San Claudio
Il dibattito sulla presenza carolingia nella Val di Chienti, mai sopito in realtà, da quando la questione è stata sollevata ormai anni fa da don Giovanni Carnevale, ha ripreso nuovo vigore in questi giorni. A riaccendere il confronto è stato il convegno del Centro studi storici maceratesi che, il fine settimana scorso, ha affrontato il tema con esperti arrivati dalla Germania a Montecosaro. Sul fatto che Aquisgrana non si trovi nelle Marche non sono assolutamente d’accordo i soci del Centro studi Giovanni Carnevale che ancora una volta sottolineano le loro tesi. Non fa parte del centro studi ma anche l’architetto Arduino Medardo espone la sua tesi ed evidenzia: «L’analisi è complessa, non si può finire a “sanclaudisti” e “non-sanclaudisti” come ultras di due squadre di calcio al bar».
«Ci stupisce che un’associazione seria come il Centro Studi Storici Maceratesi si sia fatta promotrice di un convegno per sostenere che Carlo Magno non sia passato neanche per caso nelle Marche, a San Claudio» ha spiegato il presidente del Centro Studi Giovanni Carnevale, Domenico Antognozzi.
«Sono stati invitati addirittura professori tedeschi per affermare che Carlo Magno neppure sapeva che le Marche esistessero – ha rincarato la dose Giuseppe Schippa, vicepresidente dello stesso Centro Studi intitolato a Carnevale – Al contrario sarebbe auspicabile unire le forze e impiegare le risorse per sviluppare e approfondire l’autenticità delle teorie del professor Carnevale, fondate proprio su fonti storiche certe».
Domenico Antognozzi al piano superiore dell’Abbazia di San Claudio
Antognozzi e Schippa ricordano le cronache dei terremoti; il 13esimo fioretto di San Francesco; il Capitulare de Villis, i tempi e le distanze dei viaggi dell’Imperatore e dei Papi, la toponomastica e l’architettura delle chiese del nostro territorio, oltre a quelle che fonti certe dicono essere state realizzate prendendo a modello la Cappella Palatina di Aquisgrana, quale ad esempio Germigny des Prés nell’attuale Francia, tutte assolutamente non rispondenti nella pianta ad Aachen, mentre risultano pressoché identiche alla chiesa di San Claudio. Per non parlare dei resoconti dei biografi di Carlo Magno. «Sono solo alcuni dei punti che Giovanni Carnevale ha approfondito in 40 anni di ricerca seria e meticolosa e che sono stati illustrati, attraverso prove e documenti, nelle sue 15 pubblicazioni. Gli studi del professore ricevono ad oggi l’interesse di ricercatori ed accademici provenienti da Stati Uniti, Inghilterra, Belgio e Germania. Ne è la prova il recente articolo del prestigioso settimanale britannico The Economist. Tuttavia, i tedeschi farebbero fatica a rinunciare alla loro Aquisgrana di Carlo Magno, in particolar modo per l’indotto economico sviluppato dal turismo culturale, turismo che porterebbe invece benessere e prosperità anche al territorio maceratese e marchigiano».
«Come mai in 200 anni di ricerche e di scavi ad Aachen gli studiosi non hanno rinvenuto un solo reperto carolingio? – conclude il presidente Antognozzi – Oggi è sempre più difficile sostenere la teoria, sempre più traballante, secondo cui Carlo Magno avrebbe avuto il suo quartier generale nelle terre inospitali della Germania dell’epoca».
I soci ricordano che le riflessioni del Centro Studi non sono destinate a sollevare aspre e inutili discussioni, ma invitano a un confronto serio e garbato, così come ci è stato insegnato dallo stesso professor Giovanni Carnevale.
I volontari del Centro Studi, infatti, sono disponibili ogni fine settimana proprio a San Claudio per accogliere i visitatori che richiedono spiegazioni più dettagliate sulla Francia Picena e la scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti.
***
Arduino Medardo
Nel confronto storico si inserisce anche Arduino Medardo, architetto esperto in strutture medievali con all’attivo una serie di pubblicazioni sul tema.
