di Giuseppe Bommarito
Ormai nessuno, se non costretto dalle domande di Cronache Maceratesi (leggi l’articolo), discute più della verifica, che per mesi ha tenuto banco in città, facendo pensare, almeno in qualche momento, persino alle dimissioni o alla sfiducia del Sindaco. Tutti, a destra e a sinistra, la danno ormai sostanzialmente per conclusa. Solamente i Comunisti Italiani, come gli ultimi dei Mohicani, ancora occasionalmente parlano di questa convulsa e misteriosa fase della vita politica cittadina, ma solo per lamentarsi del suo esito, per loro del tutto insoddisfacente.
Eppure c’è qualcosa che non quadra. Andiamo per ordine. Dopo circa un anno dall’elezione di Carancini, caratterizzato da continue lamentele e da incessanti polemiche provenienti dalla stessa maggioranza, iniziate sin da quando è stata comunicata la composizione della Giunta, i vari partiti di centro sinistra hanno rotto gli indugi e si sono decisi al gran passo: Carancini, a torto o a ragione, doveva essere in qualche modo riportato all’ordine.
Le accuse, addirittura più pesanti di quelle avanzate nell’ultimo anno dallo stesso centro destra, erano tali da far tremare le vene ai polsi al buon Romano: scarsa collegialità in Consiglio Comunale e con gli stessi partiti della coalizione, accentramento eccessivo e spesso inconcludente, incertezza sulle priorità del programma, sciatteria nelle poche cose realizzate, incompetenza di alcuni assessori, alcune nomine per nulla gradite (Angeletti all’APM, Spuri alla testa dell’Ufficio Tecnico, solo per fare qualche esempio), punti essenziali del programma lasciati malinconicamente a marcire, ritardi, inadempimenti, le azzardate promesse sul palazzetto da mettere a norma, la piscina nel mondo dei sogni, lo Sferisterio rimasto sospeso per aria, ecc..
Alla pesantezza delle accuse corrispondeva, ovviamente, la corposità dei correttivi richiesti dalla maggioranza, a gran voce e con toni ultimativi e non negoziabili: maggiore collegialità nelle decisioni con la coalizione di governo e con i capigruppo, scelta condivisa delle priorità del programma e, soprattutto, la rinuncia da parte del Sindaco all’assessorato all’urbanistica e la sostituzione, con nominativi indicati dai “verificatori”, di almeno due o tre assessori.
Da qui un braccio di ferro senza esclusione di colpi, visto che il Sindaco, a parte la formale accettazione di alcuni correttivi di metodo e la disponibilità a decidere collegialmente le priorità del programma, sul resto non ha mollato in alcun modo, respingendo la camicia di forza che qualcuno gli voleva cucire addosso. Sicchè, per circa due mesi, come se la rabbia repressa sin dal primo momento nel campo “amico” avesse avuto finalmente la possibilità di trovare sfogo a tutto campo, Carancini è apparso agli occhi dell’opinione pubblica come quei pupazzetti che stanno in alcune baracchine dei luna park, dove vince chi riesce a mettere più colpi a segno: una gara, tra gli esponenti di spicco dei vari partiti della maggioranza, senza eccezione alcuna, a chi la sparava più grossa, a chi usava i toni più intransigenti, a chi era più veloce a mettere in riga gli assessori renitenti alle dimissioni fortemente sollecitate e i pochi consiglieri che avevano osato discostarsi da un giudizio negativo su tutta la linea nei confronti della Giunta e del Sindaco. Sempre premettendo, naturalmente, che tanta veemenza e tanta animosità erano finalizzate a mettere il Sindaco e la Giunta in condizioni di andare avanti ancora meglio.
