di Gabor Bonifazi
Per ricostruire le vicende di un caffè storico si può partire da una reclame ingiallita su una pagina ingiallita di un “Almanacco/ strenna maceratese del 1939”. Può servire anche ricordare che, almeno fino a quel periodo, il “Caffè Venanzetti” si trovava lungo il corso della Repubblica, dove ora c’è il negozio di dischi.
Confesso che sapevo poco o nulla del Venanzetti, anche perché non lo frequentavo per un pregiudizio sulla categoria degli avventori. E dire che in gioventù ho cercato come punto di riferimento i caffè storici del tipo Petrocchi a Padova, Sandri a Perugia, Meletti ad Ascoli e soprattutto quelle Giubbe Rosse di Firenze, dove ho avuto la fortuna di conoscere ed ascoltare i veri amici miei: l’architetto Manetti, l’ingegner Materassi etc.. Tuttavia devo gran parte della ricostruzione seguente alla signora Marcella Venanzetti che gentilmente mi ha messo a disposizione alcune foto dell’inaugurazione. A Macerata – ci ha detto il prof. Tonino Ferrajoli – c’erano tre caffè importanti: Ruggero Morresi (ora Mercurio), Pompei (ora Pierino) e Venanzetti. La storia di quest’ultimo inizia proprio con Pio che da garzone divenne titolare della pasticceria Marconi. L’attività venne seguita dal figlio Mario che durante la guerra sfornava oltre duemila paste per gli alleati. Nel 1941 l’attività venne spostata sotto il Collegio dei Filippini e si trasformò poi in Caffè del Corso mentre i locali della Filarmonica (Palazzo Bourbon Del Monte) vennero ceduti all’Upim in cambio di una congrua buonuscita.
Soltanto nel 1951 i Venanzetti trasferirono l’esercizio commerciale al piano terra del Palazzo degli Studi dove era già un locale sontuoso gestito da Aldo Moretti con caratteristico cameriere detto “Zozza ma’”. L’architetto Cesare Bazzani aveva disegnato gli arredi di questo locale denominato Gran caffè concerto. L’arredo del Venanzetti venne disegnato dall’architetto Tomassini Barbarossa. Di quegli anni ricordo Mimmo Bellini, il figliolo della signora Marcella, in quanto compagno di scuola quando l’elementari Collodi stavano al posto dell’Università, con ingresso dalla piaggia omonima. Del caffè ricordo la distesa di bigliardi allineati al piano di sopra e soprattutto il barman Costantino Monachesi e una sequela di camerieri e pasticceri che si sono succeduti: Ezio, Marziano, Elio, Franco, Ruggero, Pierino ectc.. Il resto è storia recente e confusa: intorno alla metà degli anni Settanta la gestione venne rilevata da Jimmy Fontana e i Valentini, tra il 1985 e il 1994 una cooperativa di ragazzi si alternò dietro il bancone finché nel 1994 la gestione venne rilevata da Franco Simoncini che rinnovò l’arredamento con tanto di saletta Frau. Nel 2004 la gestione venne rilevata dall’osimano Eraldo Marchetti.
Questa è una breve storia, raccontata velocemente, di un caffè storico che rappresenta ancora molto per questa città e sono sicuro che questo pezzo potrà godere di numerosi contributi.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Un luogo squisito!!!
Molte belle le foto dell’inaugurazione: un gran locale, arredamento e disposizione credo avveniristico per i tempi…
Bel pezzo, ne vorrei altri su altri negozi storici di Macerata!!!
Complimenti Gabor. come sempre. Vorrei aggiungere che Venanzetti costituì, per un periodo, “anche” una sorta di Magnete. Mi riferisco ad un viavai “interessante” che aveva come “tema centrale” la Donna. Per fortuna non c’erano i cellulari e si stava costruendo la superstrada per Civitanova. Il che consentiva un maggior “contatto” in corpore vili con una vasta e variegata fenomenologia femminile. Una Galleria nella Galleria.
Ah Guido, ma che hai bevuto?