«Si è da pochi giorni concluso il 58esimo convegno del Cssm il cui tema annunciato era Le Marche Centro meridionali nei secc. X-XII. Mi sembra chiaro perciò che il risultato atteso dagli organizzatori del convegno non fosse la storia del territorio nel Medio Evo, ma confutare le tesi avanzate da don Giovanni Carnevale e che nella sostanza, ma non per molti dettagli condivido. A mio personalissimo avviso il congressone è stato indicatore negativo di una situazione che si sta sempre più aggravando perché nel centinaio di persone ad ascoltare praticamente mancavano i giovani. Il nostro futuro a cui dovrebbe pervenire la nostra eredità culturale in altre parole la nostra storia, ovvero i nostri figli e nipoti, a quanto pare non hanno manifestato alcun interesse. Giustifico i giovani in quanto da quanto ho letto e sentito, il convegno è scaduto in una elencazione di documenti accuratamente selezionati ed in un battibecco finale fra “sanclaudisti” e “non-sanclaudisti” come ultras di due squadre di calcio al bar. Tutti i relatori hanno premesso che la storiografia è un fatto scientifico e richiede metodo. Per provare una tesi storica e non fare un’arringa dell’accusa, si dovrebbero presentare tutti i documenti disponibili sulla questione. Soprattutto quelli che hanno intrinsecamente una valenza scientifica vera perché trattano fenomeni fisici scientificamente provati. Sintetizzo per brevità solo i contenuti di alcuni di questi; fermo restando che posso fornire ogni e più ampio dettaglio sui testi ben noti nei quali questi documenti sono pubblicati. Nella documentazione d’Età carolingia si parla di un fenomeno fisico che qui ben conosciamo: il terremoto. Due sono avvenuti ad Aquisgrana nell’801 e poi nell’829, citati negli Annales Laurissesses in Germania e uno alla Libreria Vaticana (doc n° 905). Premetto che un documento riguardante un fenomeno fisico noto e studiato è molto più probante che la cronaca di un viaggio con toponimi in latino accortamente tradotti “pro domo sua” dagli storiografi di parte. Quando si tratta di terremoti è opportuno dare un’occhiata alle norme europee per la progettazione antisimica che, per i due siti che si contendono Aquisgrana riportano: per Bad Aachen l’accelerazione sismica è 2,5 metri secondo quadrato, ciclicità 475 anni. Per Val di Chienti l’accelerazione sismica è 5,3 metri secondo quadrato, ciclicità 29 anni. Inutile dissertare tecnicamente su grandezze che si afferrano intuitivamente, ma mi corre l’obbligo di sottolineare che: o la normativa Europea ha scambiato la Val di Chienti con Bad Aachen o due terremoti storici che si sono succeduti entrambi ad Aquisgrana a distanza di 28 anni l’uno dall’altro, non possono essersi verificati, purtroppo per noi, che nella zona sismica del maceratese, checché ne dicano i cultori delle scienze storiche e le loro metodologie dello stesso fenomeno tratta uno Spoletino nel 1600, il signor Petrucci autore di un testo dal titolo “Breve trattato del terremoto, stampato in Spoleto nel 1646. Il testo spiega che “alli 6 di Maggio alle 2 hore di notte” si scatenò uno “spaventoso terremoto” che fra gli altri danni “in Roma dell’universo Metropoli gettò a terra tutto il tetto con i travi della chiesa di San Paolo, in Francia il superbissimo palagio di Carlomagno in Aquisgrana”. Il terremoto si sa procede per cerchi concentrici e da Spoleto a Roma c’è la stessa distanza che da Corridonia. Non occorre una laurea in storia per constatare che il terremoto dell’801 degli Annales e quello del Petrucci è lo stesso, ma questo dato incontestabile è stato fuori dalla porta del convegno, insieme con Aquisgrana in Val di Chienti. Cosa sinceramente non capisco è che anziché cercare di evidenziare anche a fini turistici il patrimonio culturale della regione, mentre in altri luoghi con le ricostruzioni ottocentesche ci fanno cassa, non si evidenzi che la Regione vanta almeno 125 monasteri benedettini di matrice altomedievale alcuni con affreschi meravigliosi anche del V e VI secolo, mezza dozzina di palazzi signorili di Età Carolingia, unici al mondo ed ancora tre o quattro portali di palazzi dei Pipinidi, oltre ad una gran quantità di altre opere d’arte ed un paesaggio bellissimo. Da quando ho potuto apprezzare i monumenti marchigiani ed ho capito cosa testimoniano mi sono chiesto perché la storia che si insegna a scuola sia differente e dopo più di dieci anni di ricerche e qualche ripensamento ho cercato di spiegare tutto nel mio ultimo libro. La ragione, come al solito, è di natura politica e inizia da quando Albornoz ha conquistato la “Francia antica” dei Carolingi nel 1300, il Papa è anche diventato Re e per giustificare il suo regno temporale acquisito con le armi e non di diritto, ha fatto carte false distruggendo quelle vere. Si sono salvati i documenti che due nipoti di Carlo Magno quando si divisero l’impero hanno portato con sé parte in Francia (attuale) e parte in Germania, poi arricchiti da una certa quantità di falsi, per nascondere l’acquisizione Papalina illecita e soprattutto nell’Ottocento per sostenere con riferimenti nazionalistici a radici epiche la costituzione del secondo Bundesreich di Bismarck».