Poi, all’improvviso, quando tutto sembrava perduto per Carancini, colpito alle spalle anche dalla faccenda degli incarichi all’APM e dato ormai in caduta libera, ecco il miracolo, ecco la svolta. Il Sindaco – è stato detto dai verificatori – anche se ha rispedito al mittente gli ultimatum relativi alla sostituzione di alcuni assessori, anche se ha fatto sapere che la delega all’urbanistica se la tiene ben stretta, può rimanere tranquillo in sella. Tutto d’un tratto si è scoperto all’interno della maggioranza che ci sono le condizioni per ben operare, visto che d’ora in poi le priorità saranno decise insieme e la collegialità sarà la strada maestra nell’operato dell’esecutivo, nel mentre alcune deleghe passeranno da un assessore ad un altro. Insomma, dopo le cannonate, una dolce carezza, con le richieste ultimative rimaste nel cassetto dei sogni e sostituite, almeno apparentemente – diciamo la verità – da un po’ di aria fritta (la collegialità e la condivisione delle priorità sono state, infatti, ribadite più volte e peraltro già traballano di nuovo: si veda la fase finale della vicenda delle multe per le strisce blu).
Che cosa è successo per giustificare una tale svolta? Che cosa ha trasformato la grande verifica in un grande mistero? Non è dato saperlo. Le dichiarazioni ufficiali, com’è ovvio, hanno minimizzato i precedenti contrasti e la durezza dello scontro, e hanno posto l’accento su una ritrovata consonanza d’intenti, sul dovere di governare, sul difficile momento economico che impone di evitare distrazioni e, ancora di più, commissariamenti in Comune.
E’ evidente, però, che queste (non) spiegazioni lasciano il tempo che trovano e si pongono come emblematiche di un modo di fare politica che, nella sostanza, esclude i cittadini da una reale partecipazione alla vita politica e amministrativa della città. La verità, sotto gli occhi di tutti, è che nessuno dei contendenti, né il Sindaco e il suo manipolo di fedelissimi, da un lato, nè gli implacabili verificatori, forti anche del sostegno della segreteria regionale del PD, dall’altro, ha sentito il dovere di spiegare alla città le vere ragioni della “guerra dei tre mesi” e i reali motivi dell’armistizio così frettolosamente siglato.
Si possono, quindi, fare solamente alcune ipotesi, forse maliziose, ma i partiti di maggioranza non potranno certo dolersene, visto che è proprio la loro imperdonabile mancanza di trasparenza che legittima in questo caso la più fantasiosa dietrologia.
La prima ipotesi è che la coalizione di centro sinistra, vista la mala parata con i cittadini di ogni orientamento, ed anche con i propri elettori, tutti nauseati da una lotta intestina all’ultimo sangue, non spiegata nelle motivazioni e quindi rimasta senza né capo né coda, abbia dovuto frettolosamente riporre le armi, battere in ritirata e abbandonare le ostilità. Credo che il Segretario cittadino del PD, Bruno Mandrelli, uomo politico esperto e dotato di molto buon senso, supportato da un lucido Angelo Sciapichetti, possa essere stato determinante, in questa ipotesi, nella scelta del male minore. In tal caso, Carancini, dotato contro ogni apparenza di un buon elmetto, avrebbe comunque avuto la meglio sull’imponente fuoco amico rovesciatogli addosso.
L’ipotesi inversa vede invece il Sindaco, data la sproporzione tra le forze in campo, sconfitto e piegato, con il solo riconoscimento dell’onore delle armi. In altri termini, a Romano potrebbe essere stato concesso di procedere al cambio di alcuni assessori e alla rinunzia all’assessorato all’urbanistica non subito, ma tra qualche mese, magari anche un anno, in modo che l’opinione pubblica possa percepire queste decisioni come frutto di autonome valutazioni, e non come una umiliante resa alle stringenti pretese dei verificatori. Nel frattempo, se qualcosa seguitasse ancora ad andare storto, ci sarebbe sempre l’ipotesi Ancona, dove al Sindaco Gramillano la maggioranza di centro sinistra, dopo mille scontri interni, ha concesso una sorta di libertà vigilata e a termine (si va avanti per qualche mese, ma, se la situazione non cambierà, oppure se si andrà a votare per le politiche, allora tutti a casa e poi tutti a votare, nella speranza che l’antiberlusconismo montante possa far dimenticare le pessime prove di governo cittadino).
