Da Placido Munafò, presidente dell’associazione “Il Glomere” riceviamo:
«Sino ad oggi si è pensato all’urbanistica credendo che dotandoci di strumenti di governo come il Piano Regolatore (PRG) volto perlopiù alla pianificazione dei nuovi insediamenti urbani si riuscisse a gestire al meglio il territorio. Altri strumenti hanno riguardato la gestione dei centri storici perlopiù informati ad una regolazione degli interventi di recupero, addirittura, in alcuni casi, imponendo un piano del colore per predefinire determinate scelte progettuali sulla coloritura degli intonaci esterni. E’ sotto gli occhi di tutti il fallimento di tali strumenti che hanno realizzato quartieri dormitorio favorendo la speculazione edilizia e non la qualità architettonica e urbana. Si costruisce impegnando tutto il lotto disponibile con le volumetrie consentite e non su una più corretta gestione del progetto in grado di dare qualità nella sua accezione più ampia. Come Associazione Il Glomere abbiamo già presentato due progetti di riqualificazione, o meglio di “rigenerazione urbana”, che hanno come obiettivo quello di stimolare gli Enti competenti a rivedere la politica urbanistica. Infatti non è più pensabile ad un PRG che mira solamente alla pianificazione dei nuovi interventi, bisogna invertire la rotta e pensare a piani di riqualificazione dell’esistente partendo dalle risorse ambientali disponibili. E’ un modo diverso di interpretare la pianificazione urbana, che implica un approccio alternativo rispetto a quello attuale. Non credo che sia più necessario costruire nuovi appartamenti, credo invece che sia necessario investire sulla “rigenerazione” dell’esistente con interventi volti a riqualificare i quartieri della Città stimolando la voglia di viverli e non, come oggi accade, di considerali un insieme di involucri (abitazioni) chiusi dove si svolge la sola attività domestica. Questo implica una nuova visione della pianificazione urbana, così come Il Glomere ha dimostrato per il quartiere di Collevario e per la frazione di Piediripa. Una pianificazione urbana che dovrebbe dare una svolta nel senso che i nuovi strumenti urbanistici dovrebbero incentrarsi sull’individuazione delle realtà urbanistiche e sociali esistenti nel territorio e indirizzarle ad una riqualificazione dando una linea guida per gli interventi. Credo che questo sia il senso della nuova politica urbanistica di cui la Città dovrebbe dotarsi. Quartieri oggi pensati e vissuti come fatti occasionali generati dal semplice interesse finanziario, rivisitati invece come “risorsa” in quanto esistenti. E’ però necessario un salto di qualità dove il “progetto” di intervento urbano è inteso come risposta alla rivitalizzazione della Città che passa necessariamente per i quartieri in maniera tale da delineare una riqualificazione complessiva della Città. Ma questa ipotesi ovviamente investe anche il centro storico che ha problematiche ed un vissuto certamente diverso da quello degli altri quartieri di Macerata. E’ il caso di onsideralo come un “quartiere”, anche se ha una identità propria ben definita dalle sue architetture, e questo presupposto può fare la differenza rispetto alla percezione che attualmente si ha di esso e che lo ha portato al declino, soprattutto per un sottinteso, mai esplicitato apertamente, che si chiama “musealizzazione”. “Rigenerazione” dell’esistente può essere la svolta che potrebbe dare a Macerata quella vitalità perduta che esisteva anni addietro, perché le sue vie o vicoli erano vissuti dai cittadini nel proprio quotidiano (problema che interessa tutte le Città italiane). E’ proprio ridare la vita quotidiana di quartiere l’obiettivo che dovrebbe informare il progetto di riqualificazione urbana che mi piace definire “rigenerazione”.
Un invito all’amministrazione: non pensiamo più a minitematiche, ma a piani di riqualificazione dell’esistente. Mi auguro che il mio intervento sia interpretato come uno stimolo per dare alla Città una prospettiva diversa per lo sviluppo che non passa attraverso la realizzazione di nuove edificazioni, ma dalla rivalutazione dell’esistente».
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E’ interessante leggere che qualcuno finalmente parli di riqualificazione urbana a Macerata. Le persone che vengono da fuori rimangono stupiti ed abbagliati dalla bellezza delle nostre colline, dei nostri panorami, delle viuzze del centro…per poi rimanere allibiti dall’incuria e dalla desolazione (e dalla insicurezza percepita) di alcune zone della nostra città.