«Aquisgrana non è nelle Marche», mostrato per la prima volta il reliquario dell’Annunziata
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bravo Medardo
Benissimo! Il Centro Studi “don Giovanni Carnevale” faccia un altro convegno di risposta a quello di Montecosaro. E noi del CSSM vi parteciperemo volentieri.
Sono davvero grato a Domenico Antognozzi, Giuseppe Schippa e Medardo Arduino perché con le dichiarazioni riportate in questo articolo fanno luce definitiva su un dibattito che in questi giorni si è riacceso sull’onda del Convegno del Centro Studi Storici Maceratesi svoltosi a Montecosaro. I primi due affermano che “i tedeschi farebbero fatica a rinunciare alla loro Aquisgrana di Carlo Magno, in particolar modo per l’indotto economico sviluppato dal turismo culturale, turismo che porterebbe invece benessere e prosperità anche al territorio maceratese e marchigiano”. Il terzo afferma candidamente di non capire perché il Centro Studi Storici Maceratesi non cerchi “di evidenziare anche a fini turistici il patrimonio culturale della regione”.
Dopodiché si capisce bene perché l’elenco delle prove storiche che questi amici del Centro Studi intitolato a Don Giovanni Carnevale portano a sostegno delle loro tesi sia quantomeno lacunoso; e si capisce altrettanto bene, leggendo e rileggendo le pubblicazioni che illustrano le suddette prove, perché queste vi siano interpretate in modo quantomeno unilaterale. Ce lo hanno detto con chiarezza, addirittura rivendicandolo: c’è da guadagnarci!
Ma la ricerca storica ha ben altri obbiettivi e ben altri criteri di scelta delle fonti!
Si diano pace questi amici. E Medardo Arduino, che afferma che il Convegno di Montecosaro “è scaduto (…) in un battibecco finale fra “sanclaudisti” e “non-sanclaudisti” come ultras di due squadre di calcio al bar”, cerchi di controllare più accuratamente quanto da lui “letto e sentito” al riguardo (poiché a Montecosaro non c’era), verifichi meglio le fonti: scoprirà che non c’è stato nessun “battibecco”, nessuna tifoseria; ci sono state domande piuttosto provocatorie di un gruppetto a lui noto, a cui è stato risposto in modo educato e rispettoso, tanto che qualcuno ha scritto di averci visto imbarazzo; ma no, era solo esercizio di buona educazione e di pazienza, proprio nel segno di quel “confronto serio e garbato” rivendicato da Antognozzi e Schippa ma (a quanto si è visto al Convegno) non sempre onorato da loro amici ed amiche.
E’ davvero curioso che si insista nell’insinuare che “il risultato atteso dagli organizzatori del convegno non fosse la storia del territorio nel Medio Evo, ma confutare le tesi” dei “sanclaudisti” come essi si definiscono: mi spiace molto dirlo, ma un po’ più di umiltà e un po’ meno di presunzione nel ritenersi al centro dell’interesse universale non nuocerebbero.
E vale la pena di ribadire che il modo migliore di valorizzare la storia e l’arte del nostro territorio, anche a fini turistici, è prima di tutto quello di rispettarne la vera identità, l’effettiva genesi e l’effettivo sviluppo, non certo quello di appropriarsi (con forzature generose e suggestive ma prive di fondamento e di senso) di vicende e personaggi che appartengono ad altre storie.
