Domenico Antognozzi al piano superiore dell’Abbazia di San Claudio mostra i due testi scolastici
di Marco Ribechi
Le ricerche di Giovanni Carnevale non sono più un mistero per pochi curiosi. Dopo una vita di studi e approfondimenti e ben 14 libri pubblicati le tesi del professore maceratese (originario di Capracotta in provincia di Isernia) sulle origini dell’Abbazia di San Claudio e sulla Francia Picena entrano nei libri di storia dell’arte di tutta Italia.
I testi per i licei che contengono le citazioni a Giovanni Carnevale
Il testo in questione si intitola Civiltà d’arte, scritto da Gillo Dorfles e Marcello Ragazzi, pubblicato da Atlas Edizioni e utilizzato in moltissimi istituti della Penisola, in particolare nei licei scientifici e classici. I riferimenti a San Claudio e alle ricerche di Carnevale sono evidenti in ben due parti del libro. Nel capitolo 4 dedicato all’arte carolingia e ottoniana, a pagina 69, si legge: “Vanno segnalati i recenti studi italiani (G.Carnevale) che si spingono, persino, a ipotizzare che fu San Claudio in Chienti, e non quella di Acquisgrana, la Cappella Palatina nella quale venne sepolto Carlo Magno”. La seconda citazione dell’Abbazia maceratese è invece nel capitolo 3 intitolato “l’architettura romanica in Italia”. A pagina 126 campeggia una bella fotografia del retro di San Claudio al Chienti mentre nella facciata successiva è scritto: “San Claudio al Chienti, peraltro, è un esempio dell’incontro tra il modello planimetrico orientale e la cappella gentilizia (la ‘chiesa doppia’) di origine germanica in quanto è disposta su due piani, con la pieve al piano inferiore e la cappella vescovile al piano superiore. Non deve suscitare scalpore, pertanto, se di recente è stata avanzata un’attribuzione (G. Carnevale) al periodo carolingio, che la vorrebbe, addirittura, la sede imperiale di Carlo Magno”.
La citazione a pagina 126
Per gli autorevoli storici dell’arte quindi l’intuizione di Carnevale, spesso accusato di un utilizzo eccessivo dell’immaginazione nei suoi studi, non è assolutamente da sottovalutare visto che con la frase “non deve suscitare scalpore” prendono chiaramente una posizione di apertura verso le tesi della Francia Picena. «Siamo assolutamente colpiti e felici per questo grande risultato – spiega Domenico Antognozzi, da anni al fianco di Giovanni Carnevale – non sapevamo che fossimo finiti anche sui libri scolastici, ce lo ha detto una docente del liceo scientifico di Macerata. Dopo anni di accuse e di duro lavoro abbiamo ottenuto credibilità. Essere citati in un testo scolastico diffuso in tutta Italia significa che le nostre tesi sono quantomeno verosimili e attendibili, è finita l’epoca delle fantasie di cui siamo stati troppo spesso ingiustamente accusati. Ora speriamo che le ricerche possano continuare con più enfasi ed energia».
Il registro degli ospiti
Intanto proprio nel piano superiore dell’Abbazia, sistemato e riaperto grazie al contributo del Centro Studi San Claudio, sono sempre più i turisti che arrivano perché incuriositi proprio dalla storia di Carlo Magno, come testimoniano i libri dei visitatori che registrano data, provenienza e commenti (leggi l’articolo). «Vengono persone in continuazione, alcuni anche dalla Germania – spiega Antognozzi – sono ricercatori che hanno ascoltato le nostre tesi e vengono a verificare. Abbiamo riempito in un anno esatto cinque registri da 410 nomi ciascuno e la verità è che chi firma è una minima parte dei visitatori. C’è stato anche vescovo di Stoccarda che probabilmente è venuto fin qui per vedere con i suoi occhi se quanto diciamo può corrispondere a verità. Siamo un gruppo di volontari e facciamo difficoltà a mantenere il piano aperto per tutto l’arco della giornata, speriamo che il comune possa aiutarci con del personale aggiuntivo perché San Claudio, se ci crediamo, può essere veramente un punto di riferimento e una meta turistica capace di attrarre migliaia di persone ogni anno».
