Lunedì alle 21,30 saranno ufficialmente inaugurate le nuove luci dello Sferisterio di Macerata firmate dall’Accademia di Belle Arti. Cronache Maceratesi ha mostrato qualche “anteprima”, dato che i tecnici lavorano anche di notte per testare l’effetto della nuova illuminazione di uno dei monumenti più rappresentativi della città. Ma non a tutti sono piaciute. L’ultima foto “in notturna” è quella di uno Sferisterio completamente rosso. In attesa di conoscere la versione definitiva, ecco l’intervento dell’architetto Silvano Iommi che, come molti altri, nutre delle perplessità sul progetto.
Una delle “varianti” della nuova illuminazione dello Sferisterio di Macerata (foto Benfatto)
di Silvano Iommi
Appare straordinario che alla vigilia del bicentenario della posa della 1° pietra dello Sferisterio non si concentri la riflettere sul modo di fruirlo, valorizzarlo e conservarlo ma, invece, si investono considerevoli risorse sul modo di trasfigurarlo virtualmente attraverso giochi e artifizi illuminotecnci. Allo stesso modo è sorprendente osservare che due secoli dopo, sia ancora una Accademia di Belle Arti (deprivata della sezione architettura dalle riforme novecentesche), ad occuparsi attraverso il progetto “Light design Strategy” della illuminazione esterna dello Sferisterio. Una coincidenza infatti che induce a ricordare che tra il 1820 e il 1822, ben tre Accademie di Belle Arti furono coinvolte nella selezione del progetto architettonico migliore per l’erezione del “Circo” o “Anfiteatro” maceratese.
Il rendering delle nuove luci dello Sferisterio
Ma andando con ordine nel sintetizzare questa complessa ma istruttiva vicenda progettuale, culturale e sociale, merita ricordare alcuni significativi passaggi sui quali dovrebbero riflettere e imparare le attuali classi dirigenti della città, almeno quando approcciamo le tematiche progettuali per opere pubbliche significative sul piano dell’immagine urbana. Era il 1819, tre anni dopo le prime schioppettate risorgimentali e in piena crisi economica che avevano prostrato la città, quando un gruppo di cittadini appartenenti alla nascente e colta borghesia, prende l’iniziativa di mobilitare le energie intellettuali, morali e materiali, necessarie alla realizzazione di una “macro-struttura polifunzionale” (ludico, sportiva, ricreativa e commerciale), destinata a diventare famosa nel tempo con il nome di Sferisterio. Il primo obbiettivo posto dal gruppo dirigente della neonata Società privata che si obbligò a realizzare un’opera ad alta valenza urbanistica e architettonica, fu quello di bandire un concorso di idee aperto a tutti gli architetti allora operanti nella zona; lo scopo dichiarato era quello di avere un’opera che “i contemporanei non potessero deridere e i posteri non dovessero criticare”. L’elevato senso civico e culturale dei Delegati e Rappresentanti della “Società dei caratanti”, così si chiamava a quel tempo, spinse quel gruppo di dirigenti eletti (tra i primi furono: Pantaleone Pantaleoni, Candido Paoletti, Leopoldo Armaroli, Pacifico Guarnieri, Nicola Ranaldi, Francesco Conventati, Domenico Pianesi, più altri), a decidere di inviare tutti i progetti presentati dagli architetti partecipanti (Innocenzi, Spada, Augustoni e Casella), prima all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, che fornì generosamente suggerimenti e consigli ma non poté esprimere un giudizio formale definitivo perché il Ducato di Milano non era competente territorialmente su opere riguardanti Stati stranieri com’era quello Pontificio.
