Continua l’analisi sulla situazione dei Comuni maceratesi in termini di consumo di suolo degli architetti Andrea Renzi e Ilenia Pierantoni, autori di una tesi dal titolo “Consumo di suolo nella Bassa Valle del Chienti. Tecniche di analisi e strumenti di governo”. Dopo i comuni di Corridonia (leggi l’articolo) e Civitanova (leggi l’articolo), l’esame prosegue con quello di Macerata
di Ilenia Pierantoni
e Andrea Renzi
(con la collaborazione di Marta Massetani e Riccardo Picciafuoco)
“Inutile dividere i mali italiani in compartimenti stagni: la morte della politica da una parte, l’informazione ammaestrata o corriva dall’altra, le speculazioni edilizie da un’altra ancora. Tutte queste cose sono ormai legate, fanno un unico grumo di misfatti e peccati d’omissione che mescola vizi antichi e nuovi. È l’illegalità che uccide l’Italia politica e anche quella fisica, la sua stima di sé, la sua speranza, con tutti i vizi che all’illegalità s’accompagnano: la menzogna che il politico dice all’elettore e quella che ciascuno dice a se stesso, il silenzio di molte classi dirigenti su abusivismo e piani regolatori rimaneggiati, il territorio che infine soccombe”
(Barbara Spinelli, Il grande sacco dell’Italia, La Stampa, 4 ottobre 2009)
Il Comune di Macerata si sviluppa su una superficie territoriale complessiva di 9232 ettari. Ha una popolazione di 43.019 abitanti (dati Istat 2011), con una densità media di 463,9 ab/kmq, distribuita tra il centro capoluogo e le frazioni di Sforzacosta, Villa Potenza e Piediripa.
L’analisi relativa al Consumo di Suolo evidenzia come ad oggi sia stato consumato il 9,50% dell’intera superficie comunale. A questo dato andrebbero aggiunte le superfici relative all’intero sistema infrastrutturale e gli insediamenti sparsi, difficilmente quantificabili ma che potrebbero presumibilmente portare l’indice di copertura di suolo intorno al 15%.
Il trend relativo allo sviluppo della crescita insediativa evidenzia un quadro analogo in termini temporali agli altri Comuni che compongono la Bassa Valle del Chienti, con percentuali che si innalzano di molto nel periodo 1954 – 1985 in cui sono stati costruiti la metà degli edifici presenti. Questo dato evidentemente è in linea con la crescita economica e demografica avvenuta nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale. Il periodo successivo (1984-2010), caratterizzato dalla diminuzione della popolazione, ha continuato a vedere una crescita edificatoria costante.
Un dato emergente ed allarmante è quello indicativo della dotazione di superfici ancora potenzialmente edificabili: il suolo comunale, infatti, potrebbe essere edificato per ulteriori 228 ettari (1), passando quindi dal 9,50% di suolo consumato al 11,40% .
Anno |
Popolazione |
Suolo Consumato |
% di suolo consumato sulla Sup.Comunale |
1954 |
33.137 Ab. |
30 Ha |
3,20 % |
1984 |
44.166 Ab. |
267 Ha |
2,90 % |
2001 |
40.875 Ab. |
803 Ha |
8,70 % |
2010 |
43.019 Ab. |
880 Ha |
9,50 % |
Previsioni di espansione PRG vigente al 2010* |
1047 Ha |
11,40 % |
* esclusa Variante Minitematica e Piano Casa regionale
Cercando, anche in questo caso, il conforto dei numeri per quanto riguarda lo sviluppo edificatorio, se da un lato la crescita demografica media si aggira sull’ordine dello +0,5% annuo, le quantità di crescita, o purtroppo in questo caso decrescita, relative al mondo economico non si avvicinano minimamente alle previsioni di piano relative alle aree industriali e commerciali previste, quantificabili in circa 80 ettari, in parte anche in fase di realizzazione.
Analizzando le “schede comunali” elaborate dalla Camera di Commercio di Macerata, relative al Comune capoluogo, ci accorgiamo che a fronte di 4802 imprese registrate (dato 2011), di queste solo 4264 risultano essere attive, mentre il saldo delle nuove iscrizioni (338) è negativo rispetto alle cessazioni(345).