La terza ipotesi, quella che più cede alla deriva qualunquistica (esaltata e fomentata però proprio dalle ultime vicende politico-amministrative locali), intravede invece un patto segreto su qualcosa di inconfessabile tra Carancini e la sua riottosa maggioranza: alleanze in vista delle prossime scadenze elettorali? Accordi sottobanco su nomine varie o su affari di incerta natura? Spartizioni sotterranee di favori? Qui, veramente, la fantasia può sbizzarrirsi in lungo e in largo.
A me rimane difficile capire come sono andate le cose. Tutto sommato, ma senza metterci la mano sul fuoco, propendo lievemente per la prima ipotesi. Di certo, però, qualunque sia la verità, la maggioranza di centro sinistra, già provata da un deludente secondo mandato Meschini e da un avvio di Romano Carancini decisamente al di sotto delle aspettative (la nuova storia non si è proprio vista), è uscita molto male agli occhi dell’opinione pubblica, non solo per una lunga, estenuante e violentissima guerra intestina sbattuta in faccia alla città senza filtri e senza remore di alcun tipo, ma anche e soprattutto per la mancanza di chiarezza, visto che di questa lotta all’ultimo sangue nessuno è riuscito a capire quali siano stati i veri motivi, gli esatti schieramenti in campo, i vinti e i vincitori.
Se Atene piange, Sparta però non ride. Nel centro destra, mentre nel campo avverso se le davano di santa ragione, il PDL ha infatti perso, proprio nelle battute finali della verifica, l’egemonia indiscussa sull’opposizione.
Complice, infatti, la dura mozione del PDL di censura giuridica, morale e politica, centrata esclusivamente sulle parcelle dell’APM (vicenda denunciata come gravissima e rivelatasi invece una mera questione di inopportunità politica, un peccato veniale, insomma, come molti osservatori, anche nel campo avverso a Carancini, hanno detto sin dal primo momento), “Macerata è nel cuore” ha finito per differenziarsi nel voto dai colleghi di centro destra e, pur rimanendo all’opposizione ma spostandosi leggermente al centro, ha scelto poi di unificarsi con la lista di Giorgio Ballesi, prendendo così le distanze dal rapporto con il PDL, sino a quel momento ritenuto indissolubile.
E questo mentre sullo sfondo del centro destra (che, a mio modesto avviso, ha finito, con quella mozione del PDL, per favorire il sia pur faticoso ricompattamento della coalizione di governo locale) si intravedono già i primi segnali di un qualche futuro contrasto sulla leadership, che sicuramente emergeranno con chiarezza non tanto nella fase attuale, quanto nel momento in cui dovesse verificarsi, magari tra qualche mese, la caduta della giunta Carancini.
Tutto ciò, però, come sempre dice un affezionato lettore e commentatore di questo giornale, al quale mi permetto di rubare la frase, è solo una mia personale opinione.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Complimenti. Disamina equilibrata. Con stile, senza polveroni, sottolinea un aspetto che anche secondo me è il più amaro: assenza di trasparenza=impossibilità per il cittadino di partecipare.
E quindi come a teatro, vedremo passivamente il prossimo atto. Con l’unica licenza di applaudire o fischiare.
Ho l’impressione di essere preso in giro. Come me riscontro che tanti hanno la stessa inpresione.
Complimenti per l’analisi che condivido, c’è qualcosa che non quadra? soltanto qualcosa?. Possiamo fare molto di più che vedere passivamente il prossimo atto Solo che per farlo bisogna volerlo, ci vuole la voglia, ma no meglio stare buone, meglio osservare passivamente il prossimo atto come a teatro, poi al massimo CRITICHIAMO!. ( ovviamente sono ironico)
Stefano Ciabattoni
Interessante analisi politica Egr. Avvocato..mi sembra di arguire che si stia preparando ad una …discesa in campo…..?
