Va accolto con sollievo lo sgonfiarsi dello “scandalo” per la chioma crestata che un’insegnante di lettere dell’istituto “Filippo Corridoni” di Civitanova Alta avrebbe rasato – così s’era detto – a un quindicenne del second’anno di geometri (leggi l’articolo). Scandalo? Sì, all’inizio, con le lamentele di un genitore per lesa maestà crinita del proprio figliolo, con l’uscita pubblica di un noto psicoterapeuta che ha auspicato un intervento disciplinare del preside nei confronti della docente, col parere, codice alla mano, di un avvocato e con echi nelle cronache nazionali. Poi, via via, si è venuta delineando una realtà sostanzialmente diversa: nessuna rasatura, solo una sforbiciatina limitata a una ciocca, una “punizione” preannunciata, scherzosa e accolta dalle risa di tutta la classe, compresa, sembra, la “vittima”, che, mangiucchiando qualcosa, forse una merendina, si stava disinteressando alla lezione. Com’è finito questo ameno episodio? Con molteplici attestazioni di stima per la professoressa, da anni ritenuta valida sotto il profilo professionale e dotata di sensibilità umana nei rapporti con gli alunni. Vi saranno colpi di coda? Mi auguro di no. Anche perché qui si rischia di mettere in gioco un sacrosanto principio che nella confusissima e sbandatissima Italia di oggi sta perdendo terreno pure nella scuola: la differenza di ruolo fra chi ha il potere di guidare e chi ha il dovere di lasciarsi guidare. Un esempio terra terra? L’autista di un pullman e i passeggeri, che se fanno, come s’usa dire, “casino”, il viaggio finisce fuori strada. Ecco perché di fronte a questa sforbiciatina mi schiero dalla parte della sforbiciante.
La cosa che tuttavia m’interessa di più riguarda le “creste” in sé, ossia quel modo di pettinarsi che consiste nella totale rasatura ai due lati del capo e, sopra, in una svettante striscia di ciuffi ben curati e resi solidi da generose dosi di gel, quasi a imitazione dei guerrieri Cheyenne, Apache o Sioux resi famosi dal cinema western. La maniera di acconciarsi i capelli ha avuto spesso una forte importanza simbolica. Si pensi ai “capelloni” del movimento giovanile degli anni Sessanta e Settanta, con quelle chiome lunghissime e trasandate che facevano parte di una ben più articolata contestazione dei costumi borghesi. E si pensi alle “creste” che a partire dagli anni Novanta il fenomeno “punk” mise in circolo tramite l’aggressivo rock dei “Sex pistols”, le cui basi per così dire ideologiche erano provocatoriamente enunciate da Johnny Rotten: “Essere punk vuol dire essere un figlio di puttana che ha fatto del marciapiede il suo regno”. Sgradevole? Certo, ma espressivo di una radicale opposizione a uno stile di vita.
Tutto è discutibile, ovviamente. Ma qual era il messaggio culturale e politico di quelle acconciature? Era di ribellione contro i valori anche estetici che persistevano nella società e ne perpetuavano il conformismo. E da quali modelli ideali traeva alimento? I “capelloni” dagli scritti e dalle canzoni degli ispiratori del Sessantotto come gli americani Kerouac, Corso , Ferlinghetti, Ginsberg, Bob Dylan e Joan Baez, le “creste” punk dalla dottrina anarcoide di quel Johnny Rotten di cui s’è detto. Sempre, in ogni caso, protesta. Una consapevole e militante protesta. E chi sono, oggigiorno, i modelli che inducono a farsi le “creste”? Sono “intellettuali” del calibro di Marek Hamsik del Napoli, Paul Pogba della Juve, Stephan el Shaarawi e Mario Balotelli del Milan, di cui francamente non si capisce cos’abbiano da protestare e contro che cosa si ribellino, vista la loro condizione di miliardari osannati da folle oceaniche. Non gli va bene questa società? Al contrario, gli va benissimo. La contestano? No, si augurano che duri, che rimanga com’è.
Nelle “creste” di oggi, insomma, non c’è alcun impeto sociale e civile che in qualche modo testimoni una presa di coscienza individuale e al tempo stesso collettiva. C’è soltanto una piatta imitazione, c’è soltanto la moda, quella futile moda che per la sua caducità Giacomo Leopardi definiva “sorella della morte”. Mi pare un po’ poco, un po’ sciocco e, perfino, un po’ pericoloso. La sforbiciatrice del “Corridoni” di Civitanova ha sbagliato? Alcuni lo pensano, ma sono coloro – genitori, figli, sedicenti educatori – che si lasciano irretire da un andazzo nel quale la frivola sacralità della moda prevale sulla ben più seria sacralità della scuola e delle sue regole. E invece non c’è “cresta” che tenga, ragazzi! A scuola non ci andate per esibirvi ma per imparare a crescere dentro, nella mente e nel cuore, per formarvi un’idea del mondo, per predisporvi ad affrontare responsabilmente il futuro.
La parola “cresta” ha vari significati: appendice cutanea di color rosso vivo dei galli, ornamento di crine sulla cima dell’elmo, linea di massima altezza di una montagna, sommità spumeggiante di un’onda, la cresta sulla spesa, infezione agli organi genitali. Ma di significati ce n’è un altro: superbia, altezzosità. “Abbassa la cresta!”, si dice a uno spavaldo. E se quella ciocca scherzosamente tagliata servirà a un’abbassatina di cresta, lasciatemi concludere che non mi dispiace.
