Centrodestra impantanato,
tutto troppo facile per Carancini

IL COMMENTO - L'autocandidatura di Deborah Pantana ha diviso una coalizione che poteva raccogliere gli oppositori del sindaco uscente e non ha fornito un'alternativa credibile ai 15 anni di potere del centrosinistra
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L'avvocato Giuseppe Bommarito

L’avvocato Giuseppe Bommarito

di Giuseppe Bommarito

Tutto porta a ritenere che, dopo il voto espresso domenica dai maceratesi, Romano Carancini sarà rieletto sindaco e governerà la città per il secondo mandato. E’ talmente largo lo scarto di voti con la sfidante al ballottaggio, che – diciamo la verità – per ribaltare la situazione Deborah Pantana, tiratissima in volto nelle fotografie post voto, dovrebbe ottenere un vero e proprio miracolo da Santa Rita da Cascia, la santa avvocata dei casi impossibili. Sembra infatti una missione difficile da realizzare la riunificazione in vista del ballottaggio, a favore della Pantana, di quel centrodestra che nei mesi scorsi si è diviso in mille rivoli proprio a causa dell’autocandidatura di quest’ultima, portata avanti a tutti i costi e senza considerare gli effetti divisivi che ne sarebbero inevitabilmente conseguiti.

Romano Carancini e Deborah Pantana

Romano Carancini e Deborah Pantana

Carancini, forte in prima battuta di un consistente 40 per cento, ha tuttavia posto le basi vere per la sua rielezione non nel crescendo degli ultimi tre mesi, gestiti alla maniera democristiana “old style”, con inaugurazioni ed iniziative puramente elettoralistiche a getto continuo e con la fascia da sindaco praticamente indossata anche di notte, ma circa cento giorni fa, quando, a sorpresa, è riuscito a battere Bruno Mandrelli in occasione del secondo turno delle primarie del centrosinistra, grazie al decisivo sostegno di alcune parrocchie maceratesi e in parte a quello dello stesso centrodestra pantaniano, riconosciuto dagli stessi interessati. Si riteneva infatti da parte di Deborah e dei suoi più stretti collaboratori che Mandrelli sarebbe stato un avversario più ostico rispetto al sindaco uscente, troppo presto ritenuto definitivamente fuori gioco per il pessimo quinquennio 2010/2015, praticamente bollito e pertanto facile da battere. E così anche il centrodestra ha contribuito alla furba e spregiudicata strategia di Carancini di addossare, nello scontro delle primarie, sullo sfidante Mandrelli, personaggio sicuramente limpido ma accompagnato troppo da vicino in quell’occasione da personaggi screditati dai quali non è riuscito a prendere le dovute distanze, la responsabilità di tutte le più inquietanti e scorrette operazioni urbanistiche degli ultimi venti anni.

Un errore fatale di Deborah e dei suoi poco avveduti consiglieri. Il risultato di tale “astuta” strategia è stato infatti che Romano Carancini – capogruppo del Pd allorché tutte quelle operazioni vennero decise e tuttora circondato da personaggi con le mani bene in pasta in alcune di tali vicende –, riuscito abilmente anche a sbandierare un inesistente appoggio del vescovo Marconi (poi costretto, nel tentativo di evidenziare la propria equidistanza, a correre ai ripari convocando con un’inedita iniziativa tutti e nove i candidati sindaci per farsi illustrare i reciproci programmi), è stato mondato e ripulito da ogni colpa per la malaurbanistica targata Pd, assolto per l’immobilismo totale dei suoi primi tre anni e mezzo di mandato, per la litigiosità continua con il suo partito e con gli alleati, per la continua sottovalutazione del ruolo dell’assise consiliare, per il flop ambiguo e costosissimo del nuovo polo natatorio di Fontescodella, per l’assurda operazione del Park Sì da acquistare contro ogni logica e buon senso, in pratica politicamente resuscitato ben aldilà dei suoi meriti (alcuni dei quali oggettivi) con tutto il suo staff rimesso in forze e caricato a mille.

