E NAUFRAGAR MI E’ DOLCE
IN QUESTA PISCINA

La triste storia del polo natatorio di Fontescodella. Nessuno lo vuole più, si sta pensando di realizzare una seconda vasca in viale Don Bosco

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piscina8_zoom-300x199di Giuseppe Bommarito

Non si può  certo dire che l’area di Fontescodella porti bene all’Amministrazione Comunale di Macerata, tra il palazzetto da ampliare ormai in tempi brevissimi con la sofferta compartecipazione della Lube, la cittadella dello sport che non decolla a cause di incredibili differenze di valutazione dell’area da acquisire (quasi novecentomila euro di scarto fra la stima degli uffici comunali e quella, ben più ridotta, dell’Agenzia del Territorio) e le tre piscine in estenuante e dolorosa gestazione da circa dieci anni. Anzi, a ben vedere, proprio da questa zona ridente, destinata a verde attrezzato, arrivano in testa a Romano Carancini problemi su problemi, sempre più ingarbugliati.

Il polo natatorio, però, per l’incredibile vicenda che lo ha sin qui accompagnato, una vera e propria telenovela, merita una trattazione specifica.

La storia inizia nel luglio del 2002, allorchè il Comune (Sindaco Meschini, allora quasi di primo pelo), ritenendo la piscina un “impianto sportivo essenziale per un capoluogo di provincia, in quanto finalizzato ad agevolare attività ludiche, sportive, ricreative e terapeutiche”, stipula un’apposita convenzione con l’Università di Macerata, all’epoca guidata dal Rettore Febbraio. L’ateneo maceratese avrebbe realizzato in via esclusiva l’opera, destinata ovviamente ad un utilizzo congiunto sia degli universitari che dei cittadini maceratesi, a fronte della cessione gratuita in diritto di superficie dell’area interessata da parte del Comune.

Ben presto, però, iniziano i problemi. L’Università nicchia e la convenzione, troppo sbilanciata in favore del Comune (che peraltro già riteneva il progetto, con una sola piscina, sottodimensionato per le proprie esigenze), diviene inefficace. Si decide allora (siamo nel 2004, in prossimità, quindi, delle elezioni comunali del 2005), tramite un nuovo accordo di programma, di passare, con una ipotesi progettuale di più vasto respiro, da uno a due soggetti realizzatori. L’Università avrebbe provveduto alla stesura del progetto preliminare e di quello definitivo, e si sarebbe fatta carico di metà del costo della realizzazione. Il Comune, dal canto suo, avrebbe ceduto (non più in diritto di superficie, ma) in comproprietà l’area individuata, avrebbe predisposto la progettazione esecutiva e si sarebbe caricato il costo della restante metà per l’edificazione della struttura, da affidare poi comunque a terzi per la gestione.

 

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La piscina comunale di viale don Bosco

Il progetto preliminare dell’opera, subito inserita nel programma dei lavori pubblici per il triennio 2004-2006, parla di tre vasche, due coperte (tra di loro ricongiungibili, in modo da divenire una piscina olimpica) e una scoperta, i servizi di supporto, un piazzale riservato a parcheggio e verde circostante, per un costo complessivo di quattro milioni di euro, da finanziare con un mutuo di pari importo, sopportato in quote eguali con l’Università e da accendere presso la Cassa Depositi e Prestiti.

Il mutuo viene poi concesso nel dicembre 2004, e da allora i due enti stanno pagando le rate semestrali nel frattempo maturate, anche se le piscine continuano a rimanere nel libro dei sogni.

Poi, per oltre due anni (durante i quali, in teoria, l’opera doveva essere completamente realizzata e collaudata), tutto rimane inspiegabilmente fermo, tranne la fantasia e l’audacia immaginifica dei due enti. Quell’iniziale progetto, secondo la Giunta Meschini e la maggioranza di centrosinistra, è ancora troppo misero per un capoluogo di provincia e quindi va rivisto, specie nelle dimensioni della vasca grande coperta, ovviamente con un aumento dei costi di costruzione, manutenzione e gestione, che portano l’onere complessivo da quattro milioni a quasi otto milioni di euro (per la precisione: € 7.674.498,50).

E quindi, come far fronte ai maggiori oneri? Semplice, basta rendere l’impianto suscettibile anche di gestione economica, prevedendo spazi di tipo commerciale e di ristoro, tali da attirare capitali privati, ai quali affidare in concessione, per il loro giusto profitto, sia la costruzione che la gestione degli impianti e degli spazi commerciali. E così, per il polo natatorio delle meraviglie, oltre all’Università, oltre al Comune arrivato in un secondo tempo, si decide di coinvolgere, in quell’epoca che era ancora di vacche grasse, anche un potenziale investitore privato, il quale avrebbe dovuto farsi carico della differenza (€ 3.674.498,50) rispetto al costo inizialmente stabilito.

