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Prima morte per overdose del 2022:
«Troppi errori e sottovalutazioni,
fare prevenzione è una necessità»

MACERATA - L'intervento dell'avvocato Giuseppe Bommarito dopo la tragica fine di Roberto Achilli, il 44enne trovato senza vita martedì nei bagni del centro commerciale Valdichienti. «La provincia è al nono posto in Italia per numero di denunce per spaccio. Forse non è stato ancora colto il significato del comitato “Uniti contro la droga”»

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Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito*

La prima morte per overdose del 2022 è avvenuta a Mestre il 3 gennaio: un uomo di 38 anni è stato trovato morto dalla compagna nella stanza di un albergo dopo un’ingestione di speedball (una combinazione di eroina con cocaina o crack). Il giorno successivo – e qui entra in scena la nostra provincia – la stessa sorte è toccata ad un uomo di Corridonia, Roberto Achilli, 44enne, trovato senza vita nel bagno del centro commerciale Valdichienti, a Piediripa di Macerata; non ci sono dubbi sulla causa della morte, nonostante l’autopsia debba essere ancora effettuata: il cucchiaio e la siringa trovate accanto al corpo della vittima parlano sin troppo chiaro il linguaggio terribile della morte per droga, per eroina, dell’overdose che ti fa passare, senza che te ne accorgi, da uno stato di semi-incoscienza alla morte. Sempre nel pomeriggio di martedì una donna di 44 anni, a Firenze, è stata trovata morta nella propria abitazione per overdose da eroina.

Non è un buon presagio per l’anno appena iniziato, a testimonianza di troppi errori (clamoroso quello sulla cannabis light), di troppe sottovalutazioni, di un preoccupante calo di interesse sulla questione droga da parte delle istituzioni, delle agenzie educative e delle stesse famiglie. 

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Carabinieri al centro commerciale dopo l’overdose

Purtroppo, parlando delle Marche, la nostra regione paga da anni un tributo enorme agli stupefacenti, venendosi a trovare sempre ai primi posti nella tragica graduatoria del tasso di mortalità per overdose (il rapporto tra i decessi e il numero degli abitanti della regione, calcolando la popolazione tra i 15 e i 64 anni). Nel 2021 le Marche, con 5 decessi (3 italiani e due stranieri), hanno chiuso al quinto posto in questa classifica della morte, dopo l’Umbria, il Veneto, la Campania e l’Abruzzo.

Del resto la provincia di Macerata è al primo posto nelle Marche e al nono posto in Italia per numero di denunzie relative agli stupefacenti, a testimonianza della gravità del problema.

Queste denunzie marchigiane così “alte” possono peraltro evidenziare, come di sicuro avviene, un particolare attivismo delle forze dell’ordine nel contrasto allo spaccio e al traffico di stupefacenti, che va indubbiamente a loro merito. Ma rimane il dato accertato da tutte le statistiche nazionali, valido quindi anche per le Marche, che la droga intercettata dalle forze dell’ordine è solo il 10% del totale, per cui il 90% dell’eroina, della cocaina, della cannabis, dell’ecstasy, delle metamfetamine, circola liberamente in Italia e arriva a consumatori sempre più numerosi e sempre più giovani, anche di 11-12 anni, i quali, appena si presentano alle scuole medie inferiori, poco o nulla informati e desiderosi fisiologicamente di trasgredire, entrano ben presto nel mirino degli spacciatori e, con numeri considerevoli, dopo le prime occasionali consumazioni finiscono per avviarsi sulla china del policonsumo, dell’abuso e successivamente della tossicodipendenza vera e propria. Quasi sempre senza che nessuno, strada facendo, intervenga per aiutare il giovane e la famiglia alle prese con un problema enorme.

overdose-valdichienti-2-650x433Ecco dunque porsi con forza il problema della prevenzione, che a Macerata e provincia, certamente a causa delle restrizioni per il Covid, della didattica a distanza, batte la fiacca. La prevenzione è una strategia indispensabile per fronteggiare un’epidemia, quella della droga, che sotto certi aspetti è anche più pericolosa del covid, in quanto taglia le gambe, se non uccide fisicamente o anche solo a livello cerebrale, parte delle giovani generazioni, della futura classe dirigente, del nostro futuro come nazione.

A Macerata esiste a tal fine il Comitato “Uniti contro la droga”, convocato dal prefetto Flavio Ferdani, con modalità da remoto, solo lo scorso 15 dicembre, dopo un anno e mezzo di stasi a causa del coronavirus, e presieduto nell’occasione da un funzionario della stessa prefettura. Ma l’impressione è che non sia stato ancora colto il significato profondo di un comitato che, sin dalla sua costituzione, si è dato come metodo di lavoro quello, elementare quanto basilare, di fare rete, coinvolgendo tutti gli attori di questo immane dramma: il Dipartimento Dipendenze Patologiche, la Procura della Repubblica, le comunità terapeutiche, le associazioni di volontariato che operano nel settore, il Provveditorato agli Studi, gli atenei di Macerata e Camerino, i comuni di Macerata e Civitanova, gli ambiti territoriali e le forze dell’ordine (carabinieri, polizia di stato e guardia di finanza). Fare rete significa confrontrarsi periodicamente, coordinare le iniziative, elaborare strategie di informazione e di presenza rivolte sia ai giovani che ai genitori, parlare lo stesso linguaggio, scambiarsi informazioni sullo stato dell’arte, sulle nuove sostanze, sull’evoluzione dello spaccio, sulla presenza della criminalità organizzata che vede nella droga la principale fonte di reddito.

Prefettura

La prefettura di Macerata

Occorre quindi ridare forza a questo Comitato, occorre soprattutto parlare di droga, non minimizzare o addirittura eludere il problema, e contrastare chi, anche ad alto livello istituzionale, tende a banalizzare e a far credere che sia normale quello che normale non è. Le problematiche degli stupefacenti (le loro caratteristiche, gli effetti, i rischi), in generale, dovrebbero entrare nei programmi scolastici sin dalla prima media inferiore, come componente essenziale di quella materia che una volta si chiamava educazione civica, e che oggi, pomposamente modificata nella denominazione ma di fatto relegata all’irrilevanza, si chiama educazione alla cittadinanza.

E’ urgente muoversi, intervenire. Del resto ogni giorno assistiamo a tragici fatti di violenza in cui la droga gioca un ruolo di primo piano, come nella vicenda del povero bambino di sette anni ucciso di recente in provincia di Varese dal padre cocainomane con una coltellata alla gola, per vendetta verso l’ex coniuge. E sempre, in questo caso come in tanti altri consimili, per menefreghismo istituzionale e mediatico, si parla di tutto, della famiglia che si sfascia, della violenza dilagante, degli uomini che non sanno accettare le separazioni, dei provvedimenti della magistratura, ma non si parla della droga, in quest’ultimo caso della cocaina, che sola, spiega tanta aggressività verso un ragazzino del tutto innocente, sangue dello stesso sangue dell’assassino. 

*Presidente Associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

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