Adornato, l’Università che sarà:
“Piedi per terra guardando al futuro”

INTERVISTA ESCLUSIVA - La sua per ora è l'unica candidatura a rettore dell'ateneo di Macerata e gode di ampi consensi: "Nasce da un percorso condiviso. I direttori dei dipartimenti appoggiano il programma che ho presentato. Rappresenta la continuità con quanto fatto da Lacchè. Possiamo migliorare sull'internazionalizzazione e con l'allargamento agli sponsor. Avanti con nuovi spin off. Manca un cinema e su questo lavoreremo. Macerata? Città civile e vitale. Unimc deve essere nei disegni delle politiche urbanistiche". Docenti e personale andranno al voto il 15 giugno

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Francesco Adornato intervistato da Gianluca Ginella nella redazione di Cronache Maceratesi (foto di Lucrezia Benfatto)

 

di Gianluca Ginella

Ogni mattina, ad un quarto alle 8, il barista Pierino Cammertoni serve un caffè ristretto. Dodici ore più tardi la stessa persona che ha preso il caffè entra per bere un succo, terminata la giornata di lavoro, e poi torna a casa. Avviene da nove anni. Da quando l’uomo che entra a prendere il caffè, Francesco Adornato, 64 anni, è diventato, prima preside e poi, con la riforma, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’università di Macerata. Una città in cui vive da molto tempo «dal 1993, venivo da Roma» dice e dove ora è in corsa per diventare il nuovo rettore (le elezioni si terranno il 15 giugno). E lo fa con un programma dove la parola chiave è “futuro”. Una candidatura, la sua, che al momento è l’unica (eventuali concorrenti hanno tempo fino al 16 maggio per farsi avanti) e che trova ampie adesioni. «Sarà per una questione di empatia, per il mio rapporto con la città» dice Adornato. Una città che ormai lo ha adottato. E che lui ama vivere, frequentare, per conoscere. Una vita, quella del neo candidato, vissuta lontano dalla sua città d’origine, Cittanova in provincia di Reggio Calabria. Diecimila abitanti e che nello stemma ha un pino, un albero realmente esistito, nato con la città e vissuto per tre secoli. Radici profonde, dunque. Ad esempio come quelle del mito di Anteo, che Adornato ama citare: «Anteo aveva i piedi fissi per terra grazie alle radici che nascevano sotto i suoi piedi, ma era alto, un gigante, e la sua altezza gli consentiva di vedere ciò che avveniva in lontananza – spiega Adornato, che ha concesso a Cronache Maceratesi la prima intervista dopo essersi candidato  –. E anche noi, come ateneo, dobbiamo restare con i piedi fissi nel territorio, ma avere la capacità di guardare al futuro prima che il futuro arrivi».

Francesco Adornato_Foto LB (7)Professor Adornato, come nasce la sua candidatura?

«Era nell’ordine delle cose candidarmi. C’è stato un processo collettivo, condiviso da tutto il senato accademico, dal rettore, c’è stato un percorso condiviso in questi anni, forse si è valutato che io sia la figura di continuità. Una candidatura, oserei dire, che nasce da una visione comune dell’ateneo, dell’immediato passato, del presente e del suo percorso per il futuro».

Lei parla al plurale della sua candidatura…

«Parlo al plurale perché devo dare atto di un lavoro condiviso, il cui metodo dovrà essere osservato anche per il futuro. C’è una condivisione del programma da parte dei direttori di dipartimento, c’è l’apprezzamento del rettore Luigi Lacchè sul programma».

Qual è la chiave del suo programma (che è possibile trovare a questo link)?

Per me quello che conta è: fare guardando al futuro. La frase che conclude il mio programma è di leggere il futuro prima che arrivi. È intercettare qualcosa come i bisogni del Paese, i bisogni formativi, le esigenze dei giovani, essere pronti a interpretare la complessità del nostro mondo. Questo il nostro obiettivo, poi metterci tanta passione. Il mio lavoro sarà quello di guardare all’orizzonte, senza mancare di tenere i piedi per terra.

Il rettore uscente Luigi Lacchè

Il rettore uscente Luigi Lacchè

Il rettore Lacchè lascia un ateneo in salute e in crescita, cosa si può migliorare?