Abbiamo tantissimi spazi inutillizati ed in degrado, palazzi lasciati all’abbandono, il Comune potrebbe elaborare dei bandi per un utilizzo alternativo…potrebbe. Il Comune potrebbe fare tante cose, senza dover spendere necessariamente tantissimi soldi, ma…
Consiglio al Sindaco e a tutta la Giunta la lettura del libro: “Vita e morte della grandi città”, di Jane Jacobs. Sarebbe una lettura interessante, sarebbe….Buon divertimento.
concordo parola per parola l’intervento del Signor Munafo’.
citta’ come Londra o Berlino e piu’ in generale le loro rispettive nazioni mai e poi mai penserebbero a siffatte “politiche” urbanistiche.
da loro viene il recupero del vecchio stabile in primis.non che si costruisce senza ritegno come in Italia.
se poi cio’ non fosse possibile si che costruiscono,ma senza alterare il contesto storico e sociale.
ci hanno fatto credere che ristrutturare costa di piu’ che costruire il nuovo.bene,vale solo in pochi casi.vedi catapecchia di campagna con i coppi a terra come si dice.
oltre al fatto che si snaturalizza una intera zona,vedi i nostri ex bellissimi centri storici.
se poi vogliamo aprire il discorso qualitativo dei nuovi edifici allora ci facciamo notte.
non bisogna poi andare molto lontano per vedere come le cose funzionano,un esempio su tutti il Chianti,specie quello Senese.
Come dar torto a Placido che in fatto di urbanistica è molto preparato.
Purtroppo le logiche urbanistiche maceratesi, come quelle di tante città italiane, sono sempre state legate ad interessi personali ed alla convinzione che solo con gli oneri di urbanizzazione si sarebbero potute reggere le amministrazioni.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: è triplicata la cementificazione mentre il numero degli abitanti è pressochè invariato.
Vorrei però sottolineare che in questa città qualche mese fa è successo qualcosa di molto importante e cioè alcuni cittadini insieme all’Associazione MaceraTiAmo hanno fatto ricorso al Tar contro la Minitematica.
E’ una svolta epocale, a prescindere dall’esito del ricorso che arriverà tra pochi mesi, in quanto tutto è successo negli anni precedenti per un disinteresse dei cittadini alle problematiche della città.
Se nella nostra città, come in tutto il territorio nazionale, si tornasse a PARTECIPARE si risolverebbero gran parte dei problemi (Corruzione, cementificazione, razzismo…)
https://www.cronachemaceratesi.it/2011/05/01/un-gruppo-di-cittadini-ricorre-al-tar-contro-la-minitematica/
Perfettamente in accordo con Roberto, occorre riqualificare l’esistente e fare stop con le “abbuffate edilizie”.
Occorrerebbe una politica urbanistica partecipata ,cominciando dal PTC, estendendo la tutela orientata su molti lembi di territorio nei confronti dei quali la politica urbanistica Maceratese negli ultimi quaranta anni si è invece accanita.
Ad ogni buon intenditor poche parole..
Il fallimento della politica urbanistica di Macerata, è anche il fallimento ,e il non ravvedimento, del sogno della città dei centomila.. Viabilità bloccata per mancanza oltre che di fondi, di concertazione fra i Comuni dell’area che mal digeriscono le ingerenze dovute alla presunta supremazia del capoluogo che vorrebbe imporre le sue scelte strategiche su tutti e persino a carico del Comune vicino in qualche occasione, vedi svincolo di San Claudio, e allora ognuno fa per sè: Corridonia si fa la sua nel versante del Chienti, su quest’altro del Potenza i Comuni interessati avversano uno sviluppo commerciale ,perchè ritenuto dannoso per la loro economia locale. Quindi niente strade, strutture e infrastrutture, ma ponti sospesi sul nulla. E la popolazione residente di Macerata intanto decresce. E’ la scelta urbanistica a monte, che si protrae da decenni e ancora oggi non sfugge a quella logica , che è fallimentare. Il Centro si svuota, ma si continua a costruire in periferia e nelle frazioni, dove c’è la sostanza per gli investitori del mattone, grazie alla proliferazione delle zone commerciali , artigianali e industriali lì volute, che aggiungono valore alle nuove costruzioni. e in cambio di autorizzazioni a costruire, gli imprenditori privati , si accollano i costi di urbanizzazione e altro che spetterebbe alle amministrazioni. Tutta una politica sviluppata intorno ai centri commerciali. O prima quelli, o prima il residenziale,prima o poi si accoppiano sempre. E in funzione di quelli, la viabilità generale. Un circolo vizioso che si autoalimenta ed allontana dall’attuare una sana politica urbanistica che punti anche sul recupero dell’esistente. Basti vedere le case popolari di Collevario che non passano a riscatto. Oggi chi potrebbe- vorrebbe comprare l’abitazione che abita, non può, e quindi acquista una nuova abitazione. E’ dal 1960/70 che sono state realizzate, hanno bisogno di manutenzione straordinaria che spetterebbe fare al Comune , ma non la fa e l’inquilino giustamente, ancora meno.
