Liana Maccari
Le tesi del professor Giovanni Carnevale diventano un libro di racconti. La scrittrice treiese Liana Maccari, già insegnante di storia nei licei di Recanati, Cingoli e San Ginesio, ha tratto ispirazione proprio dalle teorie della Francia Picena (leggi l’articolo) per ambientare il suo libro “Racconti medioevali”. «Ritengo gli studi di Giovanni Carnevale estremamente interessanti – spiega Maccari – C’è una grande parte della storia della nostra regione che è stata occultata, forse per la supremazia della Chiesa sull’impero. Le Marche conservano tanta civiltà, le nostre città sono una costellazione di capitali che però sono rimaste nel mistero. E’ una sorta di terra di nascondimento». Il libro è composto da nove racconti a metà tra invenzione creativa e studi storici. «Trovo che questa può essere la vera traccia di percorsi storici ancora poco conosciuti – continua l’autrice – E’ molto difficile dimostrare le argomentazioni di Carnevale ma credo che meritino di essere tenute in considerazione con serietà. Parliamo di un’epoca antecendente all’anno Mille, non ci sono opere d’arte su cui basare le ricostruzioni, le testimonianze di quel periodo sono scritte sul terreno». Il libro raccoglie storie di ispirazione popolare, alcuni si rifanno a dei personaggi storici. «L’idea è soprattutto quella di incuriosire i lettori – conclude Maccari – Ritornare all’indagine storica con una curiosità rinnovata. I miei racconti appunto nascono da un’indagine storica ma poi sono delle divulgazioni lettarie, dei racconti che uniscono l’invenzione con una storia che deve essere ancora compresa appieno».
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Se ne sentiva forte il bisogno perché questa è davvero una “terra di nascondimento” che sa celare magistralmente molti misteri della storia sotto generosi strati di un umorismo involontario squisitamente autoctono.
Noi Italiani – e Marchigiani in particolare – diamo per scontato che tutto sia stato svelato e scritto. Quindi non ci sia più nulla da svelare. Non si indaga, poiché non c’è nulla da indagare.
Il Professore Giovanni Carnevale ha dato uno scossone alla storia di Carlo Magno. Mentre i Tedeschi stanno zitti, in quanto si sono tenuti Carlo Magno fin da quando regnava Federico Barbarossa, che aveva buoni motivi politici per portarsi Carlo Magno e Aquisgrana ad Aachen, noi ce lo siamo lasciati scippare senza fare una mossa, proprio per quel senso di servilismo che ci caratterizza.
Oggi, dopo Carnevale, altre persone si stanno interessando delle tesi di Carnevale, studiando ad esempio i percorsi e i tempi dei viaggi di Carlo Magno, come sta facendo Antonio Volpini… Al di là di chi ha ragione, le vestigia carolingie presenti in abbondanza nella zona maceratese e fermana dovrebbero stimolare i politici provinciali e regionali a sfruttare questo aspetto con obiettivi turistici. Ad esempio, una bella polemica con i Tedeschi scatenerebbe l’interesse a livello mondiale.
La Liana Maccari, con il suo libro, non fa altro che soffiare sulla fiamma. Lo acquisterò, soprattutto perché, al di là dell’argomento di Carlo Magno, parla di storie della nostra Storia. C’è gente che ama la sua terra marchigiana e lo dimostra con le opere letterarie artistiche.
Sia chiaro che Macerata non è altro che un modo di particolarizzare che non ha esistenza reale di per se stesso. Macerata esiste solo in relazione alla nostra coscienza che particolarizza.
Il grave problema, o Pavoni, è che la nostra coscienza particolarizza a singhiozzo, mentre la modalità maceratese comporta una particolarizzazione continua e, per così dire, h24.
La favola immaginata da don Carnevale continua la sua imperterrita autonarrazione, irrobustita e puntellata dai suoi discepoli. Ma tale rimane: una favola, appunto. Che magari all’inizio diverte pure, ma poi, col tempo e reiterando improbabili conclusioni e pseudo-scoperte, diventa stantia. Per finire nel ridicolo, trascinando con sé persino alcune istituzioni regionali.
Al di là del tono contro-polemico dell’articolo, suggerisco a tutti di rileggere, nel merito e nei contenuti, il post del 2014 dal blog di Michele Mazzieri http://lacittadellefrottole.blogspot.it/2014/11/aquisgrana-nelle-marche-cosa-resta.html
Non credo che siano già delle tesi, ipotesi certamente sì. Insomma le asserzioni di Don Carnevale, grande studioso, vanno suffragate da prove inconfutabili. Secondo me. Ecco perché si ‘butta’ sul racconto.
Per Giorgio Rapanelli: “le vestigia carolingie presenti in abbondanza nella zona maceratese e fermana”. Quali sarebbero, di grazia ? E perché con tanto ben di Dio a disposizione al Museo Archeologico Nazionale delle Marche non c’è un – dico un – reperto che rimandi ai Franchi ?