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Deborah Pantana durante un comizio

Deborah Pantana durante un comizio

Un errore che è andato a sommarsi ad altri egualmente gravi commessi sia prima che dopo le primarie del centrosinistra. Si è già detto della precoce ed autoreferenziale discesa in campo di Deborah, che ha praticamente reso impossibile la sintesi unitaria del centrodestra, le cui varie componenti sono state di fatto messe davanti ad un prendere o lasciare e quindi – com’era inevitabile – anziché riunirsi, si sono frastagliate in tre o quattro liste distinte e in feroce competizione tra di loro. C’è da parlare però anche della improvvida scelta della bionda candidata di allearsi con Casa Pound, formazione radicale di estrema destra spesso al centro in Italia di episodi di violenza. Apparentemente una questione irrisoria, per alcuni più di forma che di sostanza visto che tale movimento a Macerata sposta poco o niente (come i risultati di domenica hanno peraltro confermato: nemmeno duecento voti); a mio avviso, invece, di notevole rilievo, in quanto ha contribuito ad allontanare dalle liste riunite pantaniane una parte del voto moderato (di certo in misura decisamente più elevata dei pochissimi consensi portati da Casa Pound) ed una parte ancora più notevole dell’elettorato cattolico, fortemente a disagio per una incomprensibile intesa con una formazione politica che predica, in materia di accoglienza, l’esatto contrario di quanto da due anni vanno sostenendo Papa Francesco e l’intero episcopato italiano sull’immigrazione dai paesi poveri del terzo mondo.
Che dire poi della scelta di Deborah di candidare Luigi Carelli, già presidente Pd della Commissione Urbanistica in Comune ed al centro di un paio di indagini della procura maceratese? E’ vero, infatti, che si è innocenti sino ad una condanna definitiva (e questo vale anche e soprattutto per la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione che lo ha raggiunto in piena campagna elettorale), ma Carelli, contraddicendo in maniera palese il proprio ruolo istituzionale e rendendosi così – a prescindere dai futuri sviluppi giudiziari – politicamente indifendibile, aveva già candidamente ammesso di aver realizzato un muro di recinzione senza concessione, confidando in una successiva sanatoria perché “così fan tutti”.

Romano Carancini

Romano Carancini

Insomma, una strategia senza senso quella della principale avversaria di Carancini, che è sembrata quasi studiata a tavolino per dividere il fronte di centrodestra, per allontanare settori importanti degli elettori di riferimento e per prestare il fianco a critiche ed accuse, sia pure strumentali ma comunque fondate su dati di fatto oggettivi, con Deborah impegnata a lungo a difendersi, da un lato, dall’accusa di collusione con i fascisti dell’ultima generazione e, dall’altro, dalla critica di aver candidato l’impresentabile Carelli (giungendo, una volta arrivata la richiesta di rinvio a giudizio e nella necessità di sostenere un candidato delle proprie liste, al punto di sostenere che a Macerata non si sono mai verificate ipotesi di corruzione e che qui non esistono i poteri forti).
Certo, nel deludente risultato di domenica hanno pesato negativamente per Deborah pure l’implosione di Forza Italia, che a Macerata è andata anche sotto il dato nazionale, nonché l’assurdo appoggio garantito a livello regionale, con la mediazione della Giorgi, allo squalificato presidente uscente Gian Mario Spacca. Tuttavia, come si dice, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Non mancano, infatti, per la Pantana gli elementi per una severa autocritica per il modo in cui, bruciando un’occasione forse irripetibile e puntando quasi esclusivamente sulla moltiplicazione delle proprie liste di appoggio, è stata impostata la sua battaglia e per le scelte adottate nella fase più convulsa del confronto elettorale, che oggi rendono altamente problematica in vista del ballottaggio una convergenza sul suo nominativo delle altre liste del centrodestra (che, se anche ci fosse, non implicherebbe affatto l’automatica adesione degli elettori delle stesse).
Mentre il fortunato e furbo Carancini – l’unico dei candidati sindaci a prendere meno voti delle proprie liste – ringrazia e sfoggia sicurezza, va detto brevemente degli altri candidati, almeno di quelli con liste che porteranno rappresentanti nell’assise consiliare.