Una precisazione sulla iniziale localizzazione del bar. Prima di utilizzare i locali dell’attuale negozio di dischi il Bar si trovava difronte, dove fino a poco tempo fa esisteva un bar. Ricordo benissimo per il semplice motivo che essendo un nipote dei Venanzetti la Domenica mattina andavo in pasticceria e trasportavo le paste dal laboratorio alla sala.
Fra le persone che ha ricordato Gabor vorrei aggiungere le tre commesse storiche: Ivana, Alberta (attualmente titolare della ex Talmone) e Adelaide che ci ha lasciato molto prematuramente.
Credo che sia da ricordare anche il periodo degli spettacoli organizzati da Enrico Sbriccoli con gli indimenticabili Giovanni Spalletti e Fabrizio Liuti.
Storiche alcune serate come quella con i protagonisti di Alto Gradimento: Marenco,Bracardi e Boncompagni.
Il Centro Storico viveva anche per queste iniziative di cui purtroppo abbiamo perso traccia.
Gabor ……… non ti riconosco più; sei sull’altra sponda, chi è il traghettatore: Pierino !!!!!!!!!!
@ italo meschini
sono molto curioso di sapere cosa intende dire che Gabor Bonifazi è passato dall’altra sponda. Vorrei cioè sapere in quale sponda mi trovo!!! Grazie.
dopo la gestione Simoncini…Il vuoto…Peccato…
Caro Italo,
ci conosciamo dal 1960, cioè da quando ci siamo ritrovati ad abitare come coloni nelle Case popolari del rione San Francescoe, pertanto dovresti sapere che non “sderazzerò” mai perché anch’io, come i carabinieri, sono fedele nei secoli anche a quel burlone di Pierino (ex Pompei) che con i suoi complimenti riesce a dileggiare i signori e le signore che transitano inutilmente nei palazzi: “eccellenza”, “dottoressa”, etc.. Tuttavia approfitto per raccontare ai lettori che tu oltre ad essere un valente pasticcere (scuola Paolucci) sei stato anche uno degli ultimi giocatori del pallone col bracciale quando questo meraviglioso sport si praticava ancora all’interno dello Sferisterio. Tu giocavi con Raffaello Bartoloni e guarda caso con Pio Venanzetti. Comunque mi piacerebbe ritornare, se CM mi concederà la possibilità, su Venanzetti, per quanto riguarda la dimora nelle campagne di Trejai, su il Palazzo degli Studi (sempre più abbandonato e ridotto in un provinciale Sant’Uffizio) e sulla premiata pasticceria del buon Ettore Pompei.
@ Gabor: incredibile visu !
Mi piacerebbe aggiungere un pezzetttino alla pregevole storia raccontata dall’impareggiabile Gabor…
Io abitavo al n. 30 di via Gramsci, tutta la mia infanzia e’ trascorsa sotto al loggiato del Palazzo degli Studi e quindi la memoria del “vecchio” Venanzetti, con le foto pubblicate e’ stata un ritorno meraviglioso nel passato. Ho memoria dei primi anni 60, e ben ricordo i citati biliardi del piano superiore ( a cui si accedeva non dall’attuale scala, ricavata sopra il vecchio bancone, ( vedi foto 1) ma da una stretta e angusta scala alle spalle proprio dell’inizio dell’attuale bancone: una parte portava alla pasticceria nel seminterrato, l’altra al piano superiore: la salita veniva accompagnata da effluvi di creme e di chartreuse….
Cio’ che si vede nella foto 4 era la “cassa”, dove nel periodo che ho citato troneggiava “Sora Teresa” la mamma della summenzionata signora Marcella, una donna elegante e bellissima, dalla voce un po’ roca, ma il cui sorriso ricordo ancora e dicevo, di un’altra signora, la sorella – che poi avrebbe avviato “la bottega di Marli'” nella vicina Galleria del Commercio.
Costei aveva un figlio, Francesco, ora professionista affermato in quel di Ancona, mio amico e coetaneo con cui scorrazzavamo sotto l’ampio loggiato, in bicicletta o giocando a pallone nell’ area che e’ sopra la platea del cinema Italia ( le ampie colonne erano delle porte naturali da calcio..) tra le ansie del gioielliere Benedetti che temeva per la sua insegna al neon che riportava il suo nome e osservati dal burbero sguardo del Cav. Balelli, fotografo con studio sempre sotto il loggiato…..
