di Gabor Bonifazi
In tempi di depressione dove tutti sembrano intristiti e molti si genuflettono aspettando la fine di Macerata e soprattutto le prossime elezioni, vale la pena di andarsi a leggere una bella pagina turistica e non solo, scritta da Margaret Collier una romantica e colta donna inglese che visitò la nostra città sul finire dell’Ottocento. Il racconto è tratto da “La nostra casa sull’Adriatico”: «Meta di una nostra gita fu Macerata, una fermata favorita ai giorni della diligenza, ma ora lontana dagli itinerari dei turisti moderni. Il Baedeker però la nomina come una città in una graziosa posizione, con una università e una scuola di agricoltura. Ci si trovano libri e altri oggetti di lusso; e ci si sente più vicini alla civiltà che a Fermo, dove nonostante i quarantotto castelli e nonostante, e forse a causa che quasi tutti gli abitanti sono conti, non si vede un libro, eccettuati quelli che raccontano le cronache della città. Ma neppure Macerata è molto moderna. Dopo una piacevole scarrozzata di trenta chilometri per colline e vallate, sotto le mura di molti villaggi dall’aspetto assai originale, ci fermammo alla vecchia locanda, dove in tempi andati i viaggiatori cambiavano i cavalli e spesso passavano la notte.
Non credo che sia cambiata molto negli ultimi ottant’anni, e a quell’epoca deve essere stata altrettanto soddisfacente di altri alberghi in altre parti d’Italia, a giudicare dalle varie testimonianze scritte che ne elogiavano l’eccellenza, e che incorniciate e sotto vetro erano l’unico ornamento delle pareti. Dava un’idea delle difficoltà dei viaggi all’estero in quei giorni, leggere che quel principe tedesco e quella duchessa inglese non si erano mai trovati così bene dopo aver lasciato la loro patria. Tutto perfetto. Io non potrei dir lo stesso, e non sono né un principe né una duchessa; eppure il trattamento fu dei migliori e il conto era in proporzione. Il fritto sarebbe stato eccellente, se l’olio usato non fosse stato rancido; ci dettero del thè, per sette franchi; ma non fu
possibile ottenere una goccia di latte; e quanto alle camere, non ne ho mai trovate di più scomode.». Non ci rimane che individuare quale fu la locanda dove soggiornò la Collier prima di recarsi a Montalbano nella dimora del conte Tommaso Lauri. Tuttavia siamo certi che ora, la romantica donna inglese, avrebbe espresso il suo commento online magari su tripadvisor come fanno ora tanti argonauti che si cimentano in questo gioco, a volte con giudizi lusinghieri altre volte stroncando inesorabilmente i ristoranti in merito ai quattro parametri di valutazione: cucina, servizio, rapporto qualità/ prezzo ed atmosfera. Addio quindi alle ottocentesche guide turistiche e alle patinate guide gastronomiche con valutazioni stellari, forchette, cappelli da chef, chiocciole ecc. Addio agli Accademici della cucina e ai camionisti perché ora il giudizio sui cibi e sui conti, molto spesso appropriato lo danno i giovani clienti. Ci rende orgogliosi sapere che tra i primi dieci ristoranti delle Marche ben tre sono di San Severino: Cavallini (n. 5), da Piero (n. 6) e Osteria Ninetta (n. 9) Provare per credere.
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A leggere bene, malgrado l’inizio del racconto, per il resto non mi pare sia del tutto soddisfacente. Quella locanda, su Tripadvisor, avrebbe ricevuto un bel voto “scarso”.
@ Filosofo
Ecco l’elenco dei principali “alberghi” della Macerata di giusto centocinquant’anni fa e con la toponomastica ante metamorfosi risorgimentale:
1) Albergo della Pace in contrada Trivio n. 59;
2) Albergo della Corona d’Oro in contrada sotto s. Filippo n. 1014;
3) Albergo e Trattoria del Riccio in contrada vicolo della Rota n. 1004;
4) Albergo e Trattoria dei Tre Mori in contrada Cappuccina n. 91;
5) Albergo e Trattoria del Gallo in contrada s. Chiara n. 236;
6) Albergo del Leon d’Oro fuori Porta Romana n. 1667;
7) Albergo dei Tre Re fuori Porta Romana n. 1667;
8) Albergo (Claudiani?)condotto, e diretto da Antonio Ferrari con moltissime camere in vicolo
Monachette n. 22.