Detto e fatto, nel giugno 2007, rivisto il progetto, il Comune approva il bando per individuare questo soggetto privato interessato all’affare, con la formula della concessione di costruzione, che prevede la progettazione esecutiva, l’esecuzione dei lavori e la gestione funzionale ed economica del complesso natatorio, compresi spazi commerciali per 2.300 metri quadrati da affittare a terzi, per la bellezza di anni 37 e 6 mesi dalla firma del contratto, di cui sei mesi per la progettazione esecutiva, due anni per la realizzazione dell’opera e 35 anni per la futura gestione.

Il  progetto, riveduto e corretto, contempla ora sempre tre piscine, due coperte (una di 34,50 m. per 21 m., a otto corsie; l’altra di 16,50 m. per 12 m.) e una scoperta (25 m. per 12,50 m.), due locali adibiti a spogliatoio, un locale per infermeria e pronto soccorso, un locale magazzino, una zona per ginnastica prenatatoria, una tribuna per 470 (o 530) spettatori e relativi servizi igienici, due locali rialzati per attesa e relax, una reception, uffici, bar ed eventuale ristorante, un’area verde da piantumare.

Si avvia così  una gara a procedura ristretta, con il criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Partecipano solo due soggetti e nel luglio 2008  la commissione giudicatrice stabilisce che la gara è stata vinta dal raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Sielpa s.r.l., Sardellini Costruzioni s.r.l., Pipponzi s.r.l., Crucianelli Rest-Edil s.r.l., Eredi Paci Gerardo s.r.l., Cipriani Costruzioni s.r.l., tutte imprese di prim’ordine dislocate in varie città della provincia di Macerata.

Seguono nell’agosto 2008 l’affidamento provvisorio, poi nell’aprile 2009 quello definitivo, ed infine (il 13 giugno 2009), la stipula del contratto per la concessione di costruzione e gestione con questo raggruppamento di imprese, che nel frattempo ha costituito una società specifica, denominata “Fontescodella Piscine s.p.a.”. Il tempo massimo di realizzazione previsto dalle parti è di 24 mesi dalla sottoscrizione del contratto (cioè, entro il 13 giugno 2011).

A questo punto si prospettava una marcia rapida e trionfale verso le nuove piscine, invece i problemi e le stranezze iniziano a sorgere sin dall’inizio. Il concessionario privato così individuato, infatti, dapprima inizia a richiedere (a ciò legittimato da una clausola contrattuale) una serie di modifiche al progetto definitivo in base al quale aveva presentato la propria offerta risultata vincente, prevedendo, tra le altre cose, anche un solarium, vasche idromassaggio, l’aumento della superficie destinata a ristorante. E nel frattempo allunga i tempi per predisporre la progettazione esecutiva, che doveva essere depositata entro il 5 novembre 2009, termine poi prorogato dal Comune per ben due volte e senza l’applicazione di penali, sino ad arrivare alla scadenza, definita ultima e improcrastinabile, del 26.3.2010. Contemporaneamente, però, il concessionario, apparentemente senza un valido motivo, si premura di mettere le mani anche sulla vecchia piscina di viale don Bosco.

Questa bagnarola comunale richiedeva una sistemazione per il limitato tempo occorrente a realizzare il nuovo polo natatorio; poi, in base al contratto con la Fontescodella Piscine s.p.a., sarebbe stata chiusa per sempre. Il Comune indice quindi una gara negli ultimi mesi del 2007 per effettuare gli interventi indispensabili alla sistemazione della vecchia piscina, per un importo di € 250.000,00. La gara va però deserta, e allora, nel luglio 2009 (in prossimità delle nuove elezioni comunali), quando la Fontescodella Piscine s.p.a. si è già aggiudicata da tempo la concessione per il nuovo impianto, qualcuno all’interno dell’Amministrazione ha la brillante idea di concedere a trattativa privata proprio all’aggiudicatario del nuovo impianto natatorio la sistemazione e – attenzione, perché il passaggio è importante – anche la gestione per ben tre anni e sei mesi di quello vecchio. La Fontescodella Piscine s.p.a., in corrispettivo per i lavori da fare, riceve dal Comune il diritto a far propri i proventi della gestione, oltre a un contributo annuo di 70.000 euro (totale per tre anni e mezzo: € 245.000,00).

Già questa circostanza appare strana. Il concessionario, in teoria, avrebbe dovuto concentrarsi anima e corpo nella progettazione e nella costruzione del nuovo polo, proprio per i tempi stretti previsti nel contratto del giugno 2009. Invece accetta di intervenire sul vecchio impianto (in teoria, destinato al definitivo pensionamento di lì a poco) e di curarne anche la gestione per un periodo discretamente lungo. Ma poi, non paga di questa stranezza, la Fontescodella Piscine s.p.a. riscontra anche l’esigenza di effettuare nella vecchia bagnarola ulteriori lavori di manutenzione straordinaria, con un aggiunta, rispetto ai 250.000 euro inizialmente previsti, di altri 570.000 euro circa. E il Comune, circostanza ancora più inspiegabile, nel novembre del 2009 li autorizza!