Vi è semplicemente STANCHEZZA….sia da parte del PRIMO CITTADINO che probabilmente non si aspettava un compito così gravoso soprattutto in OSSERVAZIONI DEL SUO OPERATO che da parte della GIUNTA…..anni addietro tutti noi eravamo meno stanchi del QUOTIDIANO…..oggi come oggi con i tempi che CORRONO…..siamo noi per primi stanchi e non siamo disposti a COMPRENDERE NULLA…..ma a CRITICARE TUTTO…..anche noi al medesimo posto NON CI COMPORTEREMMO DIVERSAMENTE……sono CAMBIATI I TEMPI …..non le PERSONE…..NEGLI ANNI 80 ……SICURAMENTE NON LI AVREMMO COSI’ CRITICATI……DEL RESTO LE OSSERVAZIONI SONO STATE FATTE ANCHE CON I PRIMI CITTADINI PRECEDENTI……e’ tutto in FASE DI DECADIMENTO…..
Caro Tommy Gun,
intanto grazie per il complimento. Fa piacere riceverlo da un interlocutore con il quale, su altri argomenti, mi sono fortemente scontrato.
Quanto alla discesa in campo, ci tengo a rassicurare che non è affatto mia intenzione. E comunque, in effetti sono già in campo, in quanto presidente dell’associazione che porta il nome di mio figlio, e a questa associazione, e alle battaglie che sto proseguento nel suo nome, voglio seguitare a dedicarmi. Oltre tutto, all’associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza” sono iscritte persone di diverse convinzioni politiche, per cui, pur avendo io, come tutti, le mie idee politiche, mi sembra giusto non schierarmi in maniera formale con un qualche schieramento politico.
Tra l’altro, in questo momento troverei anche difficoltà a scegliere uno schieramento: dal centro destra, che dovrebbe mettere al centro le battaglie per la legalità, per il sostegno alle forze dell’ordine, per la lotta alla droga, non mi è venuto alcun sostegno negli interventi sin qui fatti. Solo qualche cenno di compiacimento, ma niente in termini di impegno a muovere qualcosa a livello regionale o in parlamento.
Dal centro sinistra, che a sua volta dovrebbe essere in prima fila nella lotta e nella vigilanza antimafia, nella cura e nelle terapie dei tossicodipendenti, ancora meno, anzi, forse, se vogliamo essere precisi, una dose maggiore di indifferenza, se non di vera e propria ipocrisia: pensiamo alla sinistra del mattone e a quello che sta succedendo a Corridonia, tanto per fare un esempio (clamoroso).
Quindi, tutto sommato, oggi mi sento un cittadino libero di dire la mia opinione senza condizionamenti di sorta, e tale voglio restare.
Ma c’è di più. Troverei anche sbagliato approfittare della visibilità che Cronache Maceratesi mi ha dato, ospitando i miei interventi.
Quindi, stai pur sicuro, continueremo a scontrarci, o magari a trovarci d’accordo, sulle tematiche di cui normalmente scrivo: droga, alcolismo, disagio giovanile, criminalità organizzata che vive e prospera sulla droga, la mafia che si sta radicando anche da noi (mentre chi dovrebbe occuparsene fa la parte di Alice nel paese delle meraviglie).
Questo articolo è solo il frutto di una richiesta del nostro direttore Matteo Zallocco, il quale, non so perchè, mi ha chiesto di dire la mia sulla recente verifica e di scrivere ogni tanto sulle vicende politiche locali.
Tutto sommato, anche a me ogni tanto fa bene parlare di qualcos’altro.
Gentile avvocato,
non la conosco di persona, ma conosco in parte la Sua storia.
Voglio solo dirle che l’ultima riga del suo commento mi ha colpito molto e che ha tutta la mia solidarietà personale.
Axel Munthe,
medico svedese amante della semplicità delle genti povere e della natura.
