte Costituzionale, ma braccio di ferro, a questo punto, fra le ipotesi 2 o 4 province; Se le Marche proporranno 4 province, lo faranno ben sapendo che i “requisiti” ( quelli tacciati di incostituzionalità) non saranno rispettati alla lettera;
Resto d’Italia: il Veneto, ad esempio, riproporrà gran parte delle province già esistenti, ricorrendo però anche alla Corte costituzionale; idem il Lazio; idem altre realtà.
La questione, come si vede, si complica e va ben oltre lo slogan un po’ miope “chiudiamo tutte le province”; la questione è articolata, e la proposta delle Marche si inserirà fra le altre 16 proposte ( molte “senza i requisiti”) che il Governo dovrà trattare. Con , in più, la questione di incostituzionalità pendente , con più ricorsi, presentati sia in via diretta che incidentale.
Auguriamoci che le Marche propongano al governo “4 circoscrizoni”; auguriamoci che il Governo affronti la questione con il fioretto (non con l’accetta); auguriamoci che i ricorsi presentati da altre realtà territoriali facciano il loro corso; auguriamoci, infine, che i nostri parlamentari facciano il loro dovere e lavorino come si deve per evitare che sul punto venga messa la fiducia.
Come si vede, il camino è lungo e ciascuno degli attori ha ancora da lavorare. La politica si riprenda il suo ruolo.
In molte Nazioni tra lo Stato e il Comune esiste soltanto un organo amministrativo nel mezzo (Provincia, Regione, Land, Shire, ecc.) questo perchè è logico e scontato che la distanza tra lo Stato e il singolo Comune dovesse essere “spezzata” d un organismo amministrativo intermedio.
SOLO in Italia abbiamo 2 organismi amminitrativi (Regioen e Provincia), forse qualcosa sarebbe da cambiare???
Volete tenervi le Province in quanto hanno una certa identità storica e culturale???
Benissimo, sopprimete allora le Regioni che, ogni giorno che passa, si dimostrano (al pari delle Province) inutili carrozoni burocratici.
Ma fate una scelta percisa, chiara e incontrovertibile: tenere in piedi Province e Regioni, allo stesso tempo, è inutile e è una grossa fonta di spreco di denaro pubblico
Caro Liuti,
finalmente leggo nel suo articolo l’espressione “La provocazione di Adornato!”,
era ora!
Secondo me non l’aveva capito nessuno, nemmeno Carancini, Mandrelli, Sellone e company che si trattasse di una provocazione…
Ora tornando alle province, ce lo dica subito che vanno abolite e ridotte a due sole come previsto, non vorrei fosse una nuova provocazione del suo articolo prossimo poi… 🙂
La malattia di Ricci, insomma, non vorrei che colpisse altri ambiti oltre che la cultura… ^^
@ Pierangeli, auguriamoci che tutto rimanga per come sempre è stato e che i costi di quest’eccesso di malamministrazione siano resi eterni da una costituzione divina.
E’ finita, per chi viveva di politica rimarranno le carcasse, rassegnatevi.