Il vescovo Nazzareno Marconi durante l’inagurazione di ieri
Un paio di caffè sul finire dell’estate, lo scontrino infilato velocemente in tasca, 2mila lire, e poi via alla messa mentre suonano le campane di San Giovanni. I saluti ai conoscenti sul sagrato, di fronte alla biblioteca e poi dentro la chiesa, senza fare magari nemmeno caso agli affreschi e alla volta leggera. Perché nessuno poteva prevedere che sul finire di settembre di quell’anno, il terremoto che colpì Umbria e Marche avrebbe chiuso per oltre 25 anni quella bella chiesa, punto di riferimento per le domeniche dei maceratesi del centro, anche se già da allora di residenti iniziavano a vedersene sempre di meno con le case affittate agli studenti che sempre più numerosi negli anni si sarebbero iscritti all’Università di Macerata, che allora non pensava all’acronimo Unimc. Oggi chi si è seduto a sentire la prima messa 25 anni dopo in tasca ha gli euro e le lire qualcuno dei più giovani forse non le ha nemmeno viste. Nel frattempo le antiche mura di quella chiesa hanno dovuto resistere anche ad altri terremoti, quelli violentissimi del 2016. Ma alla fine, la «mission impossible», come l’ha definita il vescovo Nazzareno Marconi, di completare la chiesa, si è completata e oggi alle 16 la prima messa (ieri c’è stata l’inagurazione)
Il monsignore è partito, nella sua omelia, da una parola, silenzio. «È infatti proprio il silenzio che ci aiuta a capire perché abbiamo tanto lottato e faticato per restaurare questa chiesa e per restaurarla proprio così. Mi ha raccontato un nostro tecnico che, quasi al termine del restauro della chiesa di San Biagio a Pollenza, mentre stavano facendo gli ultimi ritocchi, si udirono le grida di due ragazzini che facevano confusione in piazza, si rincorrevano e si spintonavano urlando. Finché uno di loro, per fuggire l’altro che lo inseguiva, approfittando della porta socchiusa si precipitò ancora schiamazzando nella chiesa appena restaurata ed improvvisamente tacque. Quella bellezza avvolgente e luminosa gli aveva insegnato il silenzio e con il silenzio pieno di meraviglia la coscienza che c’era qualcosa e forse qualcuno che meritava quel silenzio. Questo è il senso ed il valore cristiano di un edificio sacro. Noi costruiamo le chiese da duemila anni per insegnare il silenzio che nasce dal cuore e attraverso questa esperienza trasmettere il senso di Dio, l’intuizione del sacro, che è l’inizio ed il fondamento su cui cresce la fede».
Il vescovo tornando alla chiesa di San Giovanni ha continuato parlando dei simboli che vi si trovano «E i simboli ben restaurati parlano al cuore, senza bisogno di sottotitoli. Entrando in questa chiesa sono certo che ve ne siete accorti. I simboli sacri che riempiono questa chiesa sono come i gesti della liturgia di questo pomeriggio, come la musica, la luce, le forme e i colori: non hanno bisogno di traduzione perché parlano una lingua universale e vera, rivolta più al cuore che alla testa, che parla a ciò che ci unisce e supera tutte le diversità». «Questa casa che dopo un quarto di secolo riapriamo, per dedicarla e consacrarla in un unico gesto a Dio ed all’uomo, testimonia che con l’aiuto di tanti il bene è possibile. Come Maria Santissima stasera mi sento di dover cantare un Magnificat di lode e di ringraziamento, perché “grandi cose ha fatto in noi il Signore”. Se dovessimo ringraziare tutti non finiremmo mai questa liturgia. Ed allora: vi ricompensi il Signore. Questa è la parola più giusta e più vera che ci scambiamo in questo momento tra noi, perché nessuno è stato né sarà solo spettatore passivo di quest’opera di Dio, ma tutti abbiamo portato e porteremo la nostra parte, perché questa casa di Dio tra le case degli uomini possa risuonare di preghiera e da qui il Signore continui a spandere benedizione e pace sul mondo. Che il Venerabile Padre Matteo Ricci, appena proclamato, interceda tante grazie da Dio per tutti noi».
(foto di Fabio Falcioni)
Ci sono tante chiese anche a Cingoli e frazioni da sistemare senza il tuo contributo. Ma con quello del sisma (stato).............
A Macerata cè da aprì negozi,no chiese
Marco Poloni si certo, per richiuderli subito dopo...Il centro a Macerata è morto oramai, non Ve ne siete accorti? E i negozi non risolvono certo la situazione
Il bene tuo, forse
Il male però vince quasi sempre e se non vince distrugge ...
E adesso aspettiamo i lavori al santuario di Santa Maria delle Vergini. Ma tanto non interessa a nessuno.
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”In quegli anni l’accrescersi delle devozioni fu incentivato dalle calamità che si verificarono a Macerata: nel 1622 una grave epidemia influenzale, nel 1625
una forte scossa di terremoto, nel 1627 una grandinata i cui chicchi secondo un cronista pesavano due chili, nel 1630 la peste.
Il nipote del vescovo Centini sperava ardentemente che lo zio salisse al trono papale e avendo interrogato un negromante che gli aveva predetto il pontificato per Centini alla morte di Urbano VIII, si ritirò nella villa di Spinetoli, inziando una serie di pratiche magiche per ottenere la morte del papa, valendosi anche della collaborazione di tre frati,
tali magie si protrassero per due anni
finchè tutto fu scoperto dal Sant’Uffizio:
Il nipote fu decapitato e i frati impiccati.
Nel frattempo Ottavio Costa, Pompeo Compagnoni, Francesco Ricci e Cesare Firmani membri del consiglio comunale maceratese frequentavano con troppa assiduità il monastero di santa Caterina, per questo Centini fu costretto a porre a guardia dei monasteri femminili degli sbirri vescovili, fresco era il ricordo dello scandalo accaduto a Roma dove la maceratese suor Fabia Alaleona nel monastero di Montecitorio aveva nascosto dentro un cassone il suo amante, morto così soffocato.”
Di chi è l’articolo? Chiedo per sapere con chi complimentarsi: giusto di toni e di modi, e pienamente condivisibile. La chiesa è veramente bella: non ci sono altri aggettivi possibili. Anche la cerimonia di consacrazione è stata splendida, solenne e intensa, pienamente partecipata dalla prima all’ultima fila. Sì, San Giovanni è nel cuore dei maceratesi. E’ sempre stata un po’ la vera cattedrale, sebbene il Duomo porti il nome di San Giuliano e abbia la titolarità. San Giovanni è proprio nel cuore del centro storico: per noi che ci siamo cresciuti evoca la nostra storia, la nostra gente. Ma rimessa a nuovo, così com’era in origine, diventerà senz’altro anche una tappa irrinunciabile per i turisti, oltre che la casa della nostra tradizione migliore.