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Un grande applauso e plauso a liuti per il suo articolo concluso nel modo migliore. Grazie!
Condivido in pieno l’articolo del Dott. Liuti. Purtroppo oggi gli alunni hanno alzato la cresta in tutti i sensi perché spalleggiati da genitori che non hanno più quel senso di responsabilità e non sanno più educare i propri figli. Professoressa continui a “sforbiciare”!!!
Sono d’accordissimo con la sua analisi del fatto accaduto del tutto lecito e scherzoso, dispiace dello psicoterapeuta che, come accade da tempo in tutte le televisioni sputano corbellerie e sentenze.
Sono d’accordo con questa riflessione di Giancarlo Liuti. Intanto perché, en passant ma incisivamente, mette in luce un principio sacrosanto, in via di estinzione, della relazione educativa, che riguarda i ruoli tra chi guida e chi si lascia guidare, spesso sostituito dal leggiadro e rassicurante: “siamo amici!” – non sempre la pari opportunità crea biuone pratiche! – . Sono d’accordo, inoltre, sullo svuotamento di significato sociale, culturale, politico (un tempo andavano insieme….) dei modi di acconciarsi, che oggi sembrano obbedire all’in-put pubblicitario: “perché io valgo!”, con risultati esteticamente disastrosi, piuttosto che essere protesi (protesta) ad un benché minimo messaggio progettuale. Quanto alla sforbiciata (e alla sforbiciatrice), si può capire la reazione istintiva ma da quanto leggo mi pare sia stata una sforbiciata annunciata e, soprattutto, un gesto “simbolico”. Mi veniva in mente, leggendo, un passaggio di Habermas quando scrive che niente è più pericoloso per il futuro della società che l’uso ingenuo, tipo slogan di massa o ricetta culinaria, dell’espressione: “essere se stessi”. E’ un obiettivo faticoso e a lungo termine, un percorso e non uno stato di fatto, che anche una “sforbiciata” al momento giusto e con il sorriso in volto, può favorire.
alle scuole medie un professore la ciocca me l’ha estirpata tirandomi i capelli con tutta la forza, davanti al silenzio mafioso di tutti i compagni, altri professori, miei genitori ed autorità contattate (a 12 anni non me la sono sentita di rivolgermi ai carabinieri in quel silenzio-paura di tomba). ovviamente erano altri tempi. oggi si è passati all’eccesso opposto.
guai a scherzare tagliando una ciocca col consenso del ragazzo, o mettere un brutto voto, o peggio bocciare un alunno, sennò apriti cielo: presidi manager, psicologi, counselor, esperti da strapazzo la cui manualità è quella di chi non sa cambiare una lampadina in casa o cucinare un piatto di spaghetti alla carbonara decente, genitori col suv, preti, avvocati, verrebbero a delegittimare e denunciare l’insegnante (parlo di quelli bravi, non di quelli idioti, che se ne fregano, non si aggiornano! costoro andrebbero accompagnati a zappare immediatamente), in tutti i modi possibili se non anche con minacce, insulti e botte.
per finire condivido l’articolo che ha sapientemente denunciato l’aspetto più importante della questione: passare dalle proteste decantate dai pilastri bob dylan, kerouac, sex pistols, ramones, al conformismo di BALOTELLI è incredibile ma è quello che i ragazzi hanno assorbito dai genitori che per 20 anni hanno tenuto sempre accesa una TV di grandi fratelli, reality, amici, uomini e donne. pretendere adesso che questi adolescenti vadano alla parrocchia o si dedichino alla collezione di francobolli o al tennis o al pianoforte, mi pare sia come sperare che a un bimbo figlio di genitori dagli occhi neri diventino gli occhi azzurri (postino a parte).
Può darsi che qui il gesto anticonformista sia stato proprio la profanazione della cresta.
Quoto Liuti, anche se ha (errando) lasciato fuori i Beatles 🙂
GRAZIE
Non dispiace nemmeno a me, caro Giancarlo, secondo l’insegnamento ricevuto da mio padre Giovanni Ginobili, insegnante elementare per tanti anni nella nostra citta’.
Non voglio qui fare un elogio alla sua memoria ed al suo operato, ma mi piace soltanto dire che ancora oggi molti suoi ex alunni, lo ricordano come un insegnante severo che ha saputo lasciare il segno nell’anima e nella coscienza della sua opera, intesa alla elevazione spirituale e culturale dei suoi alunni.
In quel tempo non esisteva la “lesione di maesta” ma la collaborazione delle famiglie che plaudivano all’opera dell’insegnante, anche quando puniva comportamenti non consoni ai principi fondamentali che regolavano il dovere di apprendere.
Vorrei invitare quei genitori così gelosi della custodia della maesta’ dei propri figli, a volersi piu’ interessare di cio’ che avviene nei rapporti fra gli studenti stessi nell’ambito della scuola……. testimonianze dirette raccontano di cose che vanno al di là dei limiti della decenza.
Benvenuto quel taglio di ciuffo !