Silvia Sorana e Francesca Chiappa
di Federica Nardi
«Noi non riapriremo e continueremo con la consegna a casa. Riaprire le librerie è una follia, servirebbe piuttosto un Fondo per aiutarci con le spedizioni a domicilio». Silvia Sorana insieme a Francesca Chiappa è la titolare della libreria Kindustria di Matelica. Una delle 154 realtà italiane a firmare la lettera aperta dei librai contro il decreto del governo che indica, dal 14 aprile, la riapertura anche di librerie e cartolerie.
Il provvedimento da un lato risolve il paradosso per cui in alcuni supermercati non si potevano comprare, nonostante la didattica prosegua a distanza, quaderni e pennarelli, perché non di prima necessità. Ma dall’altro lo sblocco del codice Ateco trascina con sé sia le librerie più piccole sia quelle di catena, con i dipendenti spesso timorosi di tornare a lavorare per mancanza di tutele economiche e sanitarie.
Sorana e Chiappa di Kindustria hanno potuto scegliere e hanno scelto di non riaprire. Ma il problema non è solo sanitario. «Se puoi stare aperto gli aiuti e lo sgravio per l’affitto sono garantiti? – chiede Sorana -. Nessuno l’ha detto chiaramente ma è chiaro che la misura va in quella direzione. Tra l’altro puoi riaprire ma la gente deve stare a casa. Per chi apro il negozio? Poco fa – racconta Sorana -, è passata l’auto della Protezione civile con il megafono: si può uscire per lavoro, salute o estrema necessità». Per la libraia di Matelica «hanno riaperto solo perché i libri stavano nei supermercati, non certo per le librerie dei paesi. E tanti lavoratori delle catene non vogliono andare a lavorare, innanzitutto perché non hanno i presidi di protezione». Sorana proseguirà quindi con la consegna a domicilio. «L’abbiamo fatta da subito e continueremo a farla e se possibile anche con le spese di spedizione per i Comuni vicini che non hanno le librerie e dove vivono i nostri clienti. Come librai chiediamo piuttosto la riapertura di un fondo per coprire le spese di spedizione, un accordo con le poste e i corrieri. C’era un fondo dedicato, “Libri d’asporto”, creato come rete di editori. Una manna dal cielo ma ormai è quasi esaurito».
Sorana spiega cosa vorrebbe dire una riapertura per una libreria indipendente: «Significa che si riaprono conti, magazzini, fatturazioni. Ci chiedono di tirare fuori soldi che non sono però stati incassati in questi mesi. I dipendenti perdono la cassa integrazione e tutta la parte dei presidi di sicurezza sta a carico delle librerie. Ma con quale formazione possiamo farlo? Ci devono dare anche delle regole». Per lei avrebbe senso una contro-ordinanza, come quella fatta in Lombardia: «La Lombardia ha già fatto una contro-ordinanza per riaprire solo le cartolerie dei supermercati, le librerie invece restano chiuse permettendo solo le consegne a domicilio. Anche perché molti librai nelle attività sono da soli, per cui o fai le consegne o tieni aperto».
Il mercato inoltre non vive un grande momento nemmeno in questo settore. «La chiusura toglie la parte più grossa delle librerie che sono le presentazioni. Inoltre non sono più uscite novità in libreria, quindi lavori su quello che hai in deposito. Online non è chiaramente come entrare in libreria. Noi abbiamo anche fatto un circolo di lettori su whatsapp, però chiaramente è diverso. Anche i pagamenti: non tutti sanno fare un bonifico o un paypal e quindi rimandano l’acquisto». Sorana resta delusa dal provvedimento e conclude con una domanda al momento senza interlocutori: «il pane è un bene di prima necessità, il libro non lo è, anche se è importante. La gente così riceve un messaggio contrastante: viene detto “esci solo per necessità” e poi apri le librerie?».
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Io credo che se danno la possibilità di riaprire devi riaprire ,anch’io ho in attività,si si rischia ma fa parte del tuo lavoro,i soldi solo a chi è chiuso e a chi sta male
Esatto assumersi responsabilità. Anche da parte di chi poi si lamenterà che non ci sarà lavoro e reddito per molto tempo. Con le dovute tutele era giusto riprendere gradualmente. Così solo un suicidio per il nostro paese.
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Andare a comprare un libro deve diventare uno dei motivi importanti che consente a chiunque di uscire,altrimenti la riapertura sarebbe cosa di poco senso.Poi uno passa veramente in libreria ed esce a mani vuote perchè era nelle sue intenzioni iniziali o perchè non vi ha trovato niente che lo interessasse.Ma intanto è uscito da casa,per l’ora d’aria.A me sembra un provvedimento bislacco.
Il rischio della mancata riapertura è di perdere sia le tutele che i clienti. Forse converrebbe rimanere chiusi e realizzare un sito web contenente l’elenco sempre aggiornato dei libri in vendita, venduti con il sistema delle spedizioni.
E’ consentito, non è obbligatorio, tenere aperto. E’ passato il concetto, sostenuto da tanti intellettuali, che un libro è cibo per l’anima. Sta al negoziante scegliere, certamente tenerci un dipendente non avrebbe molto senso. Anche io, per altri versi, sono nella stessa condizione. E quando suona il telefono, o passa qualcuno, anche per problemi che prima ti avrebbero infastidito, sapere di essere una piccola luce nel buio del momento ti da una sensazione… come di essere l’ultimo baluardo di civiltà.
Solo l’otto per cento degli italiani legge più di un libro al mese, considerando anche i libri di ricette… questa storia del cibo per l’anima è di un farisaismo…
…sarà pure cibo per l’anima, per carità, ma se non c’è il cibo per riempire lo stomaco, l’anima va a farsi…benedire, eh!! gv