Centinaia di fiaccole per Giulia:
«Se domani sono io,
voglio essere l’ultima» (Foto)

MACERATA - Grande partecipazione, nonostante la pioggia, per la manifestazione organizzata da Unimc col sostegno del Comune. I rappresentanti degli studenti: «La battaglia della sorella Elena è anche la nostra». Il rettore John McCourt: «Violenza di genere una piaga». La vicesindaca Francesca D’Alessandro: «Abbiamo una sfida educativa da combattere tutti insieme con le nuove generazioni»

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Il rettore durante la fiaccolata
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La fiaccolata

di Marco Pagliariccio (foto Fabio Falcioni)

Giulia Cecchettin era una ragazza come loro. Anzi era una di loro, alla soglia di una laurea mai raggiunta per colpa di uomo che diceva di amarla e che invece le ha tolto tutto. E allora come poteva la pioggia, leggera ma incessante, fermare oltre 400 studenti (ma anche docenti) e le loro fiaccole dallo scendere in piazza per dire basta, ancora una volta, ancora più forte, visto che quest’anno sono già 106 le donne che hanno perso la vita per mano di coloro che dovevano essere loro più vicini.

Fiaccolata_FF-8-650x434Unimc ha lanciato la sfida di radunare tutti in piazza della Libertà, a Maceratat, il Comune l’ha sostenuta, il resto l’hanno fatto loro: i ragazzi. Esserci, farsi sentire, piangere in alcuni casi: ognuno ha reagito a modo proprio. Perché ognuno di loro poteva essere Giulia Cecchettin.

«Ci riuniamo nel cordoglio della famiglia di Giulia, di tutte le donne vittime di femminicidio e dell’Università di Padova – ha detto il rettore John McCourt aprendo il raduno dalle logge del palazzo comunale – servono azioni concrete per estirpare la violenza di genere nella nostra società, ma ho voluto questo momento di comunità per mandare un segnale forte e unico. La violenza di genere continua ad essere una piaga nella nostra società. La morte di Giulia ci ha sconvolto tutti, ma è solo l’ennesimo episodio di questo tipo, ogni giorno ne scopriamo uno nuovo.

Fiaccolata_FF-14-650x434Genitorialità, rispetto reciproco, ascolto, necessità di accettare la parola “no”: sono valori che dobbiamo ritrovare. La nostra comunità deve essere un luogo sicuro in cui le donne possano vivere libere e dove possano godere della loro vita in tutta serenità e dignità». McCourt ha dato lettura del messaggio di Gino Cecchettin, padre di Giulia, che hanno fatto da prologo a un minuto di silenzio. «Il vero amore non umilia, non delude, non calpesta, non tradisce, non ferisce il cuore. L’amore vero non urla, non picchia, non uccide».

A spezzare il raccoglimento, il duro messaggio dei rappresentanti degli studenti, il presidente Dario D’Urso e la vice Lucrezia Cinella, che ha chiamato in causa media, Governo e pure il Comune: «Una morte già annunciata – hanno detto i due leggendo un comunicato a nome di tutta la componente studentesca dell’ateneo – basta parlare di mostri, li si definisce così perché allontanandoli ci si deresponsabilizza. Coloro che uccidono sono uomini. Ma mentre ci si sforza per differenziarsi, due giorni fa a Fano è morta Rita Talamelli. Chiediamo di astenersi da commenti sulla vicenda a tutti coloro che cercano comprensioni o assoluzioni dalle responsabilità. Il diritto di parola non è diritto di violenza attraverso la parola. Le terribili parole che si continuano a sentire soprattutto di uomini che mirano all’assoluzione di se stessi è tribuna politica, assenza di spirito critico, immaturità, violenza.

Fiaccolata_FF-2-650x434La responsabilità dei singoli è responsabilità collettiva e chiunque tenti di smorzare la portata rivoluzionaria della lotta di Elena Cecchettin e di tutte noi che urliamo “se domani sono io, voglio essere l’ultima” è nostro nemico. La lotta di Elena è la lotta di tutti noi, una lotta di civiltà. E le istituzioni sembrano non voler essere parte di questo cambiamento. Quando un ministro invece di condannare un uomo si chiede se esso sia effettivamente colpevole perché bianco, bravo ragazzo e di buona famiglia, quella è violenza. Quando i media e l’opinione pubblica si concentrano sullo stato psicologico di Elena, quella è violenza. Quando in consiglio comunale si bocciano proposte riguardo la violenza di genere e fin quando il Comune non deciderà di entrare davvero nella proposta scolastica anche quella è violenza. Fin quando si dirà che sono le donne a dover riconoscere i comportamenti tossici, quella è violenza. Fin quando non si interverrà sull’educazione affettiva e sessuale, ci sarà sempre un’altra Giulia Cecchettin».

Fiaccolata_FF-19-650x434La prorettrice Natascia Mattucci ha portato il messaggio della componente dei docenti: «Giulia Cecchettin oggi sarebbe una laureata in ingegneria e probabilmente per lei si aprirebbero tutte quelle strade che la libertà ci apre – ha ricordato Mattucci – Giulia non potrà mai percorrerle, perché la violenza è innanzitutto interruzione di una via, di un percorso. Nella morte, per sempre. Ma la violenza ha tante altre forme, più subdole, meno evidenti, che possono terminare con la morte o portare tutta la vita ad essere morta culturalmente. Perché chi subisce violenza si rende conto di non poter percorrere una strada. La sorella Elena ha fatto un uso politico delle parole per invitare a una presa di coscienza, per invitare i nostri corpi ad essere nelle piazze a fare quello che non abbiamo fatto per anni. Il 25 novembre è diventata un rituale, una giornata tra le giornate. Ma ciò che è capitato questa settimana ci ha riportato ad interrogarci davvero sul peso e la responsabilità di ognuno».

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Da sinistra: il sindaco Sandro Parcaroli, la vicesindaca Francesca D’Alessandro, l’assessora Katiuscia Cassetta

Presente anche il vescovo Nazzareno Marconi e gran parte della giunta comunale, con il sindaco Sandro Parcaroli che ha lasciato il microfono alla vice Francesca D’Alessandro. «Quest’ultimo episodio ci ha imposto riflessioni a livello personale, collettivo e istituzionale – ha concluso l’assessora – il femminicidio è un qualcosa che sconvolge e sul quale le istituzioni devono impegnarci. Tanta strada è stata fatta, ma i fatti dicono che non è stato sufficiente. Abbiamo una sfida educativa da combattere tutti insieme con le nuove generazioni, coi giovani e con le famiglie che sono disorientate in casi come questo. Personalmente ho avuto paura immedesimandomi nei genitori di Giulia, ma anche di quelli di Filippo. Chi ha un ruolo genitoriale non può che restarne sconvolto».

E dopo il silenzio, il rumore: centinaia di chiavi hanno risuonato sotto le fiaccole, per ricordarci di tenere sempre alta l’attenzione e non soltanto quando un’altra Giulia morirà per mano di un altro Filippo.

(Clicca per ascoltare la notizia in podcast)

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Il rettore John McCourt con Francesca D’Alessandro

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