Il “nuovo” Palazzo del Mutilato
tra ricordi e aneddoti

MACERATA - L'inaugurazione è stata l'occasione per ricordare la storia dell'edificio, della città e quel "no" della congregazione del Santo Sepolcro che impedì di trasformare piazza della Libertà. I maceratesi contribuirono pagando 10 centesimi/litro di tassa sul vino. La torre fu innalzata nottetempo contro il volere del marchese Costa

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L’alzabandiera durante l’inaugurazione

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Un momento dell’incontro di questo pomeriggio

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Molti i presenti all’inaugurazione

di Maurizio Verdenelli

Il tricolore è tornato sul pennone più alto di Macerata. Da ieri pomeriggio, la bandiera con le insegne guerriere (tre gladi) dell’Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra (Anmig), garrisce dalla torretta (ex) Littoria. La cui contestata altezza vide a lungo contrapposti in ogni sede (Regia Sovrintendenza e Tribunale) l’associazione e il potente patrizio maceratese Andrea Costa che quella volta dovette ‘patteggiare’ e ‘subire’ quella nuova costruzione che sovrastandolo, faceva ‘ombra’ al suo marmoreo palazzo che aveva dominato sino ad allora la piazza. E dirsi, in fondo soddisfatto di una torre alta oltre 26 metri, cinque in più rispetto al primo accordo che con lui aveva raggiunto Cesare Benignetti, podestà di Macerata per oltre 9 anni fino (il 20 luglio 1936) a qualche mese prima la storica visita del Duce (24 ottobre). Toccò infatti all’avv. Magnalbò accogliere Mussolini, e la foto celebrativa campeggia ancora orgogliosamente nella casa di qualche discendente. Già, perché Benignetti -che sarebbe rimasto in ogni caso presidente dell’Anmig, fino al 1940- quel ‘patto’ con il marchese Costa l’aveva fatto violare. Nottetempo. Lo ha ricordato questo pomeriggio nella restaurata Casa del Mutilato, nel corso di una bella cerimonia, Licio Monachesi, 96 anni che prese parte a quel ‘blitz’ che avrebbe mandato su tutte le furie il nobile ‘della porta accanto’. “Vedete –ha detto Monachesi all’affollata platea, mostrando sullo schermo la foto del Balelli- sono quel ragazzo, avevo 18 anni, in basso a sinistra. Sopra, ai ‘primi piani’ ecco mio padre. Ricordo che Benignetti in gran segreto un giorno ci disse di portare ‘sopra’ cemento, rena, mattoni e tutto il resto ed aspettare la notte per …procedere. La mattina dopo avevamo finito…”. Costa si rivolse in Tribunale ma il dominus che aveva inaugurato qualche mese prima il Palazzo era davvero troppo potente ed ugualmente importante tutto ciò che quello significava: la celebrazione dell’Impero, ad un anno dalla sua fondazione.