Si passò allora all’altrettanto lodata Pontificia Accademia Clementina di Bologna dove, però, si temevano gli effetti indesiderati di quelli che, nel rapporto dell’avv. Paoletti alla “Congregazione generale dei Soci” dell’aprile 1821, venivano definiti “i nascosti veleni”, cioè le pressioni esterne tese a favorire l’uno o l’alto candidato. Tuttavia, la Clementina fu anch’essa prodiga di suggerimenti e rettifiche migliorative dei due progetti rimasti in gara (Innocenzi e Spada), ma alla fine non fornì alcuna preferenza esplicita tra i due. Fu così che tra mille precauzioni e diffidenze, nel luglio del 1821 si decise di inviare tutto il carteggio progettuale accumulato all’Accademia di San Luca a Roma (città già allora considerata un porto delle nebbie). Nonostante altri buoni consigli e suggerimenti gli accademici romani riuscirono, in sostanza, a “gettare la palla in alto” tanto da indurre la Società del Circo a decidere (con un certo intervento del Card. Spinola), di affidare direttamente l’incarico professionale ad un giovane sanseverinate di influentissima famiglia il quale, diplomatosi a Roma nel 1820, non aveva nemmeno partecipato al suddetto concorso di progettazione. Fermarci a questo punto della ricostruzione storica dell’intricata vicenda, è qui sufficiente sottolineare l’enorme sforzo compiuto da quella nascente e illuminata classe dirigente, nella difficile ricerca della qualità progettuale nell’interesse dello sviluppo, del decoro e del prestigio della città, considerata come loro “Patria”.
Stemma cittadino con scolpita la stretta di mano solidale sulla sommità del frontone dello Sferisterio
Dunque, oggi, dopo due secoli di questa storia così particolare, la presentazione del progetto di “Light design Strategy” proposto per la città (già realizzato al Monumento dei Caduti e in corso d’opera allo Sferisterio), appare come una regressione culturale che acceca la capacità di leggere e riconoscere anche di notte un capolavoro del purismo architettonico neoclassico. Quello che abbiamo visto sino ad ora e che, come ci si dice, vedremo anche in futuro in tante zone della città, è una esaltazione sensoriale attraverso visioni virtuali che cancella l’identità dei manufatti architettonici e dei contesti fortemente storicizzati. L’uso della luce radente dal basso, esattamente contraria rispetto alla luce naturale del sole o della luna che sempre, per l’occhio umano, proviene da sopra la linea dell’orizzonte visivo e prospettico , ha una sua ragione solo in contesti scenografico-teatrali, cinematografici, di esaltazione ludico-commerciale con artifizi illuminotecnici fissi, oppure per i cosiddetti “spazi spazzatura” (es. aereoporti ecc..). Trasfigurare i connotati e i caratteri originari dei “luoghi” storico-identitari equivale a trasformarli in anonimi “non luoghi” in cui lo spazio è considerato una pura espansione geometrica priva di “genius loci”. E’ certamente vero che la maggior parte delle città e dei monumenti architettonici italiani hanno una illuminazione sbagliata, ma questo significa solo che l’illuminazione (come l’arredo urbano di cui è parte integrante), deve essere progettata sapientemente non per ricercare effetti stravaganti o di particolare eccitazione sensoriale, ma in modo da restituire una immagine quanto più vicina possibile a quella reale. Questo tema è stato sempre presente anche nel dibattito cittadino ma, data anche la sua complessità, i nostri avi maceratesi, senza alcuna arroganza o azzardi sperimentali di natura didattica, si sono limitati a creare con le luci, ma anche con i giuochi d’acqua e “fuochetti”, effetti scenografici effimeri, temporanei, per celebrare eventi senza danneggiare i monumenti e deprimere il loro significato.
(Le foto d’epoca provengono dal fondo Balelli della Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti)
il Colosseo dei poveri
Boh, non sono uno esperto di luci né di LED né di illuminazione.. Ma a me piace lo SFERISTERIO illuminato con questa nuova illuminazione piena di colori. Poi, per carità, ogni uno è libero di pensarla diversamente.
Abbiamo cominciato dalle resine sintetiche dell'orologio di piazza spacciato per restauro , poi non si sono fermati più ......