Egr. Avv. Bommarito,
ho letto la sua analisi che in gran parte condivido, è piuttosto veritiera e proprio perchè viene da un “non politico” mi è sembrata interessante. Sono infatti fermamente convinto che un reale cambiamento passi inevitabilmente attraverso una rivoluzione che parta dal basso, dal mondo associativo, di cui lei è certamente espressione, e dalla cosiddetta società civile. A mio parere è giunto ormai il tempo che la cittadinanza attiva si riappropri della politica intesa nella sua reale accezione, cioè quella dell’amministrazione della cosa pubblica, il governo del bene comune, ben venga quindi una sua partecipazione che non deve necessariamente sposare un partito politico o una coalizione, ci sono liste civiche e/o cittadine organizzate che possono ben fungere da contr’altare a questi decrepiti e corrotti partiti, la cui stessa definizione è ormai anacronistica, retaggio di categorie ottocentesche, destre..sinistre..centri..per me pari sono. Francamente non trovo che ci sia nulla di eticamente o politicamente scorretto nell’usufruire della visibilità che gli amici di CM le hanno concesso, a ben vedere il suo impegno attraverso l’associazione che porta il nome di suo figlio, è per definizione già attività politica, a ciò si aggiunga che questa nefasta classe politica fa largo uso della visibilità concessa dai media locali e non ergo l’endorsement che l’ottimo Zallocco le ha fatto potrebbe spingere anche altri cittadini a tentare la via di un rinnovamento della classe dirigente attraverso il confronto politico ed elettorale.
P.S. verò è che abbiamo avuto modo di polemizzare ma non userei il termine “scontro” ma confronto, magari aspro e duro, come il tema di cui abbiamo trattato ma sempre con reciproco rispetto e senza volgarità. Ciò che ho sempre voluto contestarle non è certo ciò che lei fa, il suo attivismo, ma il motivo per cui lo fa….ma di questo magari avremo modo un giorno di parlarne faccia a faccia.
Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Ma, fin da’ primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que’ tempi, portata al massimo punto la tendenza degl’individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. . Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno: nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime,.stando alla larga da’ prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un’intenzione più seria e più meditata . Non è però che non avesse anche lui il suo po’ di fiele in corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel dar così spesso ragione agli altri, que’ tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che, se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po’ di sfogo, la sua salute n’avrebbe certamente sofferto. Ma siccome v’eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui, persone ch’egli conosceva ben bene per incapaci di far male, così poteva con quelle sfogare qualche volta il mal umore lungamente represso, e cavarsi anche lui la voglia d’essere un po’ fantastico, e di gridare a torto.
…. Per una di queste stradicciole, tornava bel bello don Abbondio, curato d’una delle terre accennate di sopra. Diceva tranquillamente il suo ufizio, proseguiva il suo cammino guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero . Voltata la stradetta, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, per dir così, delle due viottole. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione : a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de’ bravi. Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui.
Egli, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s’avvicinavano, guardandolo fisso. Diede un’occhiata, al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi.
Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi.
– Signor curato- disse un di que’ due, piantandogli gli occhi in faccia.
– Cosa comanda? – rispose subito don Abbondio
– Lei ha intenzione, – proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia
-Cioè… – rispose, con voce tremolante, don Abbondio: – cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi… e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi… noi siamo i servitori del comune.
– Orsù, – interruppe il bravo, – se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito… lei c’intende.
– Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli…
– Zitto, zitto, – riprese il primo oratore: – il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce .
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e disse: – se mi sapessero suggerire…
– Oh! suggerire a lei che sa di latino! – interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. – A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti… ehm…. Via, che vuol che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?
– Il mio rispetto…
– Si spieghi meglio!
-… Disposto… disposto sempre all’ubbidienza -. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio.
– Benissimo, e buona notte, messere, – disse l’un d’essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. – Signori… – cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono,.
Il problema Tamara è che presumibilmente un vaso di coccio si è intestardito a pensare (o glielo hanno fatto credere) che lui era l’unico vaso in titanio (leggerissimo e resistentissimo) in mezzo ai vasi di ferro….
Ed il peggio è che gli altri vasi di ferro, sono in realtà dei vasetti, dei miseri pitali da notte….