La carne in bottacchju

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

di Mario Monachesi

In campagna durante gli estivi lavori a “rajudu”, la “merennetta” pomeridiana consisteva quasi sempre in una padellata “de carne in bottacchju” (potacchio). La vergara poteva sceglie tra pollo, coniglio, papera, oca, agnello. Comunque carne bianca. Di solito nella padella ci finiva un’oca, presentandosi con più chili riusciva a sfamare più persone, “ce se magnava de più”. Di polli ce ne sarebbero voluti almeno un paio o tre, poi essendo la loro carne più pregiata venivano lasciati sia per le occasioni più importanti che per dare la parte a “patró e fattó”.Il potacchio, una portata molto saporita è gustosa, è una preparazione culinaria tipica delle Marche, una sorta di brasatura che prevede la cottura in una pentola. Il nome pare derivi dal germanico “pott” che sta ad indicare il contenitore in cui una volta si cucinava, una pignatta in terracotta. Fino a tutti gli anni ’50 veniva cotto “su lu fornelli co’ la vrascia”, precedentemente preparata accendendo il camino. Oppure direttamente nel camino, sistemando in un angolo un “treppé” (tre piedi) su cui poi appoggiare la pignatta o padella. In ogni caso, per tenere viva la brace e condurre a termine la cottura, c’era da “svontolà’ de cuntinuu co’ la ventola”. Anche “pe’ preparà’ da magnà’ c’era da fadigà’ e sudà”. Negli anni ’60 arrivò “lu pipigasse”, due o tre fornelletti alimentati a gas.

bottacchju.-2-325x325La ricetta antica “de lu bottacchju” prevedeva semplicemente carne (sempre) bianca fatta a pezzi, olio, aglio, rosmarino, sale e una spruzzata di vino. C’era chi contemporaneamente, avendo scelto di cuocere l’oca, faceva sciogliere il grasso in un’altra pignatta, poi a cottura ultimata dell’oca, lo buttava caldo sopra ai pezzi in modo da inaporirli ancora di più e più facilmente conservarli. Questo metodo di mantenimento è tanto efficace quanto antico. Oggi anche questa ricetta ha subito aggiornamenti. Per preparare l’oca, la papera o “lu cunellu” per 4 persone occorrono: un’oca, due spicchi d’aglio, rosmarino, salvia, vino bianco (da 2 a 3 bicchieri), un bicchiere d’olio extravergine d’oliva, pomodoro, sale qb, pepe qb. Tagliare a pezzi (sette o otto) l’animale, in un tegame disporre la carne, l’olio, l’aglio, il rosmarino, la salvia e un bicchiere d’acqua. Far rosolare bene per alcuni minuti poi sfumare con il vino, aggiungere i pomodori e continuare la cottura a seconda della durezza della carne. Il tutto richiede un paio d’ore, anche 3, di lavoro. Il risultato finale sarà da favola, gusto e sapore d’altri tempi assicurato. Per contorno avvicinategli una bella “nzalatella”, insalata con pomodoro, cipolla, “melangole” (citrioli), porcacchja, rucola, pimbinella e chi più ne ha più ne metta. “La robba de campagna, adè cojó chi no’ la magna”. Buon appetito



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