Quanno la domenneca
se java a la messa a piedi

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

 

di Mario Monachesi

“Lu juidì per casa, / la domenneca ė ‘rriata”.

Fino alla metà degli anni ’60, almeno, le famiglie non avevano tutte le automobili di cui dispongono oggi. Semmai la bicicletta e qualche motorino. Quindi anche alla messa della domenica i più andavano a piedi.

DOMENICA-2Gli anziani e le donne che poi dovevano “preparà’ da magnà'” andavano “a quella presto” (ore 6 o 7 del mattino), “la joentù a quella de le jeci e menza o undici”. “Le vardasce, amiche e vicinate de casa, facia la strada in gruppu, pe’ li vardasci era l’occasiò’ pe’ parlà’ a quelle che aviano sdocchjato”. Lungo il tragitto da casa alla chiesa quindi non era raro assistere a conoscenze e successivamente veder nascere fidanzamenti. “L’amurusu mia quanno va a la messa, / vicino a la porta d’uscita se ‘nginocchja; / je so’ mannato a di’ che n’ ce sse metta, / perché co’ lo guardà’ a issu perdo la messa”. “L’anziani ‘n po’ mino, ma frichì, joentù e menza età ce tinia a vistisse vė, a mettese li pagni voni, o come se usava di’, li pagni de la festa. Po de Pasqua e de Natà’ ce se rnoava proprio” (si indossavano i vestiti comprati per l’occasione).

DOMENICA-3Erano tempi di povertà ma la dignità era senz’altro piu sentita di oggi. Magari si privavano i genitori, “ma pe’ fa’ ghj ben vestiti li fiji” facia ‘gni sacrificiu”. E sfoggiare qualcosa di nuovo era “pe’ le persó’ de quell’anni” motivo di gioia e di allegra rivalsa, e se “‘n po’ de ‘saputo trasparia, era quello umile, justuo, senza lo spavardo svomichevole de ‘sti tempi”.

“Ogghj ė domenneca / se tira le pocce a menneca / se mette sopre lu comò / je se fa di’ / …sci…no”.

DOMENICA-1Chi per raggiungere la chiesa “duvia ‘traessà’ a campi, su li piedi portava un paru de scarpacce, su le ma’ invece quelle vòne. Giunti nei pressi, “dereto a la prima fratta” facevano il cambio, per poi rifarlo al momento di ripartire per casa. Le donne “se mittia lu fazzulittu su la testa e boccava, l’ommini prima de menza messa, no. Se trattinia a parlà’ de vestie, de li raccordi e de lu tempu su lu sagratu”. Se nel mentre passava qualcuno, non era raro sentirlo ammonire: “La messa ė scappata, che facete ancora ecco, che ve fa male la puzza de la cera?” “La messa ė come la pulenda / è bbona quann’ė mmenza”. “La messa è come l’anzalata / non è bona se non è cuminciata”. Al termine tutti nuovamente sul sagrato a salutarsi e scambiare “du’ chjacchjere”.

Non mancavano le “chjacchjerette ( o anche dette “fa’ li fichi”) su ‘chjdù” (qualcuno/a). Le madri sempre guardinghe, “tra ‘na parola e l’atra”, non dimenticavano di “controllare” con chi “parlavano” le figlie. Scrutavano “‘lli pori vardasci pegghjo de li carvigneri”. Poi una volta a casa arrivavano gli immancabili consigli, ammonimenti o divieti. Erano le madri di una volta. “Nonostante questo, qualcuno se ricambiato dalla ragazza, trovava il modo di riaccompagnarla per un po di strada anche al ritorno. Era il chiaro segno che qualcosa tra loro stava nascendo. Le parole che si scambiavano erano immancabilmente “pulite e sognatrici”. Passo dopo passo “costruivano” un futuro da favola. Le ragazze che invece andavano a messa in paese, prima di riprendere la strada di casa, anch’esse “accompagnate da qualche “spasimante” passavano in edicola a comperare i romanzi Lancio, TV Sorrisi e Canzoni o altri giornali con i manifesti dei divi del momento che, una volta a casa, appendevano nella loro camera.

Il giorno domenicale era così atteso, vissuto e sognato che un tempo veniva annunciato anche da diverse filastrocche: “Domà’ è domenneca / lu prete sopre la menneca / la menneca se roppe / lu prete sopre la votte / la votte se scutula / lu prete sopre la ruta / la ruta se spacca / lu prete sopre la nnaspa / la nnaspa se rizza / lu prete se stizza”.

☆ “Domà’ adè festa, / se magna la minestra / la minestra non me piace / se magna pa’ e vrace, / la vrace è troppo nera, / se magna pa’ e pera, / la pera è troppo vianga, / se magna pa’ e panga, / la panga è troppo dura, / se va a llettu addirittura”.

☆ “Domani è ffesta, / se magna la minestra; / la minestra non è ccotta, / se magna la ricotta, / la ricotta non è salata, / se magna la ‘nzalata; / la ‘nzalata non ci-ha ll’ojo, / se va ar Cambidojo, / se tira ‘na cordella / scappa fòri ‘na pucinella; / la pucinella va a la messa, / lu prete je da ‘na scoppoletta / casca jó issu co’ tutta la verrétta”.



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