Sgarbi si difende, depositata memoria:
«Non c’è nessun autoriciclaggio
e nemmeno la contraffazione»

MACERATA - L'ex sottosegretario alla Cultura è indagato per il dipinto del pittore seicentesco Manetti che risulta essere stato rubato nel 2013 in provincia di Torino. Lui sostiene di averlo trovato più di vent'anni fa in una villa comprata dalla sua famiglia. Per la procura, che un mese fa ha chiuso le indagini, il prossimo passo potrebbe essere la richiesta di andare a giudizio

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Vittorio Sgarbi

di Gianluca Ginella

La memoria difensiva di Vittorio Sgarbi è stata depositata venerdì dai suoi legali a circa un mese di distanza dalla chiusura delle indagini della procura di Macerata per riciclaggio, autoriciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte. La vicenda riguarda un quadro che era stato rubato nel 2013, “La Cattura di San Pietro” attribuita al pittore senese Rutilio Manetti (ignoti gli autori del furto).

La difesa di Sgarbi ha depositato la memoria che si concentra sui reati della contraffazione e dell’autoriciclaggio che ritiene non sussistere. In sostanza l’autoriciclaggio consiste nel reimmettere denaro o un bene di provenienza illecita nel circuito economico, cosa che per la difesa in questo caso non sarebbe successo.

Sulla questione della contraffazione legata alla mostra in cui venne esposta una copia in 3d del quadro, la difesa sostiene che venne esposta appunto una foto e non l’opera d’arte, quindi nessun falso venne esposto.

Il prossimo step a questo punto potrebbe essere la richiesta della procura di andare a giudizio per il critico ed ex sottosegretario alla Cultura.

Gli inquirenti ritengono siano due le questioni decisive. La prima: dalla perizia svolta sull’opera risulta essere stata fatta una aggiunta posticcia sul dipinto e che il quadro combacia con i frammenti della tela rubata in Piemonte. La seconda è l’interrogatorio di Pasquale Frongia che ha detto che la modifica l’ha fatta lui e gli era stata commissionata da Sgarbi.

L’indagine nasce da alcune dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale e poi confluite in quello della procura di Macerata che ha aperto il fronte delle indagini sull’opera raffigurante “La cattura di San Pietro”, attribuita al pittore senese Rutilio Manetti, ricevuta e restaurata da un libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi.

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Il quadro di Manetti

Questo dipinto secondo i carabinieri corrisponde a quello che era stato rubato il 14 febbraio del 2013 dal castello di Buriasco, in provincia di Torino. Il furto è stato compiuto da persone rimaste sconosciute. Per le indagini è risultato determinante l’esito della perquisizione eseguita a carico del critico d’arte, nel corso della quale è stata rinvenuta l’opera, che la procura ritiene essere di Manetti, ed anche la copia in 3d della stessa.

C’è stata poi una comparazione tra il quadro trovato da Sgarbi e frammenti di tela dell’opera rubata a Buriasco. Nella relazione tecnica redatta dall’esperto nominato tra il personale specializzato dell’Istituto centrale per il restauro di Roma (Icr), l’opera restaurata, confrontata con i frammenti di dipinto, le immagini acquisite agli atti processuali e censite nella banca dati dei carabinieri risulta, sostengono gli inquirenti, essere proprio quella asportata a Buriasco. La differenza sta nell’aggiunta di una torcia che è stata dipinta nella parte in alto a sinistra della tela. Le indagini hanno consentito di risalire all’autore della modifica, il pittore Pasquale Frongia. Interrogato, ha detto che quella modifica gli era stata commissionata da Sgarbi.

Dichiarazioni che contrastano con la versione di Sgarbi che ha detto che l’opera l’aveva trovata casualmente all’interno di “Villa Maidalchina” di Viterbo, acquistata dai suoi familiari nel 2000. La torcia inoltre risulta essere stata dipinta con pigmenti di produzione industriale. Le indagini hanno permesso, inoltre, di accertare che alla mostra “I Pittori della luce, da Caravaggio a Paolini”, curata dallo stesso Sgarbi e allestita a Lucca da dicembre 2021 a ottobre 2022, al posto dell’opera originale era stata esposta, su commissione del critico d’arte, la copia in 3D realizzata dal laboratorio di stampa G-Lab di Correggio. Il fatto che fosse stata esposta copia del dipinto alla mostra avrebbe avuto per Sgarbi, dice la procura, il profitto di far aumentare il valore dell’opera.

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