La Candelora, festa della luce

La ricorrenza del 2 febbraio nella tradizione maceratese
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Presentazione di Gesù al tempio e Purificazione di Maria Santissima Candelora (Giotto)

Presentazione di Gesù al tempio e Purificazione di Maria Santissima
Candelora (Giotto)

di Mario Monachesi

Il 2 febbraio, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, la Chiesa celebra la purificazione di Maria Vergine. Purificazione che in un passato oramai remoto anche le donne delle nostre contrade ricercavano, recandosi quaranta giorni dopo il parto sulla soglia della chiesa per ricevere la benedizione del sacerdote senza la quale non avrebbero potuto accedervi. La ricorrenza del 2 febbraio, detta “La Candelora” (nel maceratese “Cannelòra”), rappresenta quindi un altro appuntamento che un tempo, oltre ad essere onorato solennemente con una partecipazione quasi unanime di popolo, si rivestiva di tradizioni e anche leggende. In questa occasione il parroco distribuiva ad ogni famiglia una candela benedetta, grande a seconda delle “decime” che questa pagava o della classe sociale alla quale detto nucleo familiare apparteneva. Oggi la candela è uguale per ciascun fedele. Dai nostri avi essa veniva custodita gelosamente e devotamente: molti la appendevano sopra la spalliera del letto, a ridosso del quadro sacro. Guai a romperla, ad accenderla senza una motivazione più che seria o perderla. Ad essa venivano attribuiti molti significati; tra l’altro, difendeva la casa dai mali e da qualunque sciagura o calamità. In campagna la si accendeva durante un temporale, per preservare il raccolto da una probabile grandinata. La luce che ne emanava significava protezione divina. I moribondi la tenevano in mano accesa quale segno di fede. A Macerata si diceva che la candela benedetta liberasse dal male della “forcella”, un difetto abbastanza doloroso dello stomaco. Lo stratagemma consisteva nel posizionare la candela accesa sul fondo di un bicchiere e poi passare più volte il tutto sopra lo stomaco dell’ammalato.

candelaDa questo giorno ha origine un proverbio meteorologico, che ci mette “sul chi va la”, in merito alla fine dell’inverno: “Cannela Cannelora / de l’inverno simo fòra; / se cce négne e se cce pioe, / c’è ne sta quarandanove; / se cce da sole e soléllu, / c’è quaranda dì d’inverno”. Una sua variante recita: “Madonna Cannelora, / dell’inverno semo fora; / se cce pioe se cce négne, / po’ durà fino a vellegne (vendemmia), se cce dà sole e solellu / quaranda dì per tembu vellu”. Altri proverbi: “Calenna chiara, mese truvudu/ Calenna trovada, mese chiaru”; “Se Calenna se ne rvè / de l’inverno simo da pè”; “Quer che fa Calenna / tuttu lu mese attenna”. Una superstizione voleva che a quelle donne che si pettinavano il giorno della Candelora, i capelli sarebbero imbiancati prima.



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