«Si può rafforzare ulteriormente. Per esempio il tasso di internazionalizzazione, la presenza di stranieri ha avuto un impatto culturale positivo anche sulla società cittadina. Internazionalizzazione in tutte le sue formule. Poi altri tre aspetti: uno è avere una offerta didattica, una metodologia, che consenta alle varie discipline di intrecciarsi. Non una didattica monotematica, ma che dia un sapere agli studenti per interpretare la complessità della nostra contemporaneità».

E gli altri due?

«Un sistema territoriale in cui l’università stia dentro. Un tempo le università erano autoreferenziali, adesso occorre costruire una università che si muova con ulteriore vitalità. L’università può contribuire a costruire un sistema territoriale. In più penso che non dovremmo impressionarci se fossimo in grado di allargare la comunità accademica, come avviene nelle università americane, con sponsor privati che possono legarsi, ad esempio, ad alcune attività di ricerca».

Servizi agli studenti, cosa si può migliorare?

«Non c’è un cinema in centro. Dovremo immaginare una linea di servizi culturale: e occorre ripristinare un cinema».

Francesco Adornato_Foto LB (5)Come si può avvicinare l’ateneo alla città?

«Ad esempio aprendo il patrimonio artistico al pubblico, abbiamo luoghi che artisticamente hanno un valore, i cui spazi possono essere usufruiti dalla città. Le ex carceri, in vicolo Illuminati, saranno aperte alla fruizione del pubblico come spazio verde. Allo stesso modo penso che l’università debba essere nei disegni delle politiche urbanistiche».

Il centro, negli ultimi anni, è diventato sempre più vivo…

«Sì, e da quando ci sono tutti questi localini cambio spesso per vedere che mondo circola».

Un aggettivo per Macerata?

«Ne dico due: civile e vitale».

Tornando agli studenti, futuro per loro significa anche lavoro…

«Noi abbiamo in questi anni più recenti dato fondamento alla nostra parola chiave “Umanesimo che innova” abbiamo fatto degli spin off, come Play Marche, che si stanno rivelando un buon esperimento, e che saranno tutti portati in locali di via Gramsci, dove c’è il palazzo degli studi. Io ho intenzione in diversi dipartimenti di proporne degli altri».

Le facoltà umanistiche sono in ripresa?

«Ho ritagli di giornali di tutto il mondo: le imprese cercano laureati in scienze umane, perché sanno muoversi con più padronanza nella complessità. Le facoltà umanistiche sembravano un handicap, invece l’intuizione di Lacchè è stata giusta: l’umanesimo che innova. Gli iscritti sono cresciuti, siamo tra i primi tre atenei che sono cresciuti dal 2011 in poi. Una città in cui la media delle tasse sono più basse. Fino a marzo abbiamo avuto 1.825 matricole e credo saremo in grado di arrivare a 10mila studenti iscritti in questo anno accademico».

Com’è il suo rapporto con Lacchè?

«L’avevo conosciuto come prorettore e poi l’ho riscoperto al meglio come rettore, ho assoluta stima della persona e dell’intellettuale. Ho condiviso fin dal primo momento la sua candidatura. Abbiamo scoperto di avere molte sintonie nel vedere le cose. Credo abbia fatto molto molto bene per l’ateneo».

E’ l’epoca dei social network. Usa Facebook?

«No, non lo uso. Uso whatsapp e leggo Cronache Maceratesi. Facebook lo trovo ampio ma non profondo. Non ho bisogno di quegli strumenti di comunicazione».

Che giornali legge?

«Ne leggo cinque. Quattro li compro tutti i santi giorni, da anni: La Repubblica, Il Corriere della sera, La Stampa, Il Manifesto. E la domenica Il Sole 24 ore per l’inserto culturale. Cronache Maceratesi fa sei, lo scorro quando la mattina arrivo in ufficio».

L’ultimo libro che ha letto?

«”L’invenzione dell’inverno”, parla di come la letteratura ha scoperto l’inverno. Adesso sto rileggendo una intervista a Joyce negli anni Venti. Leggo meno i romanzi. Seguo molto il cinema».

A Macerata dove vive?

«Vivo in centro, posso dire che vivo a Macerata e torno a Roma, la città dove ho studiato e dove abita mio figlio. Ogni tanto faccio ritorno a Cittanova dove c’è mia madre».



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