Un anno in più a Bruno Carletti
Resterà nella comunità di San Severino

Ad Ancona la sentenza della Corte d'appello

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di Mauro Montali

Pena aumentata per Bruno Carletti: nove anni e quattro mesi. Questa è la sentenza della Corte d’Appello di Ancona. L’ex direttore del teatro Lauro Rossi dovrà così scontare un anno in più.
Carletti è stato già riportato nella struttura protetta di Berta, nelle vicinanze di San Severino e, per almeno due mesi, lì dovrà stare. Fino al momento della motivazione della sentenza. Se i giudici, come appare probabile, avranno accolto l’istanza dei difensori, Bruno Mandrelli e Vando Scheggia, di riconoscergli l’infermità mentale al momento del fatto, Carletti rimarrà “protetto” a Berta per tutto il tempo fino alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Altrimenti gli si potrebbero aprire le porte del manicomio criminale. Ma sarà difficile: la sentenza di oggi pomeriggio ricalca quella di primo grado. Ed è solamente per un ricalcolo tecnico, così dicono i difensori, che la Corte d’Appello gli ha comminato un anno in più. Scontenti Mandrelli e Scheggia che avevano chiesto una riduzione di pena.

Soddisfatto, invece, l’avvocato Paolo Carnevali legale dell’ex moglie di Carletti, Francesca Baleani. “A noi non interessano- dichiara al nostro giornale- gli otto o nove anni,  importa solamente che sia stato riconosciuto colpevole. La cosa fondamentale è che Francesca, che ancora ha paura di lui, non debba rischiare di incontrarlo”.

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Era un quattro luglio, quello di quattro anni fa, caldo e secco. Insomma, si stava bene. La città in concordia, la stagione lirica alle porte, il sogno delle ferie. La giunta Meschini ha appena cominciato il secondo mandato, forte del suo sessanta per cento al primo turno. Una città pacificata. Poi, in tarda mattinata, scoppia la bomba: una donna, tra vita e morte, gettata in un cassonetto. Sconcerto e rabbia a Macerata. Sentimenti che diventano molto più forti quando vengono resi noti i protagonisti (vittima e carnefice) della vicenda. La notizia vola in un baleno e arrivano gli inviati dei grandi giornali, i tg nazionali danno l’informazione e la civitas Mariae, oggettivamente, entra nel circuito delle città criminali. Come Perugia, come Garlasco, come Novi Ligure. Incredibile: il fatto era successo a due dei più noti rampolli della borghesia maceratese. E dunque disdoro  e choc collettivo.

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Il cassonetto: era questo l’assurdo. Gettare una moglie, o un’ex moglie, ancora in vita, dopo averla massacrata di botte, in un puzzolente e terrificante box dei rifiuti, che sarebbe stato portato via di lì a pochi minuti dagli uomini della Smea, in direzione Auschwitz e cioè verso le canne fumarie del Consmari, rappresentava per i maceratesi un assurdo, una ferita cittadina, un fatto da dimenticare. Un gesto “estetico” e criminale senza pari.
Il caso Carletti da allora in poi è diventato una specie di cartina al tornasole, di paradigma: siamo tutti come lui?
Non è così, per fortuna. Macerata è una citta sana. Ipocrita e cattiva quanto volete: tutti cattolici di professione del resto. I Buddenbrok ( o l’ambiguità borghese di Thomas Mann, per citare Alberto Asor Rosa) o Tristana (per dirla con Bunuel) non abitano comunque qui. Bruno Carletti ha rappresentato solo la contraddizione esterna alla città.

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La pena è giusta. Non tanto per motivi strettamente giuridici quanto “per la contraddizion che nol consente”.
Teniamoci stretta questà città. Sia che vinca, alle prossime elezioni, l’uno o l’altro, o l’altra, il modello di convivenza civile va difeso a denti stretti.
Due osservazioni finali: c’era bisogno che Giorgio Meschini andasse a trovare Bruno Carletti, in carcere a Camerino, tre giorni dopo il fatto? Non era meglio portare solidarietà a Francesca Baleani? Gaffe terribile.
Da ultimo: il giovane Andrea Stortoni, eroe per caso, è già stato dimenticato. Se non c’era lui a dare l’allarme, Francesca andava verso una morte sicura. Ha fatto solo il suo dovere, certo. Ma un riconoscimento speciale, oltre al premio simbolico, glielo vogliamo dare?

(Foto di Guido Picchio)

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