apertura casa del mutilato macerata (3)Non era stato dunque un caso se con ‘stupefacente celerità’ –avrebbe scritto il cronista- era stata realizzata in appena sei mesi quella sede di cui l’Anmig tuttora detiene la proprietà all’82% ( il resto acquistato di recente dall’Università dall’Asl cui era andato il patrimonio maceratese del disciolto Onig, matrioska dell’Anmig).
Un soffio, quei sei mesi, per i tempi nostri: costato peraltro vite umane a causa della ‘celerità’. Un ‘soffio’ se si pensa che per il restauro attuale ci sono voluti cinque anni anche se fortunatamente senza incidenti sul lavoro. “Ad eccezione –ha detto il presidente dell’Anmig, Ivo Pianesi- di quello che vide, all’inizio, staccarsi una grande lastra di marmo finita poi su un’auto. La fortuna volle che tutto avvenne di notte, ma questo ci indusse a chiedere il transennamento del vicolo di fronte al palazzo delle Poste per evitare eventuali rischi per le persone”.
casa del mutilato 2“Il restauro è costato all’associazione –dice il dottor Vittorio Zazzaretta- 400mila euro e certo sono tornati utili i soldi dell’Università che affitta i locali, di cui in parte è pure comproprietario”. “Felice per aver cooperato e perché possiamo anche contribuire a tutte le attività dell’associazione” ha detto il rettore Luigi Lacchè. Nella ex “Sala dell’Impero” dominata da un grande affresco con un Mussolini (s’è detto certo dell’attribuzione, l’arch. Stefano D’Amico) auriga di quattro cavalli in galoppo travolgente e la scritta “Roma” dietro, adesso, dicevamo, in quella che è la “Sala Sbriccoli” e che fu negli anni 50 e 60 luogo di balli, feste e cerimonie, adesso si alternano fino a mezzanotte gli studenti dell’Unimc a richiedere e studiare sui libri della fornita biblioteca.
Mussolini fu dunque il grande ‘artifex’ del ‘Mutilato’ a Macerata (essendo egli stesso un invalido di guerra) ma neppure lui insieme con i due ‘Cesari’, il sopracitato Benignetti e Bazzani, entrambi ingegneri, erano riusciti a piegare la resistenza e dunque l’opposizione di una storica istituzione cittadina: la Congregazione del santo Sepolcro, fondata nel 1692. Già, perché la città avrebbe acquistato un’altra fisionomia. Forse migliore, di sicuro più razionale. Perché il primo progetto del Mutilato, in versione classica, da parte di quello che veniva definito il ‘nuovo Michelangelo’, l’ing. ed arch. Cesare Bazzani, avrebbe sistemato una volta per tutte l’inagibile ( ‘perché pendente ed esposta ai venti’) piazza centrale sistemando la ‘questione dei bordi’ tuttora in piedi. Bazzani aveva infatti previsto nel 1930 un nuovo prospetto per la chiesa di San Paolo con attracco al palazzo della Prefettura, l’allargamento della piazza con lo slargo Battisti, la demolizione di alcune case retrostanti il Comune, una scenografica fontana centrale e la ‘quinta’ finale del Palazzo degli Studi, sorto al posto del convento di San Francesco. Già, fino al XVIII secolo nel perimetro urbano c’erano 11 conventi e sull’area di quello che restava del monastero di Santa Caterina, demolendo le ultime piccole case, sarebbe poi stata eretta la Casa del Mutilato.

L'inaugurazione nel 1936

L’inaugurazione nel 1936

E c’era stato, ancora, un altro progetto –un Pantheon- saltato per la crisi economia (anni 30) tanto che il terzo e definitivo venne realizzato solo perché l’intera cittadinanza si sottopose volentieri ad una sovrattassa comunale ad hoc, pagando 10 cent per un litro di vino. Alla fine furono raccolti 250.000 lire: più della metà rispetto al costo finale di 400.000 lire.
Già, ma perché era stata mancata l’occasione di fare un maquillage completo della piazza cambiando il prospetto alla San Paolo che sarebbe diventato definitivamente un sacrario con gli uffici dell’Anmig? Per il ‘no’ della Congregazione del Santo Sepolcro che essendo proprietaria della parte inferiore della chiesa, risultò alla fine vincente. E pure il regime fascista dovette inchinarsi.
Bazzani alla fine dovette battere in ritirata con un progetto in linea con i tempi, tuttavia minore. Aveva previsto anche un grande albergo, collegato, che affacciandosi sul palazzo delle Poste creava un’arteria che arrivava diritta nell’allora piazza Vittorio Emanuele. E dall’immagine presentata dall’arch. D’Amico è sembrato il disegno tratto dal ‘cuore di Roma’: una ‘via del Tritone’ bis, in vista piazza Barberini. Non se ne fece, come noto nulla, e nulla pure per una variante che avrebbe ‘portato fuori’ dal centro. La nuova via, laterale, sarebbe sbucata in corrispondenza della chiesa di san Filippo, direttamente dall’ex negozio ‘Pietrarelli’, terminale di un vicolo poi chiuso come altri che si perdono negli slums di un centro storico a gruviera. Il ‘Renzo Piano’ dell’epoca fu dunque sconfitto dal ‘queta non movere’ maceratese e l’unica vittoria fu quella che furbescamente riportò, con il favore delle tenebre, il Benignetti -‘fascista e democratico’ venne definito l’umbro di Montefalco che aveva seguito il padre, medico, a Macerata. Un progetto che nell’intenzioni doveva investire l’intero centro maceratese ma di cui, misteriosamente, nonostante ricerche di mesi, non si è trovata traccia cartacea negli archivi comunali, ha rivelato l’arch. D’Amico, autore della pubblicazione sul ‘Mutilato’. Un piccolo, grande mistero. Un macroabuso edilizio, per di più inaugurato dal Duce? un ‘furto’ perché sparisse almeno la testimonianza storica di un’opera malvista ‘dopo’ ed aspramente criticata dal punto di vista architettonico? “Criticata a torto –ha detto l’architetto- perché si è tratta di uno stile razionale adottato in quegli anni a livello internazionale. Bazzani, inoltre, era un grande storico dell’Arte, capace di esprimere qualsiasi stile come i due precedenti progetti e le altre 11 opere realizzate a Macerata, dimostrano”.