Medardo Arduino non l’ho visto al convegno di Montecosaro. L’avrei riconosciuto e l’avrei salutato. Di che parla? Fuffa!
Se fossi uno del Centro Studi Storici Maceratesi, smetterei di dimostrarmi erudito, utilizzando l’ampio corredo di nozioni già elaborate da altri, per aiutare a dimostrare che la Civiltà Picena non era formata da contadini e da pastori, ma era altamente sviluppata, in confronto delle altre civiltà europee dell’epoca, germaniche comprese.
Ho avuto la fortuna di avere informazioni sulla evoluta civiltà picena, che fabbricava armi in acciaio e le vendeva in Europa, e che costruiva strade per fare circolare i suoi carri da guerra con ruote di un metro di diametro, informazioni – ripeto – date da uno studioso come il dott. Nazzareno Graziosi e, non ultimo, il dott. Medardo Arduino, con il suo mastodontico libro di 733 pagine dal titolo “IL PICENO – Storia e Cultura”.
Però, un pallino che mi frulla nella mente è il seguente: Federico Barbarossa, dopo la batosta presa dai Comuni lombardi, capì che non era più aria salubre per lui il rimanere in Italia. Quindi, trafugò le ossa di Carlo Magno in Germania, facendosele dare dai monaci benedettine con metodi facilmente ipotizzabili. Senonché, i monaci gli dettero altre ossa, probabilmente di Carlo il Grosso, a cui i monaci avevano trapanato il cranio per eliminare i tremendi dolori di testa che lo angustiavano. Infatti, il teschio di Carlo Magno esibito ad Aachen ha un buco in testa.
Allora, signori studiosi del Centro Studi Storici Maceratesi, cercate di sapere dove è sepolto il vero scheletro di Carlo Magno… E’ forse sepolto a Santa Maria a Piè di Chienti, che l’amministrazione comunale di Montecosaro ha declassato da “abbazia” a semplice chiesetta di campagna?
E forse nascosto negli archivi segreti del Vaticano? Insieme ad altre prove del Sacro Romano Impero dei Carolingi in val di Chienti? Che, o sono state trafugate, o sono state bruciate per eliminare documenti compromissori per il potere temporale del costruendo Stato della Chiesa.
Il terrore di Aachen è quello di non essere più il polo di attrazione turistica da due milioni di turisti all’anno.
Purtroppo la politica e le amministrazioni locali maceratesi non sono interessate a sviluppare un mastodontico turismo nelle Marche, in provincia di Macerata e nel Comune di Corridonia. Per cui contestano le organizzazioni che sostengono le tesi del prof. Carnevale, accontentandosi delle piccole sagre paesane, o di sviluppare il turismo con l’Arte contemporanea, che non interessa nessuno, come viene dimostrato dall’assenza di visitatori verso le gallerie di Arte Moderna di Firenze, di Milano e di Roma.
Sono fermamente sicuro che il dott. Giorgio Rapanelli sia la persona piú adatta a condurre il prossimo convegno del centro studi ” don Giovanni Carnevale” di San Claudio di Corridonia. Convegno che avrà, ne sono sicuro,grande partecipazione di studiosi e di pubblico.
Caro Alfredo Maulo, non sono dottore, ma semplice ragioniere della Banca d’Italia in pensione. Però,voglio dire solo a lei cosa potrebbe rappresentare per noi zella zona maceratese l’Aquisgrana e la Cappella Palatina di Carlo Magno a San Claudio…
Un turismo massiccio non potrebbe passare per le vie di accesso a San Claudio come le attuali. Quindi, l’unica nuova arteria possibile sarebbe quella di uno svincolo sulla superstrada Foligno-Civitanova Marche all’altezza di San Claudio. Era già stata prevista per favorire la zona industriale di Valleverde. Non andò in porto. Ed ora Valleverde è preda di rovi e di erbacce.
All’epoca non ero d’accordo, poiché non conoscevo gli studi del prof. Carnevale. Oggi, con un massiccio turismo verso la Cappella Palatina di Carlo Magno a San Claudio, anche Valleverde verrebbe coinvolta e risorgerebbe con tutto il suo potenziale produttivo. Se ciò non interessa Corridonia, spero che almeno Macerata lo capisca. E spero che lo capiscano i cittadini di Piediripa e della Zona Damen.