Un altro elemento interessante che si può estrapolare dai dati disponibili è quello “abitanti insediabili” previsti dal Piano Regolatore.
La volumetria a destinazione residenziale prevista dal Piano Vigente e in parte realizzata è la seguente:
– 215.454 mc dagli accordi di programma
– 671.827 mc dal Piano Casa Comunale
– 109.000 mc dalla Variante Minitematica
La volumetria totale è pari a 996.281 metri cubi complessivi a cui vanno aggiunti i non meglio quantificabili “incentivi volumetrici” previsti dal Piano Casa regionale.
Come abbiamo già detto la popolazione residente attuale è di 43.019 abitanti (Istat 2011), le unità abitative sono 21.996 di cui 214 inutilizzate (banca dati Comunale)
La volumetria prevista dal Piano Vigente corrisponde, utilizzando formule standard, alla realizzazione di circa 3.300 nuove unità abitative di media grandezza che potrebbero ospitare potenzialmente circa 9.000 abitanti.
Si consideri che negli ultimi dieci anni la popolazione dei residenti a Macerata è cresciuta di sole 2.091 unità (dati Istat)!
Altro aspetto delle previsioni pianificatorie che andrebbe considerato è quello qualitativo ma questo meriterebbe un’ampia trattazione a parte; basti pensare al fatto che anche a Macerata le più recenti grandi espansioni (ben visibili nei grafici allegati) sono state previste nelle immediate vicinanze dei fiumi principali (Chienti e Potenza) e a ridosso di beni architettonici di eccezionale pregio (San Claudio al Chienti) con tutte le conseguenze negative che ciò può comportare in termini di aggravio dei carichi ambientali, collasso dei sistemi infrastrutturali e perdita di qualità paesaggistica.
Probabilmente, alcune di queste scelte localizzative dovrebbero essere riviste, magari innescando processi di co-pianificazione con i limitrofi comuni (Corridonia in primis) che dimostrano di avere problematiche simili e di contiguità.
E’ evidente che la spasmodica crescita insediativa realizzata o in previsione, sia di matrice residenziale o produttiva, non rispecchia le reali esigenze che il territorio comunale richiede e invece rischia di oltrepassare quella soglia di sostenibilità che tecnicamente possiamo indicare come “Carrying capacity”; ovvero la capacità di carico antropico (nella più ampia accezione che si possa dare a questo termine) che questo o quel territorio è capace di sopportare.
In questo Comune, come negli altri analizzati, siamo molto probabilmente alle soglie di questo limite, e comunque non sono rintracciabili evidenze che possano darci motivo di credere che l’ulteriore consumo di suolo, risorsa non rinnovabile, sia una pratica ancora sostenibile per far sviluppare le nostre città.
La città, con le sue propaggini amorfe e indifferenti, è un organismo energivoro, che richiede sempre maggiori risorse economiche. Edificare su nuovi suoli “vergini” significa anche realizzare nuove infrastrutture, nuovi impianti di illuminazione pubblica, nuove reti di drenaggio delle acque meteoriche, un aumento del consumo di risorse, oltre al saccheggio senza fine del suolo agricolo.
Ma chi paga tutto questo? I nostri amministratori ci spiegheranno che sono gli oneri di urbanizzazione e la fiscalità immobiliare a finanziare i servizi. In realtà stiamo iniziando oggi a capire che nel lungo periodo i costi di questo modello insediativo basato su espansione-dispersione urbana (Sprawl), cresceranno sempre di più e andranno a sommarsi all’enorme debito pubblico che il nostro paese ha.
Tali costi saranno sempre più a caricati sulla collettività che dovrà utilizzare gran parte dei propri redditi per finanziare servizi sempre meno efficienti e per vivere in luoghi sempre meno accoglienti.
Se a questo si aggiunge che la crescita presente e futura di questa come di tante altre città è il frutto di una sommatoria di varianti parziali progettate al di fuori di una visione strategica e complessiva, questa crescita già di per sé onerosa può aggravare in maniera esponenziale i deficit strutturali dei nostri sistemi urbani (mobilità, gestione rifiuti, gestione servizi alla persona e istruzione).