L’immagine dell’Abbazia di San Claudio a pagina 126
San Claudio al Chienti
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Prendo spunto da questo articolo che rende onore all’amico Prof.don Carnevale. Una vita di indagine e di studio, di nuovi orientamenti rimossi o esorcizzati dalla critica accademica.Molti altri sono gli studiosi che hanno bordeggiato questo tema a partire da Simonetta Torresi fino a Medardo Arduino. Ognuno per la sua parte. I dati statistici riportati da costoro sono così folti e in alcuni casi incontrovertibili.Questo mi porta a ipotizzare un questione “politico-turistica”. Ritengo che non vi sia modo migliore per “sponsorizzare” la nostra Provincia che professionalmente “amplificare” tali “racconti” . L’uomo ama il mito, la storia, l’epica, la fantasia, la suggestione. L’uomo è, come sostiene Cassirer, un animale simbolico. Sarebbe bene e bello “investire” su tutti questi segni e segnali che ci vengono dal passato (inclusi i Templari, ovviamente) una ragionevole storytelling, una fantasiosa, fino ad un certo punto, pubblicazione e documentazione in CD per meglio “parlare” di noi stessi e delle nostre radici. Sarebbe un bene per tutti.
Una parte molto piccola del CD diffonderla tramite rete.
Magno, ergo sum. Di certo S. Claudio è un bellissimo luogo così come lo è l’Abbazia.
Pienamente d’accordo con le proposte di Guido Garufi: la prima, di rendere più attuale la tesi del prof. Carnevale, laureato pure in archeologia (mi piace dirlo, per non farlo relegare al solo “professore salesiano”) mediante un CD. La notizia data da Cronache Maceratesi è vera: sono andato a verificare sul testo di Civiltà d’Arte e ho trovato con piacere il testo riportato da CM. Sulla seconda parte della proposta intelligente di Garufi ho i miei dubbi che si possa realizzare la questione “politico-turistica”, che poterebbe quattrini a palte nel Maceratese.. Già anni fa si erano trovati i fondi per produrre un documentario sulle tesi del prof. Carnevale. Quando sembrava tutto a posto e pronti a partire ecco che avvenne lo “stop” e tutto si fermò. Fu la Sinistra al potere provinciale e regionale a bloccare tutto? Fu la Massoneria?.
Sembra che anche agli archeologi dell’IRIAE di Napoli, che avevano fatto sondaggi per ritrovare, col permesso della Soprintendenza, la tomba di Carlo Magno, che sarebbe situata all’entrata dell’Abbazia, ebbero uno stop…
Al prof. archeologo Giovanni Carnevale è capitato ciò che Gandhi scriveva: “Prima ti ignorano. Poi ti deridono. Poi ti combattono. Poi vinci”. Siamo alla vittoria finale? Non credo. Qualcuno sta combattendo ancora le tesi del prof. Carnevale. Sono gli eruditi, che si limitano a negare senza opporre prove concrete, salvo ribadire le tesi tedesche. C’è un detto che dice più o meno così: “Se dici una bugia e continui a ripeterla, quella bugia diventa una verità”. Ormai sono secoli che continua la bugia di Federico Barbarossa, che si portò il corpo di Carlo Magno e altri reperti da San Claudio ad Aachen, nella sua nuova Cappella Palatina che stava costruendo in Germania. Ovviamente la Chiesa cattolica fece ponti d’oro alla fuga dei tedeschi, per appropriarsi delle terre che qui avevano lasciato. Ancora oggi, a secoli di distanza, il timore della Chiesa è ancora presente… Almeno sembra.
Però, dobbiamo alla Chiesa Fermana, seguita da quella Ascolana e Maceratese, che favorendo la formazione dei Comuni, abbia creato quella civiltà cristiana che da qui si è espansa in tutta l’Europa di allora…
L’amministrazione comunale di Corridonia potrebbe dare una mano al turismo. Ha iniziato il sindaco Calvigioni ponendo la targa commemorativa sulla tomba di Carlo Magno in San Claudio. Il sindaco Cartechini potrebbe apporre una indicazione di “Cappella Palatina” all’inizio del viale dei cipressi di San Claudio, quale indicazione turistica.
Condivido il suggerimento di Guido. Sono convinto da anni anche io che la ricerca di Don Giovanni Carnevale vada nella direzione giusta; pertanto mi rallegra la citazione nel libro di storia dell’arte a firma di Gillo Dorfles (che non era certo uno studioso qualunque…), con le opportune cautele, ma anche con apprezzabili aperture.
Mi auguro che arrivi il giorno in cui si possano effettuare scavi archeologici nel retro di San Claudio, là dove dovrebbe essere ubicato il “Palazzo di Re Carlo” (dei cui resti si fa menzione in uno scritto di un paio di secoli fa).