Sempre con Francesco d’estate per festeggiare il suo compleanno ci recavamo alla sua residenza di campagna di Passo Treia da te citata , una bellissima villa su piu’ piani immersa in un verde parco di querce e betulle, nostro terreno di giochi innocenti, e nostro compagno di giochi diveniva Adriano, figlio del mezzadro, della vicioniore casa di campagna. La villa poi fu successivamente ceduta alla famiglia Benedetti, che tuttora vi dimora.
Tempus fugit……… ma quanti ricordi !
In questi interventi pieni di ricordi, tutti, abbiamo dimenticato un fatto molto imprtante accaduto sabato scorso.
Sabato scorso infatti è venuto a mancare alla veneranda età di 99 anni il marito di Marcella Venanzetti: Aldo Bellini. Una persona squisita, di una gentilezza unica. Ecco, avendo ricordato lo storico caffè credo che sia bene ricordare questa straordinaria persona. Coloro che l’hanno conosciuto penso che siano del mio stesso parere.
@ Renzo Serrani
Potresti scrivere con più cuore di Francesco Guccini un Dizionario delle cose perdute.
Ed ora, dopo il canto “A un vincitore nel pallone” (il campione del bracciale era Mario Venanzetti e non Pio come ho scritto), ritorniamo a venanzettegiar con una breve storia della dimora di campagna che tu descrivi e che acquistò “Sora Teresa” verso la metà degli anni Cinquanta del Novecento:
Villa Jole, in contrada Chiaravalle di Treja, è la tipica casa di villeggiatura della media borghesia. La villa fu fatta costruire agli inizi del ‘900 dall’avv. Antonio Farabollini (1880-1918), discendente di un’antica famiglia di probabili origini longobarde, che volle darle il nome della prima figlia: Jole appunto.
Questa ultima sposò l’ingegnere Umberto Montebello, che nel 1945 ne curò il restauro. La villa fu in seguito ceduta ai Cantarini, che a loro volta la vendettero a “Sora Teresa” Venanzetti, la consorte del celebre pasticciere maceratese. Attuale proprietaria è Ornella Benedetti che, dopo averla acquistata nel 1978 da “Sora Teresa”, l’ha resa ancora più confortevole e spaziosa.
L’edificio, di modeste dimensioni, è a pianta quadrata e sviluppa due piani fuori terra. La facciata intonacata è scandita, da lesene intersecate da fasce di marcapiano e marcafinestre e da un caratteristico timpano curvilineo con pinnacoli laterali.
(G. Bonifazi, Alla scoperta di Villa Jole, Il Resto del Carlino, 14-9-1994).
Articolo molto interessante. Anche se lo stile di scrittura lascia un po’ a desiderare.
Gabor ci pensi tu o ce la mandiamo noi ???
Ma pesetece vivimo de ricordi, do sta lu futuro?
@Alex Stecca: (e non me risponne co’Martellittu, pensece vene……). C’è sicuramente da pensare al futuro…ma lo conosci il detto “storia maestra di vita?” ed è proprio dalla storia, dai ricordi, che si impara a correggere gli errori e si conservano le tradizioni. Ricordare quanto era vivace e bella Macerata, tra l’altro non molti anni fa, serve a spronare chi ha in mano le regole de gioco a farla ritornare così…evitando gli errori commessi e ripristinando le vecchie e belle tradizioni.
E Costà, Ruru ecc….chi se li ricorda?
Complimenti Gaborviva!
Martello (te va ve coscì?) se parla solo della storia che adè importante, ma del futuro nesciù sa di cosa e adè quello che importa alli nostri figli non te pare? A me me pare preccupante che nisciù ce sa di checcosa de domani. Penso che non cimo la jente justa per poter parlà del domani e questo fa riflette. Che ne pensi? Macerata more perché è senza futuru non perché non c’ha la storia.