Per chi guarda in avanti e non si fa influenzare dal "colore della bandiera" potra' godere del fatto che siamo tra i primi in Italia a fare questo tipo di intervento..... le luci che illuminano macerta sono anonime, centro storico in primis.
É molto bello...secondo me!
Questa illuminazione riduce di molto l immagine e la visibilità dell illuminazione precedente. Sembra un edificio comunale qualunque
Potrebbero sistemare cose molto più urgenti invece di investire li
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…Nosferatu ha colpito ancora… gv
Siamo al colmo dei colmi !!!!!!!!!!! Una volta tanto che il Comune sta davvero facendo qualcosa di serio nell’intento anche di di dare una concreta riqualificazione ad una citta’ fino ad oggi sempre vissuta nell’oscurita’ piu’ opprimente e desolante, arrivano puntualmente critiche davvero stravaganti !! Sentite Sentite : la presentazione del progetto di “light design strategy proposto per la citta’ APPARE COME UNA REGRESSIONE CULTURALE CHE ACCECA LA CAPACITA’ DI LEGGERE E RICONOSCERE ANCHE DI NOTTE UN CAPOLAVORO DEL PURISMO ARCHICHETTONICO NEOCLASSICOI !!!!!! Per carita’ ! Spegnete le luci ! Ci state accecando ! Siamo Zombi ! E abituati a vivere nelbuio ! Ridateci il B U I O !!!! Poveri noi ! Bravi amministratori ! ! Andate avanti ! Finalmente avete fatto una cosa davvfero egregia che rivalutera’ sicuramente questa citta’ BRAVI !
A me piace!
A me, che certamente sono un profano, sinceramente non piace questa illuminazione, che trovo eccessiva. Mi sembra una forzatura, qualcosa che attira l’attenzione ma cela, o comunque mette in secondo piano, la struttura bellissima dell’edificio.
Concordo con quanto esposto dall’Arch. Silvano Iommi, il quale attraverso un sapiente excusrsus storico, fa riemergere le ragioni che determinarono la nascita dello Sferisterio e di conseguenza la sia identità.
Una su tutte la modalità con cui il gruppo dirigente dell’epoca si prodigò verso la ricerca e la realizzazione di un’opera che potesse essere di alta valenza urbanistica ed architettonica a condivisione di tutti; dimostrando una reale ed effettiva illuminazione, quella si, delle classi dirigenti di allora, che si preoccuparono soprattutto di dare alla città, un’opera di prestigio e di qualità.
Ebbene il modus operandi di allora, condivisivo, riflessivo, fortemente identitario ed illuminante, è stato spazzato via da una nuova governance e visione che di fatto, non ritiene importante la cultura della difesa e tutela della qualità, del gusto del bello e soprattutto dell’identità.
Tale nuovo modus operandi, relativo e non identificativo, si è riflettuto in numerose vicende cittadine di più svariate fattispecie, e tale pensiero ideologico globalista e quindi privo di carattere identitario si è riversato anche nel simbolo ed immagine per eccellenza della città, lo Sferisterio.
Può sembrare banale ad alcuni e per altri speculativo, politicamente parlando, ma tale ideologia non identificativa ne identitaria, rappresenta proprio l’idea con la quale è stata goveranata la città nell’attuale; ralizzando una visione globalista e relativista, tentende alla smaterializzazione della cultura identitaria, sostaziale e rappresentativa per far posto ad una visione piatta commerciale ed uniforme, standardizzante ove l’aspetto sensoriale e virtuale si esalta a discapito della reale sostanza, ed identità.
In poche parole per quanto mi rigurada la “Light design Strategy”, non rispetta la volontà dei promotori storici dell’opera ne la tutela stessa di ciò che rappresenta non tanto per l’impatto che più o meno può piacere dal punto di vista visivo, ma tanto quanto per l’appiattimento culturale a cui viene proiettatto, ove l’aspetto sensoriale impattante, per lo più superficiale dell’effetto ottico – sensoriale, prevale sull’essenza caratterizzante stessa dell’opera, trasportandola in un piano inferiore rispetto a quanto essa rappresenti.