Grazie, io ero rimasto fermo allo storico Alessandro Barbero, che nessun partito pro-UE corteggia, forse non conoscendolo.
ricordo con affetto il mio professore. Già mezzo secolo fa parlavamo in classe di San Claudio e vi garantisco che noi non abbiamo mai dubitato della veridicità delle sue affermazioni. Don Carnevale mi ha fatto amare l’arte di cui era un profondo conoscitore e ricordo molte delle sue lezioni. È stato un maestro dalle grande intuizioni,, anche in campo economico e sociale, rivelatesi poi vere con il passare degli anni.
Era un po’ che non sentivo più parlare di questa favoletta in salsa picena. Avevo persino pensato che la tifoseria carnevalesca si fosse resa conto che lo scherzo era arrivato troppo in là. Finché la si cantava e la si suonava in qualche cenacolo del maceratese andava anche bene, un po’ di sana goliardia e di ruspante provincialismo non guastavano. Ma oltre i rassicuranti confini della Val di Chienti, il rischio di fare figure penose sarebbe diventato reale. E invece no. Sono bastate due minuscole citazioni (dove, tra l’altro, il “persino” suona quasi ironico)in uno dei tanti libri di testo di storia dell’arte della bergamasca Atlas Editore a risvegliare ardori sopiti e tifoserie che sembravano in disarmo. Finito il letargo, ricomincia la giostra. Buon divertimento.
Il signor Augusto Andreoli, più che un erudito di Storia, mi appare come la figura del “provocatore”, che serve al signor Rapanelli per chiedergli se ha prove contrarie alle tesi del prof. Carnevale e in quale veste discetta sull’argomento. E’ uno storico? E’ un archeologo? Conosce il latino antico e volgare? Conosce il tedesco antico e moderno? Occorre avere queste conoscenze per leggere i documenti e per rispondere al prof. Carnevale. Altrimenti, si risponde con aria fritta. Infatti, salvo i primi tempi della derisione e delle schioppettate in aria, adesso si tace. Preferendo intralciare politicamente il cammino spedito verso la verità. Nel silenzio tombale dei diversi veri eruditi che contestavano in passato le tesi del prof. Carnevale (e di altri che scrivevano sull’argomento Aquisgrana), il signor Andreoli è l’ultimo rimasto dell’ormai defunto generale Custer a sparare agli indiani vincitori con le corde vocali, facendo “pam, pam”. Mi piace annotare che il signor Andreoli deve aver passato anni fuori dell’Italia, altrimenti avrebbe letto fino all’ultimo libro pubblicato dal prof. Carnevale, nel quale fa addirittura sprigionare, con la Storia e i documenti alla mano, la civiltà cristiana europea addirittura dalla Chiesa Fermana, la prima a dare vita ai Comuni del Medioevo.
Facciamo una cosa interessante: ho a disposizione una televisione locale in cui organizzare – alla pari – un dibattito pubblico tra il signor Andreoli con uno dei diversi collaboratori del prof. Carnevale. Che ne dice?
Termino congratulandomi con Marco Ribechi per lo scoop della notizia del quasi riconoscimento delle tesi del prof. Carnevale, apparsa su Civiltà d’Arte, di cui, senza questo articolo su C.M., non ne conoscevo l’esistenza.
E’ flaubertiano che un prete dedichi la vita a dimostrare che a Carlo Magno piaceva da matti la Val di Chienti, tanto da trasferirci la residenza e che migliaia e migliaia di storici in tanti secoli non se ne sono mai accorti perché ingannati da una Chiesa imbrogliona preoccupatissima di cancellare ogni prova di questa predilezione. Però è un po’ meschino pensare allo sfruttamento turistico della tomba di Carlo Magno che ancora non si è trovata e del palazzo di Carlo Magno tutto da dissotterrare. Un po’ di decoro, un po’ di serietà non guasterebbero…
Nè storico,nè archeologo,nè conoscitore dei libri del Prof.Carnevale,ma a me pare strano che muore un imperatore del prestigio di Carlo Magno e nessuno all’epoca ricordi che l’evento avviene a San Claudio dove viene sepolto.
