Nuovo regolamento di polizia municipale,
l’affondo di Stefania Monteverde:
«Divieti così neanche a Teheran»

L'ESPONENTE di "Macerata bene comune": «E' necessario riscrivere certi articoli nel rispetto delle libertà costituzionali. È una visione di una città della paura e dell'insicurezza, lontana anni luce da quella solidale, libera e aperta in cui siamo cresciuti». Elenca una serie di perplessità, dai controlli nelle dimore private, ai look da tenere in chiese e cimiteri, al comportamento nelle biblioteche

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La consigliera Stefania Monteverde

di Luca Patrassi

L’approvazione del regolamento di polizia locale è al centro del dibattito politico. Ad intervenire è la consigliera Stefania Monteverde di Macerata Bene comune. Un preambolo: «La maggioranza ha aggiornato il “Regolamento di polizia e sicurezza urbana” che ha chiamato “Norme per la civile convivenza in città”. 52 articoli sulle cose vietate in città e multabili fino a 500 euro. È giusto il principio di regolamentare un sistema di norme scritte e sanzioni chiare per la civile convivenza. Ma certe affermazioni scritte in questo regolamento sono inaccettabili perché mettono in gioco libertà costituzionali».

Sono molte le perplessità di Stefania Monteverde nel merito: «Art 19: “E’ fatto divieto a chiunque di causare col proprio comportamento, nei luoghi pubblici come nelle private dimore, turbamento all’ordinata convivenza civile, recare disagio o compiere atti contrari alla pubblica decenza. Che cosa significa “atti contrari alla pubblica decenza”? Ma soprattutto che significa “nelle private dimore”? Può il Comune stabilire che cosa è decente e che cosa non lo è in una dimora privata? Ci sono già i codici civile e penali».

Altro articolo oggetto di contestazione: «Art. 32 – “è vietato visitare i luoghi destinati al culto o alla memoria dei defunti indossando indumenti o compiendo atti o assumendo comportamenti che non siano consoni alla dignità dei luoghi”. In che senso? Chi decide come vestirsi in modo consono? I vigili possono fermare le persone e dire che non sono vestiti adeguatamente? Nei luoghi di culto spetta alla chiesa la definizione di indumento dignitoso, non certo allo Stato o a un Comune. Sembra la norma scritta a Teheran, in uno Stato etico». Ancora la consigliera di opposizione: «Art 45: “E’ vietato esporre alla vista dei passanti qualsiasi oggetto o merce che possa recare offesa al decoro pubblico”. Anche su questo abbiamo chiesto di chiarire la fumosità della definizione di “offesa al decoro pubblico”: chi decide che cosa offende?». Altro filone di critica esposto dalla Monteverde: «Ci sono articoli che sanzionano i privati e non dicono nulla della responsabilità del Comune per lo stesso reato: Art. 26 “i proprietari hanno l’obbligo di mantenere puliti, in ordine ed in condizioni decorose gli edifici, i fabbricati, altri spazi come i piazzali, i parcheggi, come pure terreni, parchi e giardini privati”. Bene, non solo i privati anche il pubblico ha l’obbligo di tenere puliti parchi, piazzali, edifici. Quali sono le sanzioni per il Comune? Art 41. “I locali visibili dalla pubblica via e gli esercizi accessibili al pubblico dovranno essere in ogni momento perfettamente puliti, ben mantenuti e tinteggiati per non recare pregiudizio al decoro cittadino”. Siamo d’accordo, le vetrine dei locali devono essere “perfettamente pulite”. Non solo quelle private, anche quelle pubbliche devono dare esempio di “perfettamente pulite”. L’art 43 fa fare un salto a visioni anni ‘50, superate ovunque. Art. 43 “I locali delle biblioteche civiche non possono essere utilizzati come area di ricovero e devono essere usati per la lettura, lo studio e attività inerenti la ricerca e lo studio di libri o atti”. Anche le biblioteche entrano in un regolamento di polizia come luogo insicuro. Ne esce uno scempio culturale, un’idea di biblioteca antica, lontana da quella biblioteca contemporanea dove i bambini giocano, gli adolescenti si incontrano, i circoli di lettura fanno dibattito. Secondo questa amministrazione in biblioteca si può solo stare zitti, seduti a leggere: una visione della biblioteca di 50 anni fa. La prossima volta che c’è “Nati per leggere” con i bambini o i giovani che fanno attività di laboratorio, si rischia la multa fino a 500 euro. Art. 49. “Anche allo scopo di favorire la sensibilità della cittadinanza sui temi della convivenza civile e del decoro urbano, l’Amministrazione comunale può avvalersi di volontari singoli o associati”. Per fare cosa, denunciare, controllare? Un articolo ambiguo che non dice esattamente che cosa intende con i volontari al fianco della polizia municipale. Se intende attività di educazione alla legalità, non c’è bisogno di un articolo in regolamento, niente lo vieta già ora. Se si intende collaboratori al fianco della polizia municipale, si deve spiegare bene con che compito e a che titolo possono farlo. Fa pensare ad una società del controllo dove i cittadini si guardano con diffidenza l’uno con l’altro, invece di una società della tolleranza che convive pacificamente».

Il commento finale di Stefania Monteverde: «L’assessore Paolo Renna esulta felice: “Grazie a noi la città è più sicura”. Noi invece pensiamo proprio il contrario. Abbiamo a lungo dimostrato che certe affermazioni scritte rasentano la violazione delle private libertà. Abbiamo chiesto di ritirarlo: è stato inserito d’urgenza e senza adeguato confronto, è necessario riscrivere certi articoli nel rispetto delle libertà costituzionali. Abbiamo argomentato la nostra posizione a lungo nel dibattito consigliare. Per l’amministrazione Parcaroli funziona così. E lo hanno approvato con i voti di tutti i partiti di maggioranza. Per noi così non solo non funziona, certi articoli sono ambigui e lasciano spazio a interpretazioni del controllore. È una visione di una città della paura e dell’insicurezza, lontana anni luce dalla città solidale, libera e aperta in cui siamo cresciuti».

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