Maurizio Mosca

Maurizio Mosca

 

Buono, ma non eccezionale, il risultato per Maurizio Mosca, che ha pagato soprattutto – come da lui stesso correttamente riconosciuto – il grave ritardo con il quale, dopo aver annunziato a tempo debito la sua discesa in campo, si è poi effettivamente mosso. Mosca, protagonista comunque di una notevole rimonta tra aprile e maggio e destinatario di un gran numero di voti disgiunti, a dimostrazione di una notevole popolarità e della grande stima goduta in città, in buona sostanza ha regalato ai suoi avversari alcuni mesi decisivi, utilizzati dagli altri per accaparrarsi consensi e liste di appoggio che sarebbero stati senz’altro utili all’ottimo Maurizio per piazzarsi secondo e così puntare al ballottaggio con il centrosinistra.

Altrettanto dicasi per il M5S maceratese, arrivato ad una buona percentuale di voti ma non a quel ballottaggio, che invece, dopo la buona percentuale ottenuta dai grillini alle regionali, sembrava quasi a portata di mano.,

Carla Messi

Carla Messi

Certo che se i pentastellati di Macerata non avessero buttato letteralmente via due o tre anni parlando del nulla e litigando su tutto, avrebbero potuto ottenere ben altro risultato. Essi, profondamente rinnovati nell’ultimo semestre, entrano comunque in Consiglio Comunale con due o tre agguerriti consiglieri, che, con Carla Messi in testa, sicuramente potranno farsi valere e dare filo da torcere a chi governerà la città, con una disamina nel merito dei singoli provvedimenti che già adesso si preannunzia seria e senza sconti.
In qualche modo lontano dalle aspettative è invece il risultato ottenuto dalle liste capitanate da Anna Menghi e da Maria Francesca Tardella. Per Anna ha di certo pesato il connubio con la Lega Nord, che, nonostante i ripetuti sforzi dialettici degli interessati, non è stato compreso né digerito dalla cittadinanza ed ha finito per penalizzare entrambi gli alleati: troppo diverse, se non antitetiche, le storie della candidata Menghi e dei leghisti, anch’essi rimasti qui a Macerata ben al di sotto delle percentuali contemporaneamente raggiunte a livello regionale. Per la Tardella, autrice di un buon programma e di una lista più che dignitosa ed alla sua prima discesa ufficiale in campo, il risultato conseguito non sarebbe da buttare via, se non fosse che probabilmente le aspettative, dopo il trionfale campionato della Maceratese, erano di certo più elevate. Però hanno giocato in senso negativo per Mariella sicuramente due fattori: in primo luogo, il dato di fatto che la stima e l’apprezzamento in campo sportivo non sempre (anzi, quasi mai) comportano l’automatica adesione ad un programma politico; e poi la non ben definita collocazione della lista, di opposizione al centrosinistra dominante ma del tutto staccata dalle residue liste alternative a Carancini.
Comunque ormai i giochi sono pressochè fatti: il ballottaggio maceratese non si presenta infatti aperto ad ogni possibile soluzione come invece accade nella vicina Fermo. Tra pochi giorni Macerata ripartirà con i problemi di sempre, quasi sicuramente con Carancini ancora sullo scranno più alto della città e con l’enorme questione dell’assurdo acquisto del Park Sì che si presenterà a breve e che con ogni probabilità vedrà i gruppi del Pd e delle altre liste di maggioranza alle prese con le prime spaccature interne, che probabilmente preoccupano il sindaco uscente e rientrante ancora più di un’opposizione consiliare frutto di un’alternativa politica frammentata e oggi più che mai poco credibile.



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