In sostanza ciò che si vuole esaltare, con effetti sensoriali, paradossalmente, mette lo Sferisterio sullo stesso piano di altre strutture, anche di carattere commerciale e di minor senso civico identitario.
Certamente, spero che tale scelta sia stata fatta dai promotori e realizzatori in buona fede, ma quell’immagine di prova che proietta di rosso lo Sferisterio, ne rappresenta forse e mi da l’idea proprio dell’emblema di quella visione fortemente ideologizzata e globalizzante a cui prima facevo cenno, sperando di sbagliarmi.
Intanto ringrazio L’Arch. Silvano Iommi per ricordare l’dentità illuminante che racchiude lo Sferisterio, e per il suo commento che condivido pienamente.
Quindi se ho capito dovremmo rimanere ad un’immagine dell’Italia che non c’è più (“le schioppettate risorgimentali”). In merito all’altezza della luce, sottolineo i bei colori dell’alba e del tramonto : in merito suggerisco di vedere San Pietro all’alba quando sorge il sole dietro al Pincio e vedrete uno spettacolo unico con i colori rosati della pietra della Basilica. Anche la Tour Eiffel ha un sistema di luci analogo e sicuramente avrà creato discussioni. Concludo aspettando con curiosità una replica dell’Accademia B.A.
Per me è molto bello, se non lo si era capito. Buon fine settimana a tutti
Perfettamente d’accordo con il signor Iommi ed il signor Orioli, in attesa, chissà, che uno dei prossimi appuntamenti allo Sferisterio sia l’installazione di un mega Luna Park, comprensivo della “Casa degli orrori”, con un percorso magari rappresentativo degli ultimi anni di vita e di storia a Macerata. gv
Non so il perché ma quando si adottano i LED per illuminare i palazzi storici, si scatena sempre una polemica senza fine.
Nel centro storico di Roma, ad esempio, la Giunta capitolina ha dato il via alla conversione a LED: luce bianca. Troppo bianca per palazzi che necessiterebbero di una luce più “calda”, più in armonia con i tempi della loro costruzione. Ho fatto solo un esempio, eh!
Sembra che la scelta della temperatura colore sia avvenuta sotto le precedenti Amministrazioni. Però quella attuale non ha modificato tali scelte e ripeto, ci sono state polemiche senza fine.
Si, a mio avviso la politica spesso non è l’unica causa delle condizioni condizioni di illuminazione ma di sicuro gioca un ruolo importante nella discussione in merito alla temperatura colore adottata.
L’illuminotecnica, è una scienza, ne sanno qualcosa i grandi registi cinematografici e teatrali, così come i grandi fotografi che attraverso la luce (e l’attesa paziente della luce migliore) riescono a rendere eccezionale una inquadratura, una scena, una foto.
Per illuminare un palazzo storico, bisogna essere artisti ma anche conoscere profondamente l’architettura e la storia degli oggetti da illuminare.
Molto spesso invece le decisioni vengono prese dalla politica, senza competenze specifiche.
I nostri avi ci hanno regalato perle architettoniche che andrebbero trattate con la massima cura e competenze specifiche di alto livello.
Secondo il pensiero di alcuni letterati che hanno espresso la loro opinione sulla illuminazione dello sferisterio, Maceratuzza deve rimanere sempre quella che era e come attualmente e’ e possibilmente sempre al buio anche perche’ al buio si e’ piu’capaci di leggere e riconoscere, anche di notte, questo capolavoro del purismo archichettonico neoclassico. Ma non facciamo ridere anche i polli,per favore !
Mamma mia quanti capisciotti,pur di mettersi in evidenza,scrivono e denigrano la nostra bella città,ma piantatela….
Brutto, finto, volgare, eccessivo, inguardabile.