Giorgio Rapanelli, se lei fosse meno distratto o smemorato (dato che i suoi commenti sulla questione si sono spesso incrociati con i miei in quasi tutti gli articoli sulla questione pubblicati da CM in questi anni)invece di darmi del provocatore e far domande tendenziose, si rileggerebbe alcuni dei miei interventi. Ne incollo due presi dai commenti all’articolo di Liuti del 2016, come esempio del fatto che io i testi latini originali li ho letti e straletti (cosa che dubito abbia fatto lei), a partire da Eginardo fino agli altri spesso citati da don Carnevale. Di commenti circostanziati, citando i testi ne ho fatti diversi. Se vuole, appena ho tempo glieli mando tutti e chiedo io a lei di rispondermi nel merito dei testi. Magari così approfitta per leggerli e non per pontificare de relato.
Augusto Andreoli
il 2 Agosto 2016 alle 15:44
Per chi non sapesse della vexata quaestio di “im Ornat”: nel lontano 2010 do Carnevale scriveva “A questo punto è lecito il seguente sillogismo: Ornat era in Italia perché vi fu condotto il cadavere di Papa Formoso. Carlo Magno incoronò suo figlio nella Cappella di Aquisgrana, posta nei pressi di Ornat probabilmente l’attuale Acquaviva Picena). Ergo Aquisgrana era in Italia”. Sillogismo perfetto. Peccato che…Ornat non esiste come localita in tutto l’orbe terrarum. “Im Ornat” ,“im Ornat” significa “in ornato” (come si sa, i sostantivi tedeschi sono in maiuscolo) o, più correttamente “in regalia”, cioè vestito con gli abiti regali, riferito a sovrani, papi o imperatori. Carlo Magno, in regalia, e seguito dai dignitari di corte, incoronò il figlio Lodovico nella Cattedrale di Aquisgrana (Aachen). Così come il cadavere di papa Formoso, in regalia, cioè rivestito dei paramenti pontificali, fu sottoposto al celebre Sinodo del Cadavere a Roma. Onestamente, rimango stupito che don Carnevale, che dice di conoscere il tedesco, sia caduto in un simile scivolone o abbia, comunque, preso per oro colato la pessima traduzione nel volume di Jedin pubblicato dalla Jaca Book. In quanto ad altre due chicche apodittiche di don Carnevale: la non sismicità di Aachen e il fatto che in quel luogo, se fosse tedesco, non potevano esserci vigne. Sulla prima questione rimando al link ad una foto (zone sismiche in Germania, https://www.google.it/search?q=Aachen+earthquakes&biw=1152&bih=512&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwizxKDJ7qLOAhWLOxQKHZHQAaEQ_AUIBygC#imgrc=cDWfIfKSI9M_VM%3A), e in quanto alle vigne le ricordo che la viticoltura era stata introdotta dai Romani nel I° sec. AC, quindi non era davvero, come scrive Carnevale, “improbabile che all’epoca ad Aachen allignassero i vigneti”. Non solo: ad Aachen ancora oggi esiste una “famosa vigna con 99 viti” e vi si tiene ogni anno un celebre Wine Festival, come in altri luoghi della valle del Reno.
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Augusto Andreoli
Augusto Andreoli
il 3 Agosto 2016 alle 16:29
FINE DELLA FAVOLA!
Una delle tante prove documentali che Aquisgrana era l’attuale Aachen.
Nella lettera n° 14 (indirizzata a fratel Gerwando, bibliotecario della Scuola Palatina) Eginardo scrive, mentre si trova nella chiesa dei Santi Martiri Pietro e Marcellino di Mulinheim (attuale Selingenstadt, a est di Francoforte sul Meno) da lui voluta sulle terre a lui concesse da Ludovico il Pio e in risposta alla lettera di Gerwando che gli chiedeva di tornare a Palazzo, che le sue attuali condizioni di salute non gli permettono di fare avanti e indietro tra Aquisgrana e Mulinheim: “[…]tanto per la difficoltà della via che per cagionevole salute è raro che mi ci vogliano meno di 7 giorni per andare da Aquisgrana alla chiesa dei Martiri[…]”
Ora, da Aachen a Seligenstadt sono circa 270 km. Quindi, in condizioni non ottimali di salute, avrebbe percorso 40 km al giorno, a piedi o a dorso d’asino. E ci sta. Non è credibile, invece, che in 7 giorni – che Eginardo considerava già tanti e che in tempi di miglior salute avrebbe percorso in molti meno giorni – andasse dal Piceno a Selingenstadt (1150 km) e con le Alpi in mezzo.