Le manine rosse o verdi, lasciano il tempo che trovano, scripta manent.
E anche i fatti. A dimostrazione delle politiche dette sopra, estrapolo quanto ho scritto in altro post oggi, precisando meglio
31 agosto 2010, Convegno -dibattito Teatro Velluti Corridonia,. sul tema Aree commerciali e impatto sulla viabilità nella media vallata del Chienti.
Capponi: “Siamo contro la realizzazione di nuove strutture della grande distribuzione. C’è una overdose di queste strutture nella vallata del Chienti che va da Tolentino a Civitanova. Sull’altra vallata forse servirebbero, ma i sindaci hanno detto che non vogliono grandi strutture per non snaturare la loro organizzazione.
Piediripa , zona Stazione:
Area Simonetti 194.000 metri cubi ( commerciale) + Città Verde, Soc.Il Bracciale, Lambertucci di Treia ,105.000 metri cubi ( residenziale) + area Grisogani , il tutto per un totale di circa 380.000 metri cubi nella stessa area di Piediripa. che si trova in prossimità della provinciale. Per il collegamento tra questa, il centro commerciale Simonetti, che andrebbe a valorizzare tutta quell’area e realizzare opere di urbanizzazione primaria, estendendolo fino al P.P. Valleverde , vedi delibera provinciale della Giunta Capponi dell’8 marzo 2010.
Il Prof. Placido Munafò ha perfettamente ragione: negli ultimi venti anni l’urbanistica maceratese ha favorito la speculazione edilizia e non la qualità architettonica e urbana.
Significativo è il fatto che negli ultimi 50 anni Macerata ha quadruplicato la sua dimensione urbana (passando da 213 ettari di superficie edificata del 1954, a 980 etteri del 2007) a fronte di una crescita media della popolazione di appena il 29 % (Vedi “Ambiente e consumo di suolo nelle aree urbane funzionali delle Marche” Regione Marche – Settembre 2009).
Questi due semplici dati dimostrano, senza ombra di dubbio, che l’approccio “urbanistico” alla città va totalmente ripensato.
A tale riguardo mi viene sempre in mente la risposta ad una domanda che negli anni ’80 fu chiesta al sindaco di una media città americana che l’aveva guidata da una crisi profondissima negli anni ’70 ad una vera e propria rinascita economica e sociale, quale era stato l’ingrediente principale di questa rinascita, su quali risorse aveva potuto contare.
La sua risposta, semplice ed efficace, mi ha sempre colpito: ho fatto leva sulla città (“Have leveraged the city”).
E’ nella città che ci sono le risorse intellettuali, professionali, imprenditoriali, finanziarie, necessarie per lo sviluppo, per affrontare i cambiamenti, per disegnare il nuovo volto della città.
Il politico vero e l’amministratore accorto non cerca di succhiare tali risorse per fare poi lui stesso le cose che i cittadini possono fare meglio, ma cerca di suscitare, esaltare, guidare queste energie.
Egli cerca di elaborare la rotta comune e di far crescere il consenso sulla stessa; egli può battere il tempo.
Ma poi solo se tutti e ognuno al proprio posto remano con ordine e convinzione la città va avanti.
Non si crea sviluppo economico senza gli imprenditori, agenti primi dello sviluppo economico; non si edifica senza i costruttori; non si riqualifica l’esistente (il centro storico e i quartiere periferici) senza finanza privata e questa non si muove se lo studio non viene concepito come il centro di un progetto più complesso; non si abbellisce il panorama urbano senza la partecipazione dei cittadini; non si migliora la vita civile senza coinvolgere le persone di cultura; non si utilizzano in modo intelligente al servizio della città le nuove aree urbane liberate dal cambiamento delle attività, senza coinvolgere i grandi architetti ed urbanisti e i grandi finanziatori affidandole solo agli uffici comunali o agli architetti di partito o alle vuote casse pubbliche; non si ripensa la città senza pensiero.
Non è questione di destra o di sinistra ma di cultura dello sviluppo e di comprensione dei tempi.
A Macerata gli schieramenti di sinistra e quelli di destra non sembrano affatto adeguati a comprendere e schiudere i tempi nuovi.