Caro Alfredo, domani pomeriggio il Centro Studi Giovanni Carnevale darà una sua festa nella chiesa superiore di San Claudio al Chienti con il nostro carissimo chef di storia alimentare contadina, nonché scrittore e fotografo, Silvano Scalzini…
Rag. Rapanelli, vedo che vi siete spostati dalla storiografia accanita e altezzosa ad turismo. Mi pare una grossa novità.Fino a domenica scorsa a Montecosaro, lei ha usato la clava dello sputtanamento maleducato di chi non la pensa come lei. Ho visto tutto e registrato tutto.
Dopo il convegno di Montecosaro, noto con soddisfazione che un tale architetto si improvvisa esperto sismologo (con argomenti volutamente contorti e ridicolamente improbabili) per correre in soccorso dei suoi trepidi sodali. Che il Convegno ha finalmente relegato al ruolo di noiosi affabulatori e megafoni di favole altrui. Ricordo al suddetto che la zona del Nord Reno-Westfalia è una zona sismica da secoli, e Aachen una delle località più colpite. Se lui e i suoi confratelli hanno la voglia e la pazienza di leggere quanto nel link, forse – ma dubito fortemente – potranno cominciare a chiedersi se il pur simpatico don Carnevale non abbia forse parlato, in modo così affermativo e perentorio, di cose che non conosceva. O che forse conosceva ma evitava di dire…
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_earthquakes_in_Germany
Alla ricerca storica servono gli storici, che con umiltà e metodo studiano le fonti e ricostruiscono gli avvenimenti per come le fonti autorizzano a farlo. Il Convegno del Centro Studi Storici Maceratesi non si è certo occupato di smentire tesi più o meno stravaganti, ma invece di ricostruire, sulla base delle fonti e degli studi più aggiornati, un periodo storico lungo tre secoli caratterizzato dai poteri di Papato e Impero. Una delle tante relazioni degli autorevoli studiosi partecipanti ha affrontato la presenza degli imperatori nel territorio delle attuali Marche, offrendo un quadro di un territorio sostanzialmente periferico ai centri del potere imperiale. A un maceratese potrebbe anche dispiacere, ma questi sono i risultati della ricerca accademica accreditata. Ho letto molti testi dei sostenitori della tesi opposta, e pur subendone un certo innegabile fascino, non posso che riconoscerli privi di un metodo affidabile (troppo spesso non si citano fonti) e pieni di ampie e complesse ricostruzioni ipotetiche basate su indizi scarsi e labili. Il confronto si fa tra storici, condividendo un metodo di ricerca e offrendo alla comunità studi non preconcetti e sedi di confronto pacato. Il solo fatto che si debba urlare proprie certezze su fatti lontani oltre un millennio, piuttosto che ragionare serenamente su fonti confrontate con altre fonti, produce solo tifoseria, presunzione, congetture che diventano bandiere da sventolare invece che studi su cui riflettere. Così non si fa un buon servizio alla verità storica.
Aquisgrana era in Francia. Stop
Caro Giorgio Rapanelli e co., appellandovi al successo turistico che porterebbe l’accoglimento delle congetture sulla “Francia del Chienti” disveliate il rischio di portare tutto in barzelletta. E figurarsi se il Centro Studi Storici Maceratesi potrebbe accettare di discutere su questo terreno. Personalmente, lo ammetto, capisco la suggestione; ma perché allora scomodare la Storia (evidentemente una battaglia più che difficile da vincere senza storici che la supportano), basterebbe più onestamente una “fantastica saga” e su questa costruire narrazioni verosimili, itinerari sorprendenti e B&B diffusi (il tutto ovviamente a rischio degli investitori). Sono tra quelli (quanti?) che hanno letto molti dei libri che citate, alcuni decisamente interessanti (di Don Giovanni Carnevale) altri avvincenti (di Elisabeth de Moreau d’Andoy o Medardo Arduino), altri ancora spiazzanti (di Simonetta Torresi). Eppure – agli occhi di chi di ricerche storiche è almeno un po’ avvezzo – colpisce nei più la totale mancanza di un corredo di note al testo e di riferimenti precisi e costanti a fonti verificabili, o al massimo – soprattutto in Don Carnevale – riferimenti scarsi e labili. Se si continua così va via anche la voglia di leggere ulteriori pubblicazioni sul tema, ormai sempre più ripetitive e agiografiche. Delle due l’una: o si prende la strada di una ricerca seria coinvolgendo gli storici (e credo sinceramente che più di uno spunto potrebbe esserci), oppure la si smetta di gridare ai quattro venti una “verità” che si fa ormai ideologia, con tanto di bandierine, cortei, cori da stadio.
