Due bar chiusi a Esanatoglia
All’interno si spacciava droga

Quando la repressione assume una forte ed efficace funzione preventiva

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Il nuovo Questore, Roberto Gentile

di Giuseppe Bommarito *

La notizia, seppure poco valorizzata dalla cronaca locale, è veramente esplosiva: a Esanatoglia il Questore, su proposta dei Carabinieri di Camerino, ha disposto la chiusura di due bar per ben quindici giorni, e proprio durante le festività natalizie, a causa dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti che avveniva all’interno o in prossimità dei locali in questione. E ciò nonostante il fatto che i titolari dei due esercizi siano risultati personalmente estranei allo spaccio di droga.

Questo provedimento del nuovo Questore di Macerata Roberto Gentile va evidenziato e salutato come misura preventiva di pubblica sicurezza non di facciata, ma veramente idonea a salvaguardare i giovani e i giovanissimi che frequentano gli esercizi pubblici (bar, pub, discoteche, sale giochi, chalet) sparsi in provincia sia nella costa che nell’entroterra. Se il buon giorno si vede dal mattino, occorre dire senza tanti giri di parole che questa iniziativa del Questore appena arrivato a Macerata lascia veramente ben sperare.

D’ora in poi, infatti, i titolari di tutti questi locali non potranno fare più come le tre scimmiette, che non vedono, non sentono e non parlano di quanto avviene negli esercizi da loro gestiti, pensando che un po’ di sballo garantito all’interno sia utile a richiamare i ragazzi e ad incrementare gli utili, nel presupposto che a rischiare per il loro sporco mestiere siano in definitiva solo gli spacciatori.

La misura della sospensione temporanea della licenza dei due bar – una novità assoluta nella nostra provincia per motivi di droga, a quanto mi risulta – dovrebbe far ben capire agli imprenditori della filiera del divertimentificio e dello sballo a tutti i costi che mettersi le mani davanti agli occhi per non vedere la cessione di sostanze stupefacenti che avviene all’interno dei locali, se non addirittura agevolarla, comporta in ogni caso rischi molto pesanti a livello economico.

L’atteggiamento prevalente dei proprietari e dei gestori degli esercizi pubblici, infatti, come ben sanno tutti i frequentatori quasi sempre giovani e giovanissimi, oscilla tra l’ipocrita disattenzione e una vera e propria incentivazione (ovviamente non manifesta) dell’attività di spaccio nei locali, nella loro ferma convinzione che lo sballo garantito costituisca per i ragazzi un’attrattiva e un motivo in più per venire nei locali stessi a farsi del male e a spendere soldi, facendo ingrassare chi li gestisce.

Tant’è che, fatte salve le dovute eccezioni e cercando sempre di non generalizzare eccessivamente, risulta evidente che in molti locali uno spaccio di sostanze più o meno palese viene svolto dai baristi, dalle ragazze immagine, dai buttafuori, dai dj, dai vocalist, dai pierre, in taluni casi anche da personaggi che, pur non facendo parte dell’organico, sono però ben conosciuti per l’attività di spaccio che svolgono con regolarità e ciò nonostante (o proprio per questo motivo) ampiamente tollerati.

In questi casi suona quindi come retorica la domanda circa il livello di consapevolezza dei proprietari dei locali: come è possibile che non si accorgano di nulla, come può accadere che tutti i frequentatori si avvedano di questa intensa e plurima attività di spaccio tranne coloro che i locali li gestiscono e che dovrebbero pertanto avere il controllo totale della situazione?

Il passaggio ulteriore, per le forze dell’ordine, è però, necessariamente, quello di entrare all’interno dei locali in questione pure in via preventiva, e non solo nell’ambito di procedimenti penali già incardinati. Le forze dell’ordine hanno infatti anche il compito di prevenire la commissione dei reati e di impedire che i reati già posti in essere vengano reiterati e portati ad ulteriori conseguenze.

Nel caso di Esanatoglia i carabinieri si sono mossi sulla base di notizie di reato già acquisite contro una banda di spacciatori che operava da tempo in zona, sicchè gli accertamenti e gli appostamenti effettuati si sono inseriti in un procedimento già avviato, allo scopo di accertare la fondatezza di alcune soffiate o di una o più denunzie anonime oppure di intelligenti intuizioni investigative.

