La favola di Natale del vescovo Marconi
«La pace non cade dal cielo,
è sempre la fine di un viaggio faticoso»

IL VIDEO - Quest'anno è incentrata su un professore che propone ai suoi studenti, portando in classe articoli di giornale sulla guerra in Ucraina, il progetto "dipingi la pace". Nell'omelia della messa di oggi il vescovo di Macerata ha invece ha affrontato questo tema: quale speranza c’è per la nostra fede? Ecco il testo integrale

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La messa di ieri sera nella cattedrale di San Giovanni

Un professore che propone ai suoi studenti, portando in classe articoli di giornale sulla guerra in Ucraina, un progetto: dipingi la pace. «La pace non cade dal cielo, la pace è sempre la fine di un viaggio faticoso». E poi una riflessione sull’Anno santo della speranza iniziato ieri con l’apertura da parte di Papa Francesco della porta santa del Giubileo, che mette al centro questa domanda: quale speranza c’è per la nostra fede? Sono la favola di Natale del vescovo di Macerata Nazzareno Marconi e la sua omelia pronunciata durante la messa di oggi, giorno di Natale.

La favola la proponiamo nel video in alto. Di seguito, il testo completo dell’omelia.

 

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Il vescovo Nazzareno Marconi

«Carissimi Buon Natale dell’Anno Santo.

Ieri sera il Papa ha aperto l’Anno Santo della Speranza, per questo mi sono chiesto: quale speranza c’è per la nostra fede?

Siamo così abituati a parlare di fine della Cristianità, cioè fine della civiltà cristiana, almeno in Europa. Misuriamo ormai da tempo il calo costante della presenza a Messa, il calo della celebrazione dei sacramenti, soprattutto il matrimonio e di tanti indicatori sociologici della pratica religiosa. Ma tutto questo significa davvero la fine più o meno inevitabile della fede Cristiana?

C’è speranza per la fede?

È giusto chiederselo, altrimenti ci stiamo prendendo in giro. Se infatti non c’è speranza per la fede che, come Gesù ha detto, è il primo e basilare fondamento della speranza, allora anche la speranza finirà ben presto. Così di tutto quello che facciamo, del Natale che stiamo celebrando, resterà solo folclore, tradizione, nostalgia.

C’è una frase di Gesù nel vangelo di Luca che mi ha sempre interrogato: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà (alla fine del mondo), troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). L’ho spesso letta, come tanti, come l’espressione di un dubbio, anche di Gesù stesso, se quando tornerà alla fine del tempo, ci sarà ancora qualche credente in Lui ad attenderlo.

È come dire: c’è speranza per la fede? La fede va verso la sua scomparsa o c’è una speranza diversa?

messa-natale-vescovo-marconi2-325x160Il Natale, intanto, ci dice che la prima volta che venne Gesù trovò la fede sulla terra.

Trovò ad attenderlo un profeta, come Giovanni Battista. Trovò dei peccatori pentiti: quelli che alle parole del Battista si erano convertiti, allontanandosi dalle vie del male e del peccato. Trovò anime pure come Maria, ed anime semplici e piene di fiducia in Dio, come Giuseppe. Trovò dei disperati in cerca di nuova speranza, come i poverissimi pastori di Betlemme. Trovò uomini saggi, che scrutavano il cielo e percorrevano la terra alla ricerca della verità, come i Magi. Trovò gente piena di difetti, ma desiderosa di migliorare, come Pietro, Giacomo, Andrea, Matteo, Marta, Maria, Maddalena e gli altri discepoli. Fortunatamente di gente così ce n’è tanta nel mondo.

Spesso non rientrano nelle statistiche della sociologia religiosa, che cerca solo: credenti precisi, educati, ben in fila e con la candelina accesa ed il vestito stirato della prima comunione. Questi tipi “perfettini” sono in calo, ma non è detto che sia la fine della fede.

Ieri la Porta Santa l’ha aperta un papa anziano, malato ed in carrozzella, ma la grazia della misericordia di Dio che il Giubileo ci porta non ne è stata diminuita, perché è gloria di Dio, non dell’uomo.

Finché ci saranno cuori che attendono, che desiderano incontrare Dio nella loro vita, ci sarà speranza per la fede.

Poi riascoltando la frase di Gesù mi veniva un pensiero: “il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Forse Gesù non dubitava, forse voleva solo dirci: “guardate che anche se nessuno se lo aspetta, Io verrò certamente”.

Questa è la speranza che c’è per la nostra fragile fede, come abbiamo detto ripetutamente per tutto l’Avvento: il Signore è già venuto, il Signore verrà, ma soprattutto il Signore viene. Il Signore viene ogni giorno nella vita del mondo, ci viene incontro in mille modi e si fa presente con mille segni. Spesso basta solo aprire davvero gli occhi alla Sua luce e le orecchie alla Sua voce.

Più ci concentriamo solo sui vecchi segni della religione, di cui almeno alcuni hanno fatto il loro tempo, più rischiamo di non vedere i nuovi segni del Signore che viene, i nuovi germogli della fede che sempre si rinnova.

Il Concilio ci ha insegnato una cosa importante: per parlare ad un mondo nuovo, a gente nuova, bisogna tornare alle sorgenti fresche e buone della fede. Il Concilio è tornato a rileggere la Parola di Dio, ad ascoltare di nuovo la voce dei primi Padri della Chiesa, a guardare alla vita dei grandi Santi, a dare spazio ai profeti semplici ed umili che sempre manda a tracciare la via della Chiesa.

Forse la via della speranza per la fede, per una fede sempre nuova e sempre antica, va imboccata con più decisione tutti insieme, questo significa la parola Sinodo. Per non dover poi dire, come fece S.Agostino: “Tardi Ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova; tardi Ti ho amato!”.

C’è speranza per la Fede, soprattutto se lasceremo che la bellezza della fede brilli oggi agli occhi del mondo.

Buon Natale».



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