Per il sig. Bartolucci. Possiamo dire con certezza solo che oggi Aquisgrana è in Germania.
https://www.facebook.com/reel/1271756610098555?s=yWDuG2&fs=e
Apprezzo da sempre il confronto tra le argomentazioni. A mio modo di vedere, non si tratta di “battibecchi” ma del confronto tra una ricerca storica condotta secondo i canoni metodologici della disciplina e ipotesi non verificabili. Grazie a Studi Maceratesi per aver ricondotto la riflessione storica sulla Val di Chienti altomedievale su di un binario scientificamente corretto.
Domani sul Resto del Carlino l’ annuncio del prossimo convegno del Centro Studi “don Giovanni Carnevale” di San Claudio al Chienti di Corridonia (MC).
Tema: L’ELEFANTE DI CARLO MAGNO E’ QUI!
Presiede: Elizabeth de Moreau d’Andois.
Relazione introduttiva di Domenico Antognozzi.
Non mancate!
https://youtu.be/LaJWrR0mreU?si=gbnNkoF8svhVowp0
Venite a liberarmi. Mi tengono per la gola. Se mi vedete non mi riconoscete . Nessuno più mi chiama Carlo ma Magno Porceddu, grazie a qualche maniglietta dell’amore attorno alla vita e che mi impedisce di vedere il Pipino. (altro riferimento storico che una molla la dovrebbe far scattare n.d.r.). Ogni tanto mi viene a trovare un certo Parcarozzo che tiene un vigna vicino Urbis Salvia, adesso solo Urbis, indovinate che fine ha fatto la salvia? Certi rognoni abbutorati con la rete, così li chiamano qui insieme a bacche di Ginevro che tiene un Bar in piazza, e qualche foglia di alloro che prendiamo dalle corone di quelli che alla fine come diceva il Manzoni: Essi furono, dopo aver mangiato per settimane dall’antipasto al dolce senza un po’ di Mazzanare, vinello del Reno che fa da digestivo dopo il trattamento che gli fa Spirto, un vinicolo orbo d’un occhio ma con un cannuccio a sette valvole. Ma qui Houston, c’è un problema, io mpò mbriaco me ce sento, qua non so dove sto e non mi ricordo più dove abito e per tanto a chi …( e qui giù una di quelle parolacce poco politicamente corrette nonostante molti politici ce l’hanno in testa e nei giorni di festa addirittura tolgono il cappello e così si vede la …). Meglio non dirlo che non è un gioco di parole. C’è un certo Eginhard ai tavoli, che si dice di provenienza casettara, ma non maceratese ma là dove fanno gli stivali per il mio esercito da un certo Toddd’s. Questo pure dé che posto sarà?Ho capito scrivo al Papa, gli spiego la situazione e se però non gli dico da dove, ndo me chiappa. Certo che ultimamente parlo un po’ strano, tedesco me pare poco, franco non so nemmeno che lingua è, l’euro non c’è e ogni giorno c’è un certo Rapanellone che è il vero nome anche se lui si fa chiamare più vezzeggiosamente, che ogni mattina mi da la borsa di Milano. Inutile dirgli che a me l’allesso fa ribrezzo, ma lui niente e poi sta sempre con un agnello su le mà, la mattina lo ccarezza e la sera sparisce. Davanti a me dalla terrazza vedo un fiume che al tramonto appare bello roscio e se chiama Chianti, se fosse Chienti magari un indicazione ce l’avrei. Ho chiesto dell’ufficio postale ma mi dicono che non è stato inventato però c’è un certo Claudio, un pezzo de pà che tutti dice che diventerà un santo e che magari lui me potrà da na mano. Va bene, io la lettera l’ho scritta, la lascio qua sull’ara e magari passa una mano santa e visto che non ce guadagna niente la porterà a sto santo.
