di Laura Boccanera
Quante volte all’interno di una stazione, di un aeroporto abbiamo avvertito quella sensazione di estraneità, di provvisorietà e di mancanza di relazioni, luoghi della fretta, della precarietà e della provvisorietà. Sono questi i “non luoghi” che Marc Augè ha teorizzato negli anni ’90, un concetto che è stato ripreso e adattato a vari campi e discipline, dall’architettura alla sociologia. E proprio l’antropologo ed etnologo francese che ha vissuto per molti anni in Africa è ospite questa sera di Futura Festival a Civitanova Alta. Sua la lectio che guiderà lo spettatore proprio alla scoperta del “futuro” che è anche il titolo del suo ultimo libro di cui parla in anteprima.
Come si può capire la piega che sta prendendo il futuro?
“Ci sono delle domande che possiamo farci sul futuro. Ho lavorato con alcuni profeti in Africa, ma io non sono un profeta – scherza con il suo tono di voce sussurrato e delicato, cortese e affascinante – ma quello che ci possiamo chiedere è perché è così difficile parlare oggi del futuro. E’ un argomento che ci mette in difficoltà. L’epoca in cui l’uomo progettava delle ideologie e delle utopie nel futuro e verso il futuro è scomparsa. Non abbiamo più quella capacità di immaginare il domani. Allo stesso tempo la scienza progredisce ed abbiamo delle idee abbastanza precise di ciò che è l’uomo e di ciò che è l’universo. Non lo sappiamo ancora ma stiamo facendo passi avanti. C’è un contrasto tra l’incapacità di immaginare questo progresso della conoscenza e questa difficoltà per ognuno di immaginare il proprio avvenire individuale che è il fulcro degli interrogativi sul futuro. Ognuno di noi sa quale sarà il proprio futuro, soprattutto, se ha una certa età, sarà la fine: quindi da questo punto di vista non ci sono sorprese. Ma per l’umanità intera il futuro è una domanda ed il fatto che ognuno si pone questa domanda è interessante perché significa che ognuno di noi, ogni particolare individuo ha comunque in sé l’idea di appartenere al genere umano che ha tutte le incertezze dell’avvenire davanti a lui».
E’ ancora valido il concetto di non luogo e a distanza di anni vi sono altri non luoghi che inserirebbe nella sua trattazione?
“La nozione di non luogo non è una definizione interamente empirica cioè lo stesso spazio può essere un luogo o un non luogo a seconda dell’utilizzo, o a seconda del momento, ma empiricamente è vero che al mondo ci sono spazi di circolazione, di consumo, di comunicazione, è un fatto oggettivo. Poi possiamo discutere all’interno di questo sulla qualificazione luogo o non luogo dunque, questa è una categoria molto larga, non posso dire che ci sono più o meno non luoghi, è un po’ troppo difficile”.
E’ la prima volta che viene a Civitanova, com’è l’impatto con la città?
“Mi piace – dice in un italiano con accento francese – ho ancora visto poco, ma sono rimasto colpito dal sole e dalla gente. Ho comprato una casa in Italia, a Torino e l’anno prossimo spero di riuscire a parlare un pò meglio l’italiano”.
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…quello che è già stato a Pssaro con Popsophia ?
il guaio è che dimentica facilmente il passato!