Sul fronte del nuovo polo natatorio la Fontescodella Piscine s.p.a. scopre invece – è proprio il caso di dirlo – l’acqua calda. La società concessionaria, infatti, nel novembre del 2009 avanza una richiesta di revisione del contratto e del suo piano economico-finanziario a causa di maggiori costi di costruzione non previsti per la presenza in zona di una falda d’acqua (che tutti a Macerata conoscono da sempre e che era emersa sin dal 2007 anche in diversi interventi in Consiglio Comunale, quando era stato deciso l’intervento di un soggetto privato) e per sopravvenute modifiche legislative, nonché per la presenza di zona di altri impianti natatori, che potrebbero ridurre gli ipotizzati ricavi. Di qui la richiesta del concedente privato di una somma aggiuntiva una tantum di 2.600.000 euro, oltre iva, e di un incremento delle tarfiffe del 10%.

Seguono la richiesta di un parere da parte del Comune ad un legale, il cui esito non è stato reso noto; la strana vicenda del tentativo del Sindaco (ad aprile di quest’anno) di inserire in bilancio 1.500.000 euro aggiuntivi per il polo natatorio, rientrato per l’opposizione della stessa maggioranza consiliare; e infine le voci di popolo che impazzano in città e che quantificano appunto in € 1.500.000,00, più iva, la somma aggiuntiva che il Comune sarebbe disposto a riconoscere alla Fontescodella Piscine s.p.a. per i maggiori costi di costruzione. Nel frattempo, ovviamente, nulla si muove sul piano della realizzazione.

Sin qui i fatti più rilevanti della vicenda.

Ebbene, cosa può capirsi dalla ricostruzione di tutta questa storia, emblematica sia del modo di fare vanaglorioso e inconcludente del secondo mandato Meschini che del potere impotente di Romano Carancini, costretto dai problemi ricevuti in eredità, dalle liti di maggioranza e dalla drammatica crisi economica a fare solo da crocevia e da regolatore di determinati gruppi di potere ben incistati all’interno della maggioranza di centro sinistra?

In primo luogo, che la trasparenza, pure promessa in lungo e in largo dal nuovo Sindaco durante la campagna elettorale, è del tutto inesistente, è una farsa. Io avrei preferito che l’autore di questo articolo fosse proprio Romano Carancini, da me più volte, ma sempre inutilmente, invitato a fornire alla cittadinanza, in nome della “nuova storia”, elementi utili a capire l’andamento delle vicende chiave per la nostra città (oltre al polo natatorio, la gestione dello Sferisterio, il parcheggio di rampa Zara, il proseguimento di via Mattei, la cittadella dello sport, la reale situazione di cassa del Comune). In realtà, mi sono fatto l’idea che c’è, al contrario, proprio una precisa volontà dell’attuale maggioranza (come peraltro delle precedenti) di non informare a sufficienza i maceratesi quanto meno sui principali problemi della città, perché il disvelamento di ognuno di essi porterebbe alla luce inquietanti intrecci tra politica e affari, gestiti nelle segrete stanze con gli usuali metodi di favoritismo clientelare.

E poi, tornando al polo natatorio, a me sembra evidente che esso, sebbene anche di recente pomposamente definito come la priorità delle priorità, probabilmente non si farà mai, perché in realtà, oggi come oggi, nessuno dei tre soggetti coinvolti nella vicenda vuole andare avanti in questa impresa, nel frattempo lievitata ad un costo presumibile tra i nove milioni e mezzo e gli undici milioni di euro circa.

Il Comune e l’Università si trovano in una fase di grande ristrettezza economica e non vedono l’ora di utilizzare diversamente quei quattro milioni di euro ottenuti in mutuo anni fa, per i quali sono stati già pagati a vuoto quasi trecentomila euro di interessi, e tanto meno hanno il desiderio di sborsare ulteriori somme aggiuntive per l’aumento dei costi di costruzione. La società aggiudicatrice, a sua volta, a mio avviso ha iniziato già da circa due anni, cioè da quando la crisi economica sta mordendo sempre più forte, a fare marcia indietro (come emerge abbastanza chiaramente dalla altrimenti inspiegabile vicenda della ristrutturazione della vecchia piscina di viale don Bosco), forse perché ritiene l’investimento ormai insostenibile, oppure perché si è convinta che la futura gestione sia delle piscine che degli spazi commerciali ottenuti, le une e gli altri palesemente sovradimensionati rispetto alle esigenze di Macerata e dei suoi dintorni, sarà un flop clamoroso.

Sicchè  tutti, o almeno quasi tutti gli attori di questo miraggio sempre più  sfumato mi sembrano alla ricerca solo di un pretesto giuridico per abbandonare, senza altri danni e soprattutto senza penali e pesanti contenziosi legali, il sogno di gloria olimpica dell’era meschiniana e per ripiegare su una soluzione più semplice e a buon mercato, che già qualcuno lascia intravedere: realizzare una seconda vasca in viale don Bosco, accanto alla piscina già esistente. Certo, un po’ poco per un capoluogo di provincia, ma questo oggi passa il convento. Comunque, come si dice: chi vivrà, vedrà.



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