@Stecca. Appunto perchè non si vede la luce al di fuori del tunnel (almeno fino alle prossime elezioni) che è meglio ricordare la storia e le tradizioni……visto mai che in un futuro qualcuno ci riporta ai vecchi bei tempi! Quando (te non sei di Macerata) il Corso era pieno almeno fino alle 21,30, sarà nostalgia…..ma è meglio ricordarla ai giovani di oggi che, giustamente pessimisti per il futuro, possono travare spunto e coraggio per cambiare dalle esperienze dei più anziani!
Martello io so de Macerata, ce sto da quannero picculu anche se lu colore della pelle adé diverso, quindi piantela a di che non so de Macerata
@ Martello
🙂
Caro Gabor, sai che leggo appassionatamente tutte le tue pubblicazioni, mi stupiscono le metodiche ricerche che fai per tenerci sempre in memoria le bellezze e peculiarità della nostra bellissima città. Vedo con piacere c’hai rettificato il nome di Pio Venanzetti con il grande Mario; fautore del pallone a bracciale nella nostra città. Con il duo che tu menzionavi fungevo da riserva, per giuocare poi delle partite ma sempre limitatamente al lavoro ( in quei tempi, per i pasticceri, non c’era riposo) con il grande Viscardo Roscetti, atleta di Mondolfo, voluto fortemente a Macerata dal “sor Mario “; a quei tempi, c’era molto rispetto per la gente più anziana; specie, se imprenditori. Approfitto anche per dire a Carlo Valentini che senz’altro è sulla sponda giusta e mi scuso se mi sono espresso in questo modo. Sai Carlo…. avendo lavorato diversi anni con il ” sor Ettore ” beh…. un pò di campanilismo: consentimelo. Gabor mi preoccupavo per te; pensando che Pierino… avesse fatto traboccare il vaso; anche perchè una delle tue pubblicazioni che non avevo < L’osteria del Marangoni >, l’ho trafugata da una di quelle vetrine interne del Bar, sempre previa autorizzazione. Gabor, in attesa di altre tue pubblicazioni…. per tutto il rispetto che ho per il famosissimo ” Venanzetti ” nel quale ho per altro lavorato un paio d’anni con la gestione Simoncini; direi che sderazzare non è proibitivo ma piuttosto affettivo.
Un grazie a Gabor per l’ apprezzamento sullo scrivere col cuore, un saluto a Tommy che ha citato con la mia stessa nostalgia i vecchi tempi in cui la gioventù maceratese si ritrovava per il Corso, dando vita ad un centro storico che vedeva Venanzetti quale magnete – per dirla con Garufi -delle più vive e attive persone e “personaggi” della nostra Macerata.
Conludo con la mia ammirazione per la perfetta descrizione di Villa Jole!
@ Emanuela
Ha perfettamente ragione. Il pezzo è un po’ “abbutulato” (un verbo per Stecca). Tuttavia lo avevo già ammesso nella conclusione:
Questa è una breve storia, raccontata velocemente, di un caffè storico che rappresenta ancora molto per questa città e sono sicuro che questo pezzo potrà godere di numerosi contributi.
@ Alex Stecca
Chi ha un sussulto, chi protesta, chi rimpiange la dignità perduta del proprio paese non è un provocatore ma un provocato, e talvolta può trovare consolazione scrivendo la storia di una famiglia, del proprio borgo. Borghi dove vivono uomini che hanno l’orgoglio del loro passato e si garantiscono la felicità.
@ Sisetto
Mi ha fatto ricordare altri avventori simpatici: Pigliapochi, Remigio il meccanico Prodigio, Umberto il Barone, Ugo Billi, Gastone Bartoloni etc..
@ Renzo, Italo, Tommaso e tutti gli altri commentatori
Grazie! Per aver contribuito a ricordare una grande famiglia che ha dato il nome al locale storico di Macerata: Caffè VENANZETTI.
dal 1994 al 1999 quattro anni indimenticabili….ho lavorato nel miglior caffe’ del centro italia e devo molto a quel periodo…….bella gente,bella era macerata…….Franco Simoncini la mente perfetta per un’opera come quel caffe’,poi le braccia di Pierino, Ruggero e Genesio e tutto lo staff noi barman le ragazze al banco pasticceria..che bellissimi ricordi…..ah continuo a fare questo splendido mestiere….ma troppe cose sono cambiate