Infine la domanda cruciale che ogni cittadino dovrebbe porsi è: “le scelte di governo del territorio, legate alle sole e solite regole di mercato possono garantire quell’equilibrio economico e sociale che andrebbe perseguito in questo ciclo di forte crisi economica?” La risposta ci sembra chiara e implicita.
E’ tempo di introdurre nuove pratiche e nuove politiche con adeguato sostegno finanziario:
– costruire nel costruito, ripensando i tessuti edilizi del secondo dopoguerra, fermando il consumo di suolo;
– riconvertire le strutture con tecniche di bio-edilizia e a basso consumo energetico;
– valorizzare le tradizioni e le produzioni locali;
– valorizzare la città ricreando luoghi collettivi, puntando alla rinascita dei centri storici;
– sviluppare una rete del trasporto pubblico efficace ed incentivare la realizzazione di percorsi per la “mobilità dolce”, ad elevata sostenibilità ambientale;
– rendere migliori e “citizen friendly” le nostre aree industriali e produttive;
“La terra non è eredità ricevuta dai nostri Padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”.
(1) Dati aggiornati al 2010
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Manca la carta con gli oltre trenta Pagus, Vicus, Castra, Curtem, Colonie ecc.. esistenti fuori dall’attuale centro storico murato e prima di esso.
il tutto grida vergogna!!! ridateci il verde, i campi, le querce…
Cose già ripetute più volte in Consiglio comunale. Dal ’71 ad oggi si sono costruti il 50% in più di alloggi e nel ’71 con una popolazione maggiore nessuno abitava nelle baracche, ma i maceratesi hanno la memoria corta e oggi si tirano fuori i problemi come se fossero delle novità assolute. Collegatevi al sito del Comune e leggete gli interventi fatti da 10 anni a questa parte forse si scoprirà che oggi i nodi vengono tuittti al pettine, sempre se la cosa vi interessa. Intervengo solamente per ribadire quello che in dieci anni ho detto in vano in un’assordasnte silenzio, pazienza si sono fatte le scelte elettorali e queste vanno rispettate.
Ricotta giusto una settimana fa: “Non c’è stata una colata di cemento su Macerata…” appunto noooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!1
Che dice ora il Partito Distruttivo?
Ormai Macerata si è ridotta come le peggiori città…puntare solo su Cemento, palazzi mezzi vuoti e supermercati…emblema di un paese sempre piu corrotto e che sta diventando sempre piu analfabeta di ritorno.
Gira voce che il Cityper è in difficolta economiche, pero a meno di 1 km stanno facendo un centro commerciale piu grande….Solo Cemento. In Germania in alcune città è vietato costruire oltre i limiti della città. Chiedo poi a voi come vi immaginate Macerata tra 20 anni?…la popolazione maceratese sara diminuita e molte badanti saranno ritornate a casa loro..quindi saremo di meno e piu vecchi oltre che piu poveri..pero con tante case.
Verdiii dove siete???
L’ottimo lavoro di analisi dei due architetti ( purtroppo numeri e grafici sono poco comprensibili dai politici nostrani, se si sta a certe loro recenti dichiarazioni) non fa emergere però un’altro fatto gravoso per i costi ambientali, ovvero che lo sprawl urbano costringe ad una mobilità esclusivamente basata sull’automobile. In una nazione come la nostra, priva o quasi di risorse energetiche significative costruire “all’americana” è un suicidio economico.
il cemento…che alimenta i traffici mafiosi
che cavolo ci fate con tutte queste case?!?!?!?!?!?!
“Tali costi saranno sempre più a caricati sulla collettività che dovrà utilizzare gran parte dei propri redditi per finanziare servizi sempre meno efficienti e per vivere in luoghi sempre meno accoglienti.”
Quando si metteranno in testa che il paesaggio è una risorsa come il petrolio????
consumiamo il territorio poi…… nei piatti metteremo cemento e pomodori cinesi …….