Molte le autorità  presenti

Molte le autorità presenti

In ogni caso il ‘vaso di Pandora’ della memoria del secolo maceratese è stato riaperto. Senza imbarazzi, a parte la ‘stupefacente celerità’ (ahi, ahi se si pensa al palasport mancato…) di un’opera per i quali i maceratesi misero mano direttamente al portafogli in …vineria. Hanno ricostruito esemplarmente la storia del ‘Mutilato’ i ragazzi della 3. D dell’Istituto agrario ‘Garibaldi’ con la professoressa Anna Luigia Rinaldi. Hanno riscosso la loro meritata razione d’applausi gli studenti della ‘4. G’ dell’Ipsia ‘Corridoni’ (prof. Daniela Meschini) che hanno vinto il concorso regionale ‘Le pietre della memoria’ monitorando tutte le lapidi delle vie. “E scoprendo –ci dice la prof. Meschini- anche uno sbaglio: quello della data di morte di Barilatti. Ed ora andiamo ad Avellino per ritirare un premio di Giornalismo, sulle cui tracce siamo andati dopo una conferenza in classe del maestro Francesco Micheli sull’opera lirica”.
casa del mutilato 3All’incontro, ben ‘disciplinato da Gilda Coacci Zazzaretta, hanno partecipato inoltre, con le autorità militari, il sindaco Carancini (“Il centro storico si arricchisce di un’altra gemma preziosa che va ad unirsi a Palazzo Buonaccorsi”), il presidente nazionale dell’Anmig, Bernardo Traversano e l’autore del restauro, l’arch. Carlo De Mattia. Che, sposo da appena tre giorni, per essere presente alla cerimonia, ha ritardato il viaggio di nozze. Il tecnico ha ringraziato la ditta Gobbi, l’arch. Salvati (Soprintendenza) e soprattutto il padre, Giancarlo, già architetto comunale ed autore del restauro del teatro ‘Lauro Rossi’. “E’ stato bellissimo, tutti hanno collaborato con entusiasmo. E’ stato pure un restauro didattico, del passato abbiamo lasciato ampie tracce interne e pure esterne. Il rosso e il bianco sono rimasti i colori dominanti. Problemi con il cotto. Per sostituire quello ‘storico’ ormai introvabili, abbiamo avuto problemi. Risolti rivolgendoci in Toscana”.
Alla cerimonia non poteva non essere ricordata la figura di Filippo Corridoni, l’altro grande ‘motivo’ per cui fu possibile la visita di Mussolini. Che nelle Marche celebrò l’Impero anche nel nome, in quello stesso 24 ottobre, del suo ex compagno d’armi. Piergiorgio Pietroni ha letto magistralmente la lettera del giovane che odiava la guerra, ma che andò in guerra nell’ideale di un mondo più giusto contro le ‘potenze militariste’. E che morì a 27 anni guidando un assalto. La lettera è stata fornita a Zazzaretta dal dottor Luciano Salsiccia, già segretario comunale a Macerata, corridoniano e storico del grande ‘Pippo’. Per finire, Mariangela D’’Amico ha letto una poesia dedicato alla storia partigiana. Per non dimenticare…

(foto di Lucrezia Benfatto)

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