Don Giuseppe Branchesi in una Festa del ringraziamento
«Una guida spirituale per tutti, come li chiamava lui, i fratelli coltivatori diretti maceratesi, ora addolorati per la sua dipartita». Anche Coldiretti Marche piange per la scomparsa di don Giuseppe Branchesi, il parroco di Santa Maria in Selva morto oggi per Coronavirus, che tra le altre cose era stato anche storico consigliere ecclesiastico regionale dell’associazione agricola. «Don Peppe, come tutti lo chiamavano – aggiunge infatti l’associazione – aveva iniziato come consigliere eccelsiastico di Macerata negli anni ’70. Nei primi anni ’90 era passato all’incarico regionale, condotto per oltre 20 anni prima di passare il testimone a don Amedeo Matalucci».
Don Giuseppe Branchesi
Toccante il ricordo di coloro che si definiscono “i giovani degli anni ’70” del circolo Giovanni XXXIII di Treia, lo stesso che proprio don Peppe aveva fondato. «Caro don Peppe – scrivono – speravamo che la tua tenacia ti avrebbe riportato a noi. Dopo le prime preoccupazione sembrava certa una tua ripresa condoglianze affettuose ai tuoi cari. Per noi, giovani di allora sei stato il sacerdote, il complice, ma, soprattutto, il fratello maggiore. Ti conoscevamo già da seminarista, alcuni di noi sono stati i tuoi chierichetti nella tua prima messa e per molti altri sei stato il celebrante del loro matrimonio. Con te abbiamo condiviso i migliori anni della nostra giovinezza. La tua simpatica e buona “spregiudicatezza” rimarrà sempre nei nostri ricordi. La fondazione tra fine anni ’60 e inizio ’70 del Circolo Giovanni XXIII ha costituito per tanto tempo momenti gioiosi di aggregazione non solo dei giovani di allora ma di soggetti adulti: veramente una famiglia composita. Chi non ricorda le simpatiche partite del dopo cena a sette e mezzo che coinvolgeva sia noi giovani che gli adulti dell’epoca dove spesso uscivano più “matte” e quindi diversi “sette e mezzo legittimo” causa di immense ma simpatiche discussioni che riempivano la serata. I due biliardi che sono stati la scuola di noi giovani. Il ping pong, la televisione in bianco e nero che ha garantito diverse serate, compreso lo sbarco sulla luna. Il recupero di una saletta nella cantina del palazzo vescovile comunicante con il giardino. Un recupero fatto con il lavoro gratuito di tanti soggetti anche adulti nelle ore notturne e con materiale regalato, se non comperato a debito. Quella saletta che è stata la nostra complice, con la complicità del jukebox nelle prime cotte giovanili. Il circolo, se ricordiamo bene, costò circa 4.000.000 di lire, un debito da te miracolosamente estinto anche grazie ai proventi dei carri allegorici da te promossi e allestiti sempre nelle ore notturne; carri che hanno gloriosamente partecipato ai vari carnevali o manifestazioni a carattere provinciali: dal carnevale Passotreiese alla Festa dei fiori di Macerata; dalla Sagra delle ginestre di Recanati alla Sagra del carciofo di Montelupone. Ricordiamo – continuano – anche il piccolo ma meraviglioso e rifornito bar del circolo gestito gratuitamente dalla tua mamma Annetta che ricordiamo con affetto. Ora che anche noi che non siamo più giovani, ripensando a quelle avventure non possiamo fare a meno di non ricordarti: un piccolo grande prete che anche da maturo non ha perso mai lo spirito intraprendente e cocciuto. Nostro Signore ti accolga non solo come pastore generoso e buono ma come soggetto operoso che ha accompagnato la nostra giovinezza arricchendola di valori. Grazie Don Peppe, ti porteremo sempre nel cuore».
Don Peppe durante una messa
Infine il cordoglio della città di Tolentino. A ricordare don Peppe, il sindaco Giuseppe Pezzanesi. «Un uomo e un sacerdote straordinario, sempre pronto ad aiutare il prossimo e sempre disponibile all’ascolto – dice il primo cittadino – Come insegnante ha contribuito concretamente alla formazione di tantissimi giovani. Per sempre ricorderemo la sua umanità e il suo sorriso. In diverse occasioni ha partecipato alle nostre processioni e non mancava mai di far sentire la sua vicinanza e il suo attaccamento alla nostra città. Vero esempio di cristianità, incarnava e diffondeva il messaggio di Cristo con semplicità ed efficacia. Con spirito giovanile affrontava le difficoltà della vita e dei suoi parrocchiani e con grande altruismo se ne faceva carico. Nei suoi messaggi metteva sempre al centro del vivere quotidiano la famiglia. Non dimentichiamo, inoltre, che don Peppe era anche uno straordinario organizzatore di eventi che catalizzavano l’attenzione del grande pubblico. Un sacerdote popolare e capace che mancherà a tutti noi. In questo momento così doloroso siamo vicini alla sorella Pia Maria, nostra responsabile dell’ufficio Servizi sociali, agli adorati nipoti e a tutti i familiari e li abbracciamo commossi. A nome mio personale, dell’amministrazione comunale e di tutta la città – conclude Pezzanesi – formulo il mio sincero e affettuoso cordoglio».
Il vescovo: «Don Peppe ha lottato tanto, pregherà per noi dal Cielo»
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Disse don Peppe Branchesi: “Vorrei che molta gente se la smettesse di dire: il prete della polenta; sono il prete che anche attraverso la strada di un piatto di polenta avvicina gente al Padreterno e che forse costruisce un po’ di gioia con le persone che sono attorno”. E le “strade” furono tante: la parrocchia; i campi scuola; lo sport; il teatro; i circoli e l’oratorio; gli incontri e le conferenze con ospiti e testimoni; l’esperienza del giornale Orizzonti Treiesi e le tante incursioni nel mondo della comunicazione; la Coldiretti; i 23 anni all’Itc di Macerata tra studenti, colleghi, presidi… Era un grande appassionato di fotografia e forse anche per questo aveva capacità di sguardo e di discernimento: sapeva unire il particolare di un fratello o di una situazione, nella campagna marchigiana come nelle periferie del mondo, all’universalità esigente e misericordiosa del Vangelo. Umano, dunque, e fraterno ma non certo accomodante; cordiale e pronto allo scherzo ma sicuro e fermo nelle sue idee e nelle sue battaglie. Nacque ad Avenale e crebbe immerso nella famiglia, nella comunità, nella fede, nella terra. Fu ordinato il 29 giugno del 1962 nella cattedrale di Treia, che allora faceva diocesi a sé con San Severino, dal vescovo Ferdinando Longinotti. Visse il fermento del Concilio; conobbe Carlo Carretto, “un secondo padre per me”, ricordò; incontrò e abbracciò l’esperienza dei Corsi di Cristianità; fu anche cancelliere vescovile… Nel 2012 in tanti fecero festa con lui nella memoria del suo giubileo sacerdotale e il card. Ersilio Tonini gli indirizzò un augurio sincero e affettuoso. In un opuscolo stampato per quell’occasione, don Peppe scrisse di sé stesso così: “Sono un prete di campagna contento di essere una icona del Signore e del suo amore, pur nella mia povertà e fragilità”.