Carlo, nell’anno del signore, sì ma quale? Quello de Roma, io che so imperatore o quello che tutto sa, tutto vede ma io sto sempre qua. State leggendo copia di questa lettera che è stata trovata in bocca ad un lupo che mentre cercava di raggiungere Gubbio per una visita da un famoso frate guaritore e per l’ancora più conosciuto Amaro è rimasto bloccato da una bufera di neve e solo dopo molti anni e grazie al cambiamento climatico è stata ritrovata da un cercatore d’oro. La lettera adesso è custodita.. e non lo posso dì sennò poi alla prossima convention di che parliamo?
Se si vuole valorizzare un territorio occorre partire da ciò che esso offre. Non è possibile mettere in gioco personaggi e situazioni di effetto confidando su una sagoma di cartone e su una lapide allestita su una tomba inesistente. Di fronte a queste situazioni un qualsiasi turista con un minimo di Q.I. scappa a gambe levate. La valle del Chienti ha dei gioielli di arte romanica che possono essere agevolmente valorizzati, e già da questo si può partire. Per entusiasmarsi di fronte a San Claudio, a San Giusto di San Maroto o a Santa Maria a piè di Chienti, senza pensare a Fiastra, non c’è bisogno di ascoltare delle narrazioni tese tra la fantascienza e l’agiografia. Gli stessi edifici, con la loro veste architettonica, si riallacciano agevolmente a capitoli appassionanti della storia e della cultura europea. Non è più efficace e suggestivo parlare di San Giusto come una “copia” del Santo Sepolcro? Non è più chiaro e convincente un nesso di San Claudio con l’architettura aulica del secolo XI, con tutte le sue plausibili correlazioni con esperienze anteriori (Aquisgrana compresa)? E che dire di Santa Maria a piè di Chienti e della sua appartenenza a un gruppo di edifici tra cui rientra la stessa Cluny III? Possiamo raccontare interi capitoli di storia medievale illustre attraverso le testimonianze del territorio, e per farlo ci vogliono attenzione, umiltà e competenza.
Una risata li seppellirà
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid03PjrNGvuietYu8ab5xLJoCLebMWScxdEFanFd8Sh22Eio16Se2TtqrNTwUUV864jl&id=100001050963758
Al Rag. Rapanelli fervente valdichientista e, per sua appena sopra dichiarazione, promotore di grandi e fantasiose opere di trasformazioni turistico-strutturali-regionalifinalizzate alla visita in massa della tomba dell’elefante di Carlo Magno a San Claudio al Chienti di Corridonia (MC):
ragioniere,Lei e la Sig.ra Elisabeth de Moreau d’Andoi andate pure avanti! Evidentemente vi piace il ridicolo.
Buona fortuna!
A Medardo Arduino: architetto,mi risulta con certezza che lei, a tarda sera di sabato 18 c.m. si è offerto di catechizzare in senso valdichientista nientemeno che il prof.Tommaso di Carpegna Falconieri, noto medievalista di fama internazionale e altrettanto noto volto televisivo.
Com’è andata veramente? Sono molto curioso di saperlo!
Zappa e vanga ai robusti Carolingi della Val di Chienti e via andare. In primis vogliamo restituite allo stupore e all’adorazione del volgo piceno le ossa di Carlo Magno a San Claudio, in secundis quelle di Pipino e Bertranda a San Ginesio. Deinde le zanne del pachiderma Abul Abbas nei campi di Corridonia. Last but not least, le penne d’oca di Eginardo e di Alcuino di York, il santuario del dio celtico Grannus, le anfore di vino cotto del IX secolo. Dulcis in fundo, il dungeon di Ornat (Acquaviva Picena) dove Papà Formoso venne sottoposto al celebre Sinodo del Cadavere. Zappa e vanga.
…secondo me se comincémo a scàva per bè (ah ma ce da jì tando a fonno èh!), ché la storia, come dice il noto Benedetto Croce del Chienti, “non si fa con le carte, ma con la cartografia e la realtà dei fenomeni fisici”, tra poco ‘rtroemo pure li resti de li primi sapiens, che alcuni paleontologi bismarkiani, erroneamente, ritengono si trovassero lungo la valle del fiume Omo in Etiopia… Quello che è certo però, è che la prima cosa che l'”òmo saputo” ha ditto, è stata:”oh Frà, volémo ji tutti jo’ Chienti’?”.