L’analisi c’è. La consapevolezza si sta ormai diffondendo . Le cause le conosciamo e gli effetti negativi anche. A questo punto bisogna trasformare tutto questo in una iniziativa che imponga un drastico cambiamento del “modello di business” della politica locale (vendo terreno in cambio di denaro per finaziare spese che non riesco più a sostenere e per garantire la mia permanenza al potere) . Purtroppo, e dico purtroppo, un modello diffuso a destra come al centro che a sinistra. Esistono movimenti che si stanno concretamente impegnando (vedi il forum http://www.salviamoilpaesaggio.it) e c’è anche una bozza di legge di proposta popolare sull’argomento che mi sembra in grado di proporre un freno. Bisogna muoversi in fretta prima che quelle macchie “rosse” sulla prima mappa si trasformino in altre zone grigie. Una cosa importante bisogna coinvolgere anche l’imprenditoria edile più sensibile. Devono convincersi che per il futuro l’unica loro opportunità è puntare sulla qualità, l’innovazione e la riconversione piutt osto che su una crescita quantitativa a cui mancherà progressivamente lo “spazio”
Basta con il cemento che inonda la nostra città e non solo. I danni al paesaggio ci colpiscono tutti, come individui e come collettività. Uccidono la memoria storica, feriscono la nostra salute fisica e mentale, offendono i diritti delle generazioni future. L’ambiente è devastato impunemente ogni giorno, il pubblico interesse calpestato per il profitto di pochi. Le leggi che dovrebbero proteggerci sono dominate da un paralizzante ‘fuoco amico’ fra poteri pubblici, dai conflitti di competenza fra Stato e Regioni. Ma in questo labirinto è necessario trovare la strada: perché l’apatia dei cittadini è la migliore alleata dei predatori senza scrupoli. È necessario un nuovo discorso sul paesaggio, che analizzi le radici etiche e giuridiche della tradizione italiana di tutela, ma anche le ragioni del suo logoramento. Per non farci sentire fuori luogo nello spazio in cui viviamo, ma capaci di reagire al saccheggio del territorio facendo mente locale. La qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, è una necessità, è il miglior investimento sul nostro futuro. Non può essere svenduta a nessun prezzo. Contro la colpevole inerzia di troppi politici, è necessaria una forte azione popolare che rimetta sul tappeto il tema del bene comune come fondamento della democrazia, della libertà, della legalità, dell’uguaglianza. Per rivendicare la priorità del pubblico interesse, i legami di solidarietà che sono il cuore e il lievito della nostra Costituzione.
Condivido in pieno gli interventi di Mario Iesari e di Enossam.
Il problema dell’insensato e assurdo consumo di territorio, purtoppo, attualmente riguarda amministrazioni locali di qualsiasi colore, e ciò per essenzialmente due motivi: a) perchè l’edilizia è il settore principe del malaffare e del clientelismo negli enti locali (Comuni in primo luogo, e Amministrazioni Provinciali in seconda battuta); b) perchè ormai molti Comuni, Macerata compresa, si finanziano solo con i proventi dell’edilizia e dell’urbanistica, e questo sviamento improprio non solo è la negazione di una reale programmazione generale, ma determina anche la tendenza a largheggiare nell’individuazione delle zone destinate ad insediamenti residenziali e di altra natura.
La Dott.ssa Ciarlantini è diventata Presidente della Commissione Cultura, che non so se comprende anche le competenze sull’ecologia e la salvaguardia del territorio. Concordo con Daniele Moretti: sarebbe bello sentire che ne pensa, augurandomi che – come altre volte accaduto – non si astenga.
Punto primo, le banche non finanziamo più facilmente i mutui neanche per la prima casa, le aziende licenziano, chi comprano queste case?
Punto secondo, le case non vengono vendute ma i prezzi non scendono, se voi andate in Spagna o in altri paesi europei dove c’è la crisi, i costi delle case si sono ribassati di minimo un 30%, ma in Italia questo non accade. Caso emblematico Porto Recanati dove ci sono interi palazzi non venduti e non in vendita.
Conclusioni: se uno avesse dei soldi in nero da ripulire, non vi sembrerebbe un modo idoneo….(le mie sono pure congetture…che non riguardono il caso specifico ma la cosa più in generale)
Grosso modo con 1/3 degli appartamenti venduti il costruttore va paro, se non ci guadagna addirittura (quindi tutto il resto è utile).
Appartamenti non venduti?
E chissenefrega: do in garanzia alla banca i 10 appartamenti sfitti (su 14) e comincio a costruire altrove.. Almeno fino a ieri il giochetto era questo