«E’ peggio della prima ondata,
ma continuiamo a tenere duro
Sappiamo di aiutare tante persone»

MACERATA - Una operatrice della ex palazzina di Malattie infettive. «A marzo c’erano soprattutto anziani, ora ci sono anche i giovani. Dispiace non poter rispondere quando ci chiedono quando potranno tornare a casa. Io sono una veterana della prima ondata, oggi vedo nuovi infermieri che non erano abituati a questa situazione, capita che qualcuno pianga. Ma andiamo avanti, vale la pena fare sacrifici»

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La foto degli operatori, immagine di profilo sulla pagina Facebook di Cronache Maceratesi

 

di Gianluca Ginella

Un sorriso vale di più là dove i pazienti devono vivere lontani dalle famiglie perché contagiati e non si sa quando si potrà essere dimessi. Un sorriso che spesso riescono a regalare gli operatori che sono in servizio, in questo caso alla ex palazzina di Malattie infettive di Macerata, ribattezzata Medicina Covid. Non sono pazienti nelle condizioni più gravi, tali da richiedere ricoveri in terapia intensiva o semi intensiva, ma sono persone che magari hanno la polmonite legata al Covid e hanno necessità di cure specifiche. A raccontare quello che accade, in modo anonimo, è una delle operatrici sanitarie che in questi giorni è al lavoro nella struttura e che ci ha tenuto a sottolineare di aver contattato il nostro giornale perché: «ci ha fatto piacere la foto dei nostri colleghi pubblicata da Cronache Maceratesi (utilizzata come foto di copertina della pagina Facebook, ndr. Già in servizio nella prima emergenza, ormai alla tuta, al casco, alla mascherina da tenere lungo tutto il turno, senza poter andare in bagno, senza bere, c’è abituata. Rispetto a marzo «Secondo noi operatori questa volta la situazione è peggiore. Peggiore perché oltre ad avere anziani ricoverati ora ci sono anche giovani. La situazione è triste, indescrivibile» racconta. Lei è una veterana ma tanti sono i nuovi infermieri che per la prima volta si trovano ad affrontare il Covid in prima linea: «A volte mi è capitato di vedere qualcuno piangere. Li capisco, ci sono passata anch’io e la situazione è difficile da affrontare. Ma lo facciamo in modo forte, perché dobbiamo uscirne e vedere la luce e speriamo che questo succeda presto. Noi vecchi della prima ondata ci siamo abituati, anche a indossare le tute, senza bere, senza poter andare in bagno. C’è paura, ma cerchiamo di non pensarci. Sappiamo che vale la pena fare questi sacrifici perché sappiamo di dare un aiuto a tante persone».

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Personale del reparto Medicina Covid

Nella palazzina ex malattie infettive, diretta da Alessandro Chiodera, ci sono 43 ricoverati (il massimo). «E’ un continuo arrivare di ambulanze, non avevo mai visto una cosa simile – racconta l’operatrice -. Nella prima ondata non ricordo tutti questi mezzi di soccorso venire a portare pazienti. E’ un continuo ricambio, se qualcuno sta meglio e può proseguire le cure a casa viene dimesso e subito ne arriva un altro». Con i pazienti Covid non è solo una questione di terapie, «cerchiamo di tenerli di buon umore. In alcuni momenti si scherza anche. Abbiamo il tablet e quelli che stanno un po’ meglio lo possono usare per sentire i famigliari facendo le videochiamate. All’inizio della seconda ondata mi ha fatto impressione un signore che mi ha chiesto “Quanto tempo devo stare qua?”. Gli ho detto che non potevo saperlo, ma che sarebbe uscito quando fosse stato meglio. Purtroppo sono domande a cui non sai cosa rispondere». L’operatrice ricorda la gioia che c’era stata quando la struttura venne chiusa dopo la prima ondata. La speranza sua e dei suoi colleghi e che presto l’ex palazzina di Malattie infettive torni chiusa, sarebbe il segnale che la seconda ondata è passata.

 

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