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Nuove cave, frattura Provincia-Regione

LE INCHIESTE DI CM - L'ente guidato da Antonio Pettinari è pronto a proseguire con il piano delle attività estrattive con il consenso o meno di palazzo Raffaello. Ma da Ancona potrebbero decidere di impugnare e fare ricorso al Tar

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Terza puntata dell’inchiesta di Cronache Maceratesi sulle cave vecchie e nuove nella provincia di Macerata. Dopo le proteste dei sindaci di Treia e Cingoli sulle nuove cave previste dall’aggiornamento del Piano provinciale delle attività estrattive (Ppae) e la scoperta che la Regione aveva preannunciato un parere negativo sul Ppae (leggi la prima parte dell’inchiesta), la Provincia si è difesa puntando il dito contro le cave regionali per il ripascimento delle spiagge (leggi la seconda parte dell’inchiesta). Tra accuse reciproche e dubbi ancora da chiarire prosegue il viaggio alla scoperta dei trafori del Maceratese, in attesa che la Regione si esprima ufficialmente sulla vicenda.

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cava rio cingoli

La cava di Rio, a Cingoli

Cingoli

Materiale estratto in una cava di Cingoli

 

di Federica Nardi

Nuove cave, avanti tutta della Provincia, anche senza l’ok della Regione. L’ente è deciso a proseguire con il piano cave, e se non farà un passo indietro (ritirando gli atti del Piano provinciale delle attività estrattive, il Ppae) alla Regione resteranno due possibilità: impugnare tutti gli atti di fronte al Tar (come previsto dalle sue funzioni) o dare il benestare al piano provinciale, restando in silenzio. Tra il programma provinciale e quello regionale c’è l’ombra di una potenziale incongruenza normativa (che spetta solo al tribunale definire illegittima) che ad Ancona è ben nota non solo ai tecnici ma, dallo scorso settembre, anche alla politica. «Il piano di escavazione provinciale non può andare avanti se non viene aggiornato quello regionale – dicono più voci in Regione – Tutti gli atti della programmazione locale devono essere trasmessi inoltre al presidente della Giunta». Ma giorni fa gli uffici della Provincia facevano sapere che «le procedure di screening per le nuove cave (il primo controllo per capire se effettuare o meno la Verifica di impatto ambientale, ndr), vanno avanti. La Regione non ha fatto sapere nulla». Ma la Regione, al contrario, continua a rimarcare il suo no dal dicembre 2014. In un clima dove la mano destra sembra non sapere cosa fa la sinistra. La Conferenza dei servizi dove si doveva parlare del Ppae e delle nuove cave che si vogliono aprire, prevista questa settimana, è stata prima convocata, poi la Provincia ha negato che ci fosse stata una convocazione e ha parlato di un incontro con i Comuni interessati (che invece dicono di non saperne niente), per poi essere rimandata a data da definirsi.

Una cava attiva a Cingoli

Una cava attiva a Cingoli

camion cava rio

I camion scaricano la terra nella cava di Rio

Nel frattempo da qualche giorno al confine tra Treia e Cingoli una decina di camion rossi carichi di terra partono dalla discarica di Fosso Mabiglia e si fanno strada fino a un’altra voragine a cielo aperto, la cava di Rio. Un buco ampio centinaia di metri nel fianco della collina lasciato lì dal fallimento della Sielpa dove ora, con la proroga concessa da Provincia e comune di Cingoli, i macchinari della Aross srl e della Ditta Cava Rossetti Oreste srl proseguono nel tentativo di ricomporre il gigantesco anfiteatro di terra e breccia. Un via vai incessante che spezza l’immobilismo di un territorio dove da due mesi, nelle cave, non vola una mosca. Lo sguardo si posa su una terra che guarda al cielo con un doppio volto, pieno di cicatrici. Da un lato decine di avvallamenti lasciati dai vecchi scavi dove l’erba cresce sulle zolle di terra rimosse, dall’altro strade e colline che sono scomparse nel giro di un anno, lasciando il posto a conche bianche ed escavatori. Che se lavorano lo fanno con una routine dettata dal ritmo dalla violenta crisi che da anni ha colpito il settore immobiliare e di escavazione.

Una delle cave tra Treia e Cingoli che in un anno ha ridisegnato la strada e la valle

Una delle cave tra Treia e Cingoli che in un anno ha ridisegnato la strada e la valle

In provincia di Macerata sono 388 le cave dismesse, di cui 196 hanno bisogno di interventi su tutta o parte della superficie. Solo 13 sono recuperate o in corso di recupero. Un recupero difficile perché costoso che ha spinto la Provincia nell’ottobre del 2015 ad aggiornare tra i proclami il Piano delle attività estrattive, nonostante quello regionale, il Prae, non fosse stato aggiornato proprio perché, dati alla mano, la Regione non lo ha ritenuto necessario. Scopo dichiarato del piano provinciale, tra gli altri, proprio quello di recuperare le centinaia di cave rimaste aperte perché mai esaurite completamente o perché scavate da ditte che sono fallite (i più fortunati in dieci anni sono riusciti a estrarre il 60 percento dei metri cubi previsti). Scavi che negli ultimi decenni hanno radicalmente cambiato il paesaggio.

Una cava a Cingoli vista dalla strada

La vista dalla strada di una montagna scavata

Non solo delle colline tra Treia e Cingoli (emblematica in questo senso l’area di Schito), ma anche delle montagne del Balcone delle Marche (bacino di estrazione più importante della regione), aperte a colpi di mine per estrarre quel calcare che tutta l’Italia ci invidia e che è stato la fortuna di tanti cavatori e di tanti bilanci comunali. Almeno finché l’economia ha retto. Perché nel 2014, dati della Regione, la flessione del mercato è stata inesorabile e i risultati sono evidenti: mentre nel 2002, per il primo Ppae, i cavatori hanno fatto a gara per aggiudicarsi un buon posto in graduatoria, a ottobre scorso all’appello hanno risposto solo cinque ditte. Ma l’importante, dice il presidente della Provincia Antonio Pettinari, è permettere alle ditte di programmare il lavoro. Cioè scavare e vendere, anche se la Regione ha detto no e il Corpo forestale ha avanzato i suoi dubbi. I criteri per accedere al Ppae sono chiari: bisogna aver scavato almeno il 60 percento del quantitativo previsto dal precedente Ppae, e aver collaudato e aver concluso secondo determinate percentuali la compensazione ambientale delle cave precedenti. Ma non contano le cave regionali, con il controsenso che, nonostante alcune ditte non abbiano affatto collaudato cave regionali precedenti, possono comunque presentare nuovi progetti di escavazione. E l’hanno fatto, come la Generale Calcestruzzi srl dato che, riporta il comune di Treia in una delibera di aprile, «il perimetro del sito in progetto è in adiacenza ad una cava autorizzata alla medesima ditta il 20 giugno 2000, non ancora collaudata». Stesso discorso per la situazione, già segnalata dall’inchiesta di CM, della Cava Rossetti Oreste srl, che deve ancora collaudare la cava regionale a poco più di 200 metri da Pian della Castagna, dove intende aprirne un’altra.

(3/continua)

Montagne di breccia a Treia

Montagne di breccia a Treia

Una ex cava tra Treia e Appignano

Una ex cava tra Treia e Appignano

La discarica di Fosso Mabiglia

La discarica di Fosso Mabiglia, Cingoli

 



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