«Mia madre ha rischiato di finire in una foiba, salva grazie ad un amico partigiano che la metteva sempre in fondo alla lista e alla fine è riuscita a scappare». Il civitanovese Lucio Sotte racconta ai ragazzi delle scuole di Civitanova intervenuti oggi al consiglio comunale aperto in memoria delle vittime delle foibe la storia della sua famiglia.
La deposizione in piazza Abba al monumento per i martiri delle foibe
Quando con il fratello del medico civitanovese di appena 15 giorni intrapreso l’esodo che li portò prima in Piemonte e poi a Civitanova. Una testimonianza raccontata per le celebrazioni del giorno del ricordo che anche in città si è svolto in forma solenne, prima con la deposizione delle corone di alloro e poi con l’approfondimento in aula. L’incontro ha preso avvio alle 8,30 con la deposizione da parte del presidente del consiglio, Fausto Troiani e del sindaco, Fabrizio Ciarapica di due corone d’alloro presso i giardini dedicati a Norma Cossetto sul lungomare sud, e presso il monumento dedicato ai “Martiri delle Foibe”, in piazza Abba. Ad accompagnare il sindaco Ciarapica e il presidente Troiani, l’assessore ai servizi socio educativi, Barbara Capponi, il vice sindaco Claudio Morresi e alcuni consiglieri sia di maggioranza che di opposizione oltre alle massime autorità militari locali.
La giornata commemorativa è proseguita poi, alle 9,30, nel consiglio comunale aperto organizzato all’auditorium dei licei Da Vinci. Ad aprire e condurre i lavori Troiani che ha ricordato come «il massacro delle foibe è senza dubbio una pagina buia della storia nazionale e internazionale per troppo tempo dimenticata. Solo dalla piena coscienza e conoscenza di ciò che è avvenuto, possiamo maturare la giusta determinazione a fare in modo che simili avvenimenti non accadano più in futuro».
Parole condivise anche dal sindaco Fabrizio Ciarapica che ha aggiunto: «Oggi è l’occasione per rendere omaggio a tutte quelle vittime e a tutti gli esuli che furono coinvolti in quella guerra terribile e silenziosa che ebbe origine da territori contesi, ma anche un momento di pacificazione, abbandonando finalmente risentimenti e divisioni che devono coinvolgere tutti a prescindere dalle ideologie politiche. Così come dobbiamo essere fermi nella condanna nei confronti di ogni dittatura, sia essa di destra o di sinistra».
Da sinistra Lucio Sotte, Fausto Troiani, Fabrizio Ciarapica e Barbara Capponi
La testimonianza del dottor Lucio Sotte, figlio di esuli istriani è stata il cuore dell’incontro e chiarificatrice per la ricostruzione di ciò che avvenne in quella guerra. Dopo aver raccontato le vicende della sua famiglia che riuscì a scappare, ha fatto una ricostruzione storica di ciò che avvenne soprattutto dopo il 1945. «I problemi iniziarono dopo il 1945, quando il regime di Tito iniziò la sua vendetta – ha detto Sotte – fu un genocidio? Probabilmente sì. Fu pulizia etnica? Sicuramente sì. Il clima di violenza aveva l’obiettivo di far sì che gli italiani, che erano tantissimi, se ne andassero e che quelle terre diventassero in tutto e per tutto jugoslave. A venire uccisi furono in primis i rappresentanti del partito Fascista, poi quelli delle forze dell’ordine; quindi, italiani che avevano la sola colpa di essere tali e alla fine anche oppositori vari, qualsiasi persona venisse considerata genericamente un nemico. Gli italiani erano visti come tutti fascisti e padroni, per cui andavano eliminati.
A Pola su 31 mila abitanti, in 28.500 se ne andarono. Mia madre – ha proseguito il dottor Sotte – era nelle liste di coloro che dovevano finire nelle foibe. Non ci finì solo perché aveva un amico partigiano che ogni volta metteva il suo nome in fondo alla lista, rinviando continuamente la sua esecuzione. Non ce la fece invece l’allora fidanzato di sua sorella: era slavo, ma era benestante e non si era iscritto ai partigiani per cui era malvisto e fu ucciso anche lui. Mio padre e mia madre furono tra gli ultimi a lasciare Pola: lo fecero solo 15 giorni dopo la nascita di mio fratello maggiore, il 5 settembre 1947, 10 giorni prima dell’entrata in vigore degli accordi con i quali la città diventava ufficialmente jugoslava. La stragrande maggioranza dei profughi finirono nei campi profughi, realtà di miseria e povertà, ma i miei da questo punto di vista furono fortunati: essendo insegnanti trovarono lavoro prima in Piemonte e poi, dal 1950, a Civitanova». Al termine degli interventi, gli studenti hanno presentato i loro lavori realizzati attraverso video, letture e musica. Gli istituti che hanno partecipato con elaborati, sono stati: la scuola media Mestica di via Tacito, l’istituto Bonifazi, sezione grafica e comunicazione che ha anche realizzato il manifesto, il liceo classico Da Vinci, l’Ipsia F. Corridoni e il liceo di scienze umane, Stella Maris. All’ingresso dell’Auditorium sono stati esposti i lavori grafici degli studenti.
Complimenti all'amministrazione comunale di Civitanova! Questa drammatica realtà vissuta dagli Italiani deve essere conosciuta e ricordata
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…finalmente un po’ di Storia! gv
Gli slavi della ex jugoslava? I nostri nemici naturali. Nemici atavici
Per il sig. Passaretti. Qualunquismo, nessuno è nemico a priori, tutto dipende dai comportamenti concreti e dalle intenzioni di una persona.
la cosa brutta è come il popolo italiano si è fatto spingere a maltrattare persone esuli e sicuramente non guerrieri sangue loro spinte da idee malsane. Come chi è andato in Jugoslavia la dove già c’erano famiglie miste italo slave o austriache con idee di guerra e colonialismo e comando
e quando sono ritornate le famiglie e non solo soldati trattati male ghettizzati come se non fossero persone o italiani da un nuovo governo che diceva di non essere quello di prima
attenzione in ucraina secondo me sarebbe bene vedere la storia di quei paesi come in Iugoslavia post socialismo diverse religio i o campanilismi territoriali. chi sarà stato il primo a creare rabbia, sicuramente Russia ha costretto un popolo che doveva unire ma trattandosi diversamente all’interno con chi non si sentiva russo modi di gestire non democratici di entrambi quindi tutti a campano e rivendicano le malefatte di alcuni e ci vanno di mezzo tutti nella guerra. Di certo la Russia sta esagerando. Ma tornando a noi Partigiani che hanno aiutato perché i buoni sentimenti hanno vinto sulla ideologia speriamo raggiunga tutti anche ora, basta dx o sx se dobbiamo imparare basta violenza, e criminalità che lede la vita degli altri.
Mi raccontava Tullio Moneta – profugo istriano bambino – che a Bologna anime pie avevano preparato pentoloni di latte caldo per i bambini istriani del treno. Arrivarono persone che rovesciarono i pentoloni del latte.
E’ giusto non dimenticare. Ma occorre guardare i segnali di oggi. il nazifascismo non è morto, poichè non è una ideologia, ma una forma mentale di psicosi, comune a tanti altri estremismi, bolscevichi inclusi. Quindi, attenzione alla guerra in Ucraina, di cui sappiamo tutto e niente. Se si dovesse espandere, il qualche migliaio di morti non ci farebbe sedere al tavolo delle trattative insieme a Francia, Germania, Regno Unito e USA, ma di sicuro ci porterebbe alla rovina socioeconomica interna. E magari ad una dittatura palese..