Ma niente impedisce che i carabinieri, i poliziotti e i militi della guardia di finanza entrino nei locali stessi, possibilmente in borghese, a prescindere da più o meno specifiche notizie di reato e verifichino quanto avviene all’interno, non solo per incastrare eventuali spacciatori, ma anche e soprattutto per comprendere la loro eventuale contiguità con i titolari e i gestori e perseguire penalmente questi ultimi, se risulteranno loro responsabilità dirette, oppure adottare nei loro confronti provvedimenti come quelli presi per il bar di Esanatoglia nel caso di ipocrita e voluta indifferenza, che non assurge però a livello di reato.

La norma adottata dal Questore di Macerata infatti parla chiaro: “Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinato la sospensione, la licenza può essere revocata” (art. 100 del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza).

Ebbene, venendo alla nostra città, in quanti bar, sale giochi, pub e locali da ballo avviene una discreta attività di spaccio ad opera di soggetti che hanno notoriamente pesanti conti con la giustizia? Perché le forze dell’ordine non sottopongono questi locali ad accertamenti, ad appostamenti, per vedere quello che accade all’interno, chi sono gli abituali frequentatori e qual è il reale atteggiamento dei proprietari?

Gli agenti in borghese per questi accertamenti sono comunque fondamentali, perché  altrimenti, soprattutto nel caso di locali di discrete dimensioni come le discoteche, l’arrivo delle forze dell’ordine – come già avvenuto in qualche occasione – sarebbe segnalato all’interno nel momento stesso del loro arrivo nel parcheggio o nel piazzale antistante e gli spacciatori avrebbero così buon gioco a far sparire le tracce e le prove del loro criminale operato.

Generalizzare questa modalità operativa sarebbe, secondo me, la vera inversione di tendenza nell’operato delle forze dell’ordine. Posizionare, infatti, qualche macchina dei carabinieri o della polizia o della finanza nei pressi dei locali per fare i test dell’etilometro alle tre di notte, per quanto utile, significa però, in sostanza, riconoscere che taluni esercizi pubblici sono zone franche, all’interno dei quali può succedere di tutto senza che le forze dell’ordine abbiano modo e volontà di impedire l’attività di spaccio (così come di somministrazione di alcol a ragazzi minorenni, od anche a maggiorenni già in evidente stato di alterazione per l’alcol e la droga ingerite) penalmente perseguita.

Ecco, secondo me le forze dell’ordine devono fare una scelta tra due alternative: colpire a livello penale gli spacciatori e i titolari dei locali che organizzano o consentono l’attività di spaccio, oppure muoversi a valle, a livello puramente amministrativo, indirizzando l’attività di controllo all’uscita dei locali solo sui consumatori, peraltro su quelli che, più sfigati e sprovveduti, sono talmente fatti di alcol e droga che nemmeno riescono ad organizzare un viaggio di rientro su itinerari alternativi utili ad evitare i più o meno soliti posizionamenti delle forze dell’ordine (circostanza anche questa ben nota a tutti).

Scegliere la prima strada, con una forte inversione di tendenza rispetto alla prassi operativa attualmente in essere, peraltro avrebbe, insieme ad una indubbia valenza repressiva, anche una fortissima connotazione di tipo preventivo. Sarebbe infatti sufficiente svolgere per qualche tempo e con una certa continuità controlli di questo tipo all’interno dei locali, e chiuderne qualcuno per aver organizzato o anche solo consentito una qualche attività interna di spaccio, per ottenere come effetto immediato la fine dell’alleanza di fatto tra i proprietari degli esercizi e coloro che spacciano.

Fantascienza? No, a poca distanza da noi, a Riccione, la notissima discoteca Cocoricò  (non un baretto qualsiasi sito in qualche sperduta località di montagna) è stata chiusa per quindici giorni dal Questore di Rimini nella prime due settimane di questo mese di dicembre proprio perché nei giorni precedenti era stata accertata un’attività di spaccio che aveva portato al coma un neo maggiorenne che stava festeggiando il suo diciottesimo compleanno. Ebbene, subito dopo la riapertura in quella stessa discoteca sono stati arrestati dalle forze dell’ordine due spacciatori, segnalati indovinate da chi? Proprio dal personale di servizio della discoteca stessa.

* Avv. Giuseppe Bommarito

Presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”



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