Un’indagine svela
la realtà nascosta
dell’Hotel House

Presentata in prefettura alla presenza dei sindaci maceratesi

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Per comprendere il fenomeno Hotel House e per intervenire a modificare la situazione, non basta affidarsi alle percezioni delle istituzioni o di singoli esterni. Bisogna andare nel cuore del problema, varcare la soglia delle porte chiuse degli appartamenti ed ascoltare. Lo hanno fatto due componenti del gruppo di studio della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Macerata di cui facevano parte anche Angelo Ventrone, Emmanuele Pavolini, Maria Letizia Zenier e David Nelken. A loro la Prefettura di Macerata ha affidato un’indagine conoscitiva sulla situazione dell’Hotel House i cui risultati sono stati resi noti questa mattina, nel corso della presentazione del Rapporto Immigrazione 2010.

«Dai dati – ha spiegato il professor Ventrone – emergono due considerazioni: la prima è il ritardo della politica nel prendere consapevolezza dei cambiamenti nella geografia urbana. L’Hotel House è in questo senso solo la punta dell’iceberg di un fenomeno diffuso, penso ad esempio ai centri storici, ad esempio Corridonia. Il mio secondo pensiero riguarda invece il ruolo essenziale che, nell’integrazione, spetta a cultura e conoscenza. E’evidente che l’occidente non ha capito cosa sta accadendo in Medio Oriente, dando attenzione al fondamentalismo ha trascurato la richiesta di democrazia. Lo stesso vale per gli immigrati, abbiamo pensato che venissero per combatterci e conquistarci, invece molti cercavano solo di vivere meglio. Il nostro lavoro è solo un primo passo e l’inizio di un percorso di integrazione».

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I risultati dello studio che ha coinvolto un campione di 58 immigrati intervistati sul loro percorso abitativo e lavorativo, sulla percezione della sicurezza e sulle prospettive future, sono stati illustrati da Maria Letizia Zenier: «Gli intervistati hanno un buon livello d’istruzione, un quarto del campione si dichiara senza lavoro e quelli che lavorano sono impiegati come operai, o nel commercio o nell’artigianato, c’è una forte prevalenza di africani, seguiti dagli asiatici, mentre sono assenti esteuropei, sudamericani e cinesi. In media risiedono in Italia da 12 anni e all’Hotel House da 9,1 il che vuol dire che il complesso abitativo costituisce per loro un punto di riferimento. Molti hanno amici e rapporti all’interno e il 25% manifesta l’intenzione di rimanere a lungo». Dai dati raccolti emerge anche come i rapporti con gli italiani residenti all’Hotel House siano caratterizzati per il 55% degli intervistati da indifferenza mentre i rapporti con gli italiani all’esterno sono basati per il 69% sulla solidarietà. Il nodo problematico maggiore è quello della criminalità, la grande maggioranza del campione (81%) rileva la presenza di sacche di criminalità presso l’Hotel House, mentre solo il 19% afferma il contrario. La maggioranza ha individuato nello spaccio di sostanze stupefacenti la problematica più grave e prevalente; anche i danneggiamenti, le aggressioni, i furti e le rapine vengono citati in modo ricorrente dagli intervistati, anche se con minore evidenza rispetto allo spaccio. «Oltre il 70% dei residenti – ha spiegato la professoressa Zenier- ritiene la vivibilità dell’Hotel House mediocre o pessima, il degrado dell’edificio e la scarsa manutenzione degli spazi comuni vengono posti nettamente al primo posto fra gli aspetti più negativi del vivere e la scarsa sicurezza per motivi di violenza e criminalità viene indicata da oltre un terzo degli intervistati. In conclusione l’Hotel House rappresenta una struttura dalla realtà complessa a rischio di trasformarsi in ghetto,ma anche un contesto con relazioni stabili e strutturate, con una popolazione di residenti di tipo stanziale. Sussistono vaste problematiche legate alla sicurezza ma anche reti di protezione informale costruite in prevalenza sul filo delle appartenenze nazionali degli immigrati che dovrebbero essere valorizzate».

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Il Prefetto Vittorio Piscitelli ha definito molto utili i dati emersi: «Sappiamo che per il 99% gli abitanti dell’Hotel House sono tranquilli. L’incremento della video sorveglianza e la migliore illuminazione intanto possono aiutare nella sicurezza. Dovremo certo procedere con step successivi per combattere il degrado, superando anche la complicazione di intervenire in un immobile privato. E’ questo un problema che il Comune di Porto Recanati non può affrontare da solo ma richiede l’intervento di un contesto sovralocale ».

Il Rapporto Immigrazione 2010( dati consolidati dall’Istat al 2009)è stato presentato da Sergio Pollutri di Istat Marche: «Nella nostra provincia gli stranieri residenti sono 34.020 quindi il 10,5 % della popolazione con delle eccezioni, ad esempio Porto Recanati dove gli immigrati sono il 21%. Le prime 3 comunità per numero di residenti, macedoni, rumeni e albanesi sono ben distribuiti sul territorio, mentre i pakistani sono concentrati in alcuni comuni». L’Istat ha poi preso in considerazione le dinamiche demografiche, i matrimoni, i permessi di soggiorno richiesti (sono stati 21.000 nel 2009 in provincia di Macerata), la situazione degli stranieri nel mondo del lavoro e il loro peso nei contributi fiscali.

«I dati sono rassicuranti – ha osservato il Prefetto Piscitelli – che ci fanno capire che la presenza degli stranieri è per noi una necessità da più punti di vista perciò ci deve coinvolgere da vicino».

(Foto di Guido Picchio)

 

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