«Sferisterio, ma quali cento mecenati
Fu un progetto di speculazione edilizia»

MACERATA - L'affondo dell'assessore all'Urbanistica Silvano Iommi: «Non se ne può più di questa storia caramellosa, quella era una società con scopi di lucro. L’obiettivo era anche quello di rivalutare i terreni attorno a piazza Nazario Sauro e la zona di borgo Cairoli per costruire i primi palazzi. Nel Consiglio comunale dell'epoca nessuno ci mise la faccia»
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Lo Sferisterio

 

di Luca Patrassi

Per un maceratese sarebbe come svegliarsi al mattino e trovare la comunicazione che da oggi Macerata cambia anche il nome in Civitanova. Il tempo di dare conto delle iniziative degli eredi dei cento consorti che edificarono lo Sferisterio, mecenati che hanno dato alla città l’elemento di maggiore rilevanza, ed ecco che esplode, anche fragorosamente, la polemica. A firmarla è l’assessore comunale all’Urbanistica, l’architetto Silvano Iommi che è anche uno studioso della storia cittadina.

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Silvano Iommi

«Non se ne può più – esordisce l’architetto assessore – con questa storiella dei cento benefattori che hanno donato alla città lo Sferisterio. Ma quali mecenati, quale storiella caramellosa, all’inizio era una società con fini di lucro e non era solo amore. L’obiettivo, con lo Sferisterio, era anche quello di rivalutare i terreni attorno a piazza Nazario Sauro, la zona di borgo Cairoli, si valorizza l’area per costruire i primi palazzi. Era un tema di rigenerazione urbana voluto dalla classe dirigente dell’epoca e sostenuto dal segretario di Stato e dal delegato pontificio. Peraltro fu da subito ben chiaro che fosse un’operazione eterodiretta, al punto che quando l’argomento fu trattato dal Consiglio comunale nessuno intervenne, nessuno ci mise la faccia, salvo poi dividersi al momento del voto segreto, 18 a favore e 12 contrari. Una spaccatura politica, culturale, sociale. L’area era privata, ma il progetto prevedeva l’abbattimento di alcuni torrioni e di un tratto di mura che erano demaniali».  Cento consorti, o giù di lì, ma uno di riferimento. «L’avvocato Pantaleone Pantaleoni, uomo d’affari che era il referente delle assicurazioni Torlonia, aveva sottoscritto 14 quote, intestandole ai figli, per avere il controllo della società le cui assemblee si svolgevano sempre in seconda convocazione e quindi si votava a maggioranza, era lui che decideva cosa fare, chi pagare – racconta Iommi –Peraltro ci furono diverse cause tra i consorti, problemi economici tra i sottoscrittori delle obbligazioni, prestiti di danaro ed anche si tramanda l’aggressione da parte di un consorte moroso di Monte San Pietrangeli all’avvocato maceratese che aveva chiesto il pignoramento dei beni». Iommi tocca anche un altro punto, caro alla sua ricostruzione, quello dell’autore del progetto Sferisterio.

Arena-Sferisterio-Alfredo-Tabocchini«Il primo progetto preliminare del 1820 venne realizzato dall’ingegnere capo del Comune Salvatore Innocenzi, lo testimonia anche il nome inciso sulla prima pietra dello Sferisterio, posta nel 1820. Poi si parla di un intervento dell’architetto maceratese Filippo Spada per arrivare poi al 1823 quando la società civile dello Sferisterio punta su un nuovo progetto e chiede all’Accademia di Milano di occuparsene anche per evitare le pressioni dei potentati locali, Milano risponde che si tratta di politica estera visto che Macerata è in un altro Stato, la pratica si sposta prima a Bologna ed approda infine all’Accademia romana di San Luca che approva un progetto elaborato in pochi giorni dall’architetto Ireneo Aleandri. Secondo me quel progetto era firmato Aleandri, ma in alcuni passaggi si nota la mano del Valadier che era anche presidente di quella Accademia di San Luca, ma di questo non ci sono documenti ufficiali. Di sicuro però credo sia giusto rivedere i meriti progettuali dello Sferisterio, sicuramente sono tre i progettisti: Innocenzi, Spada e Aleandri. Una tesi quest’ultima, sostenuta nel 1929 dal prof Branca e ripresa nel 1939 da Pietro Castellano». In ogni caso, secondo Iommi fu «un piano di rigenerazione urbana sostenuto dalla classe dirigente della città, lo Sferisterio doveva essere fonte di reddito nei piani dei consorti. Fonte di reddito, per la verità, non lo fu mai ma è anche ora di dire basta a questa storiella caramellosa dei benefattori».

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