Per Bonfili. Forse è vero che la storia la scrivono i vincitori e allora ecco che l’evento marchigiano di Carlo Magno viene ‘cancellato’ dalla memoria storica o, peggio, non viene mai memorizzato. E’ come la lingua latina, noi non conosciamo il latino se non quello che almeno una volta è stato scritto sulla pietra o sulla pergamena.
Ricordo a Rapanelli, inoltre, che le prime forme di organizzazione comunale furono le repubbliche marinare, che Milano si organizzò in comune tra 1040 e il 1045 e che furono soprattutto realtà politico-amministrative presenti nel nord Europa e nell’Italia settentrionale, almeno fino al XII secolo. Dire che fu la Chiesa fermana a dare origine alla società comunale e addirittura! alla civiltà cristiana europea è davvero un’altra carnevalata. L’ultima nell’ordine dopo Carlo Magno nato e morto a San Claudio, Abelardo nato a Macerata, Pipino e Berta sepolti a San Ginesio, la sindone custodita per 5 secoli a San Claudio e via delirando. Voglio pensare che tutti voi corifei del sacerdote mistificatore siate in buona fede e la vostra sia solo ignoranza. Ma comincio a dubitarne.
Non ho ancora compreso che cosa c’è (o ci sarebbe) nelle Marche di Carlo Magno. Qualcuno lo sa? Il rischio è quello paventato dal noto e stimatissimo giornalista Marco Travaglio: la scomparsa dei fatti.
A Jacobini che mi onora di una citazione immeritata.Per ogni cosa di questa portata c’è sempre un limite e qualche scampolo di verità emergerebbe sempre.
Rapanelli, se clicca sul mio nome compaiono ca. 50 commenti sulla favoletta, alcuni dei quali con citazioni puntuali dai testi. Diversi erano in risposta a lei, che, davvero, ha scarsa memoria e mi chiede a che titolo ecc. ecc. In CM trova anche il mio primo intervento/articolo a riguardo (https://www.cronachemaceratesi.it/2010/07/28/aquisgrana-a-san-claudio-troppe-cose-non-quadrano/37209/)
Signor Andreoli, ho la sensazione che, data la virulenza usata da sempre contro il prof. Carnevale, lei sia un mangiapreti, e contemporaneamente un “portavoce” degli interessi germanici, dato che cita le tesi tedesche su Aachen. Dice male sempre di Carnevale, quando il compianto Febo Allevi aveva ipotizzato Aquisgrana in val di Chienti prima di lui. Mentre alti autori, come MEDARDO ARDUINO, ELISABETH DE MOREAU D’ANDOY e SIMONETTA TORRESI, tanto per citare, pur partendo dalle ipotesi di Carnevale, hanno poi elaborato altre ipotesi, ma facendo rimanere sempre Aquisgrana qui da noi. Perché non schizza il veleno anche su costoro? Li tratti come tratta il novantaseienne prof. Carnevale. Metta anche costoro nel calderone delle contumelie (carnevalate), che non perde occasione di dirige sul prof. Carnevale. Teme una forte reazione da parte di questi ferrati e pugnaci autori?
In attesa che gli esperti diano risposte sia sui prodotti agricoli elencati nel Capitulare de Villis di Carlo Magno, che venivano coltivati ad Aquisgrana (nel clima nordico? nel clima mediterraneo?) intorno agli anni 800 d.C., sia sui tempi di spostamento, – e per quali valichi alpini durante l’inverno – della grossa scorta, formata da armati, cavalli, valletti, cuochi, bovari, da carri trainati da buoi contenenti prodotti alimentari, tende da campo, foraggio, utensili, con cui si muoveva Carlo Magno per venire in Italia, soprattutto per incontrare il Papa. Quindi, che ci stava a fare in quelle selve nordiche, il cui l’unico problema era rappresentato dai Danesi, dai Vichinghi con le loro scorrerie, per le quali bastavano fortini e armati.
Come poteva Carlo andare a fare il bagno a 150 chilometri dalla sua Aquisgrana, oppure uccidere sulla spiaggia i cinghiali in battute di caccia, così lontano da Aachen? Da San Claudio poteva andare a Porto Civitanova, fare il bagno, o la battuta di caccia al cinghiale molto più facilmente, data la vicinanza della sua reggia.
Che ci stava a fare ad Aachen quando tutta la vita politica, socioeconomica e culturale dell’epoca si svolgeva in quella fascia di confine con il sud Italia che va dal Tirreno all’Adriatico, con le città marinare che collegavano quella parte dell’Impero attraverso la “pozzanghera” (così la definiva Carlo) dell’Adriatico con l’Impero d’Oriente e con i califfati musulmani in espansione, con cui Carlo Magno intratteneva buoni rapporti. Salvo nel caso di guerre per fermare l’espansionismo saraceno che premeva dal sud dell’Italia. Con Aquisgrana in val di Chienti tutto ciò poteva avvenire facilmente. E facilmente, in un paio di giorni, poteva contattare il Papato anche d’inverno, per sostenerlo e controllarlo. Intanto faceva costruire chiese, abbazie e monasteri in tutta questa fascia di confine, e in particolare tra il Fermano e il Maceratese. Possiamo trovare in Germania molte chiese costruite con i moduli che troviamo a San Claudio, nel Maceratese e a Germigny des Prés?
Siamo alle battaglie finali contro il prof. Carnevale (e pure contro altri autori, che partendo dalle sue tesi, hanno poi elaborato altre ipotesi storiche). Vedo che stiamo arrivando alla vittoria finale. Per intanto lasciamo alle università di fare i loro accertamenti, soprattutto archeologici. Se lo vorranno. E soprattutto se avranno i mezzi finanziari per poterli fare.
Alla fine, è solo una questione turistico finanziaria, quella che mi interessa. Togliere un po’ di flusso di turisti ad Aachen, dove Carlo Magno non esiste, e portarlo qui in val di Chienti dove probabilmente Carlo Magno c’era.
No comment. Quello che scrive sopra parla da solo e qualifica tutto il circo Barnum dell’Aquisgrana picena. Inutile persino dialogare con voi, portare documenti, smontare le teorie di don Carnevale (che critico non in quanto sacerdote ma in quanto mistificatore della Storia per pura vanità personale). Cantatevela da soli, prima o poi qualcuno vi farà rinsavire.
signor Andreoli, non faccia il furbastro con quattro note su CM. Faccia come hanno fatto Carnevale, Arduino, la De Moreau e la Torresi, più alcuni altri: scriva anche lei un bel libro e sfidi i contrari con questo. Le mie e le sue su CM sono solo chiacchiera da salotto, con una bella birra ghiacciata tra le mani.
Rapanelli, lei cita 3 illustri sconosciuti ed una docente locale. Il Prof. Cardini, da me contattato, a proposito di Carlomagno nato e morto a Macerata, mi rispondeva sinteticamente :”Strano che non se ne sia mai accorto…” Se permette, oltre ai testi latini originali da me letti, ubi maior multi minores cessant. E la sua birra ghiacciata se la centellini con moderazione, che può andare alla testa e far vedere spiriti che da secoli riposano oltralpe.
Io sottoscritto Feliziani Tarcisio, presidente dell’Associazione Pro Rambona, visto il dialogo in merito alle notizie apparse su Cronache Maceratesi riguardo alla storia di Carlo Magno, faccio presente che il 12 aprile 2019 abbiamo presentato a Pollenza il libro di Simonetta Torresi “Alessandro Barbero su Carlo Magno sbaglia”, nel quale l’autrice propone un’analisi critica del libro “Carlo Magno un padre dell’Europa” dello stesso Barbero.
Vi invito a leggere il libro della Torresi in quanto in esso emerge in modo inoppugnabile le incongruenze della storia ufficiale.
Invito pertanto il Sig. Augusto Andreoli e quanti lo volessero, anche docenti dell’Università, a Pollenza per “difendere” l’ufficialità della geografia e della storia.
Le tesi della Dottoressa Torresi sono ben definite in un tomo di più di 600 pagine dal titolo “II + II La storia dei popoli delle Marche ovvero l’origine d’Europa”, nel quale lo spazio di tempo studiato parte dai popoli pre-romani fino alla fine del Medioevo.
Anche tale libro è stato presentato a Pollenza.
Chiedo al signor Feliziani di illustrare gli errori commessi da Alessandro Barbero.
Sono curioso anch’io di sapere quali sarebbero le incongruenze della storia ufficiale. In quanto all’invito, del quale ringrazio, sono ben disposto – in tempi e modi da concordare – di accettarlo. Ad una condizione: fatemi avere un elenco dei 10 elementi centrali a difesa di una Aquisgrana Picena (a suo tempo don Carnevale aveva elencato 5 o 6 punti) ed io sarò più